Legge di bilancio, i dubbi sui calcoli del governo con il trucco: cosa non torna su 33 miliardi di entrate incerte

di Redazione

La manovra da 40 miliardi si regge in larga parte su entrate meramente potenziali

Previsioni basate sui “forse”. La Legge di Bilancio che sta per arrivare in Parlamento racchiude cifre ottimiste sui conti pubblici dei prossimi anni di un valore oltre 33 miliardi di euro. Un ammontare che copre larga parte dei conti – la manovra vale complessivamente 40 miliardi – e la cui verità dipenderà unicamente dall’effettiva capacità del governo di attuare determinate misure. In primis quelle del Recovery Fund a sostegno della crisi per la pandemia di Coronavirus.


A citare il “trucco” del governo sulla retroazione fiscale (cioè le stime sulle maggiori entrate derivanti dalla manovra) è il quotidiano Domani. Le stime sono di 12,9 miliardi di euro per il 2022 e di 20,5 miliardi di euro per il 2023. Somme a rialzo anche per l’esecutivo italiano, tendenzialmente più ottimista nelle previsioni del deficit (stimato da Roma al 155,6% del
Pil nel 2021, mentre da Bruxelles al 159,5%).


A parlare per la prima volta del punto debole della Legge di Bilancio era stato, ricorda il quotidiano, il presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro. Nella sua audizione del 12 ottobre, Pisauro aveva dichiarato che la maggior parte delle risorse previste nella bozza di basava sugli effetti della retroazione fiscale, quindi «per loro natura incerti» e soprattutto «collegati alla effettiva capacità di realizzazione degli interventi pianificati».

Considerando gli ultimi intoppi sul Recovery – derivanti dai veti di Polonia e Ungheria – non è certo quando e come arriveranno quei 7,1 miliardi previsti per il 2021. La nota di aggiornamento del Def dà comunque per scontata una base di 10 miliardi di aiuti. Al momento si tratta di entrate di natura meramente potenziale e con pochi appigli concreti. A rendere possibile il “trucco” è una legge del 2011 pensata – ricorda Domani – dal governo Berlusconi per far tornare i conti e poi usata da tutti i governi successivi per mostrare più impegno sul deficit.

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