Trovato morto l’autore della foto con Maradona nella bara? Immagini e video fake, ma le minacce sono vere

di David Puente

La diffusione delle foto con Maradona nella bara ha innescato una caccia all’uomo, con relativa diffusione di dati e numeri di telefono

A seguito della morte di Diego Armando Maradona la ricerca dello scoop e della notizia ghiotta non è mancata, così come la ricerca da parte dei fan di un cimelio o qualcosa da poter raccontare ai figli e nipoti. Tre persone sono riuscite a farsi fotografare con Maradona nella bara, mostrandosi soddisfatte e orgogliose dello scatto. Per loro è partita non solo un’azione legale, ma anche una vera e propria gogna social con riferimenti alla loro morte, come possiamo vedere da un tweet pubblicato dall’account Clarin Deportes (@AdictBarcelona, un falso):

Tra i commenti alla falsa notizia non sono mancate le reazioni festose, dove coloro che si erano ampiamente indignate e arrabbiate per il gesto trovano compiacimento per una sorta di «giustizia» nei confronti dell’autore delle foto. Ci sono anche coloro che si sono resi conto del fake considerando la possibilità che possa succedere prima o poi, nel frattempo circolano immagini e video falsi che lo vedono vittima delle vere e proprie minacce dei fan del Pibe.

Per chi ha fretta

Vale la pena di riassumere le puntate precedenti:

  • Tre persone, operanti presso la funeraria che si è occupata del corpo di Maradona, hanno scattato due foto insieme al Pibe dentro la bara.
  • La caccia all’uomo da parte dei fan di Maradona ha portato all’identificazione di uno dei tre.
  • Di quest’ultimo sono stati diffusi i dati personali, come il numero di telefono, ritrovandosi messaggi d’odio e minacce.
  • Circola una foto attribuita a uno dei tre con il volto tumefatto, ma non è lui.
  • Circola un video di un cadavere ritrovato dentro un cassonetto e gli utenti lo condividono domandandosi se sia l’uomo della foto con Maradona nella bara, ma è un caso di cronaca di marzo 2020.

Analisi

«Trovato il corpo senza vita dell’impiegato delle pompe funebri che era stato fotografato con Diego Armando Maradona e successivamente licenziato» riporta il tweet che condivide un articolo de Clarin.com, ma non risultano riscontri in merito «notizia» diffusa da un account che, di fatto, non appartiene a Clarin Deportes.

L’avvocato di Maradona, Matias Morla, tra i più indignati per le foto scattate con il suo assistito nella bara, ha annunciato azioni legali contro i profanatori andando però oltre: pubblicando, in chiaro e grazie al contributo degli utenti che lo sostengono, l’identità di uno dei protagonisti con tanto di screenshot al suo account Facebook.

A quel punto è andato tutto molto velocemente: identificato il nome gli utenti arrivano al numero di cellulare e iniziano a contattarlo via Whatsapp con evidenti minacce, come quello in cui il gruppo ultras dei Boca Juniors «La 12» vorrebbe fare una foto con lui.

Circolano degli audio in cui si sostiene che il gruppo ultrà del Boca avrebbe contattato e ottenuto dalla funeraria l’indirizzo di casa dell’autore della foto. Il motivo è ben spiegato in un tweet: «La 12 sta cercando il pelato del selfie per ucciderlo».

«Sembra che La 12 ha preso *******» scrive un utente su Twitter riportando la foto dell’uomo con Maradona nella bara e un’altra in cui verrebbe mostrato il suo volto tumefatto dal linciaggio da parte dei tifosi. Non è lui, infatti si tratta di uno scatto risalente al 2012 e che coinvolgeva un’altra persona.

Circola, poi, un video in cui un uomo robusto viene recuperato da un cassonetto, evidentemente morto vista la presenza della polizia scientifica sul posto. Non è un video originale, è la ripresa di uno schermo e c’è un perché: si tratta di un caso avvenuto a San Martin riportato dai media argentini a marzo 2020.

C’è chi, invece, cerca di raffreddare gli animi di fronte alla «caccia alle streghe» nei confronti dell’autore delle foto: «Sostegno per **** che sta soffrendo per un feroce attacco mediatico per un semplice errore che poteva commettere chiunque».

L’uomo nella foto non era un impiegato delle pompe funebri Pinier, ma un collaboratore esterno con il quale l’azienda ha chiuso i rapporti a seguito dell’accaduto: «Non appartengono all’azienda. Sono stati assunti per collaborare alla sepoltura», spiega il titolare César Picón. Secondo altre fonti, la persona ritratta nella foto sarebbe il responsabile della Pinier a La Paternal.

L’uomo dello scatto mentre scendeva dal mezzo che trasportava la bara del Pibe verso la Casa Rosada. Tweet CNN in Spagnolo

Calcisticamente parlando, si tratta di un tifoso dell’Argentino Juniors, la prima squadra professionista dove ha militato Maradona. La società ha reso noto via Twitter il suo allontanamento come socio.

La scelta dell’azienda funeraria non è stata casuale. La Pinier era la stessa che aveva dato sepoltura ai genitori di Maradona, incaricata anche in questa occasione dalle figlie del Pibe che consideravano i dipendenti «persone di fiducia» («gente de suma confianza»). La fiducia, in questo caso, è venuta a mancare.

Le due foto con i tre protagonisti, tutti operanti prsso

L’uomo non era da solo. Oltre a lui c’erano anche altre due persone, forse padre e figlio secondo le indiscrezioni trapelate sui social, anche queste ricercate dagli utenti con l’obiettivo di «fargliela pagare». Entrambi, insieme al primo, hanno trasportato la bara presso la Casa Rosada.

Due dei protagonisti delle foto con Maradona nella bara. Foto da Misionesonline.net

Conclusioni

Le foto dei tre operatori della funeraria argentina risultano confermate, così come il loro allontanamento dall’azienda. L’avvocato di Maradona intende denunciare l’accaduto, mentre gli utenti vanno oltre rintracciando i contatti dell’uomo per intimidirlo e minacciarlo.

Il clima che si è creato ha dato il via non solo alla caccia all’uomo, ma anche alla diffusione di notizie false su un pestaggio o addirittura l’omicidio. Resta il fatto che le minacce sono reali.

Nota: L’autore dell’articolo ha cercato, nel limite del possibile, di non contribuire alla diffusione del volto, delle generalità e dei contatti dell’uomo che ha compiuto il deplorevole scatto. Gli errori si pagano nelle sedi opportune, non attraverso le minacce di morte (e oltre).

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David Puente