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Il concorso pubblico per 2.700 cancellieri che premia gli anziani: «Noi giovani esclusi. È avvilente»

19 Dicembre 2020 - 07:30 Fabio Giuffrida
Requisiti troppo stringenti che, di fatto, tagliano fuori dal concorso pubblico i giovani avvocati e i neolaureati. Tra errori e polemiche, questo bando rischia di non svecchiare davvero il sistema giustizia

Il concorso pubblico, bandito dal ministero della Giustizia, per la ricerca di 2.700 cancellieri esperti (una figura strategica che fornisce assistenza ai giudici e che svolge compiti amministrativi e certificativi) sta facendo discutere. A non averlo digerito sono soprattutto i neolaureati, i giovani avvocati ma anche gli aspiranti magistrati che sono sul piede di guerra dopo aver letto i requisiti necessari per accedere. Troppo stringenti. Premiano chi ha esperienza, chi è più avanti con l’età e spazzano via quasi tutti i ragazzi. Un concorso che, di fatto, premia l’anzianità e non il merito, che rischia di escludere i giovani, quelli di cui il sistema giustizia ha oggi più che mai bisogno. Insomma, non è facile essere giovani in Italia, in piena pandemia del Coronavirus, con le aziende al collasso, con i praticanti avvocati infuriati per il rinvio dell’esame di abilitazione (ora fissato ad aprile 2021) e con i medici specializzandi che non conoscono ancora quale sarà il loro destino.

Non c’è spazio per i giovani avvocati

Ad esempio, Manuel Carnio, 27 anni, laureato in Giurisprudenza all’università di Padova, avvocato da due mesi, non potrà accedere al concorso. Il requisito minimo è essere iscritti da almeno due anni all’albo degli avvocati. «Io ho svolto anche il tirocinio di 18 mesi, in tribunale, per accedere poi al concorso in magistratura (si tratta del tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013). Insomma, potrei diventare magistrato, sono un avvocato ma non posso fare il cancelliere. Contraddittorio, no?», ci spiega.

«Io, come tanti altri colleghi – continua – sosteniamo che questo concorso penalizzi i giovani. È avvilente, ci scoraggia, ci sentiamo esclusi da un concorso pubblico che, oggi più che mai, sarebbe stato una boccata d’ossigeno per i laureati in Giurisprudenza alle prese con la crisi della professione. Faccio fatica a capire come il ministero da un lato voglia affermare una penetrante digitalizzazione della pubblica amministrazione e, dall’altro, escluda dal piano di assunzioni proprio quei giovani che con gli strumenti tecnologici sono cresciuti. Finiranno per assumere persone dai 45 anni in su». È davvero questo l’obiettivo del ministero? Si sostiene così una categoria, quella dei giovani, duramente colpita dalla crisi economica e ora anche dalla pandemia?

Diploma o laurea?

Nel bando, come titolo di studio, è richiesto solo il diploma di maturità, non la laurea: e fin qui nulla di strano visto che per i cancellieri non è mai stata prevista la laurea. Peccato, però, che non ci sia alcuna differenza nella valutazione del possesso di un diploma o di una laurea. Anzi, chi si è diplomato con 100 – quando il massimo non era 100 e lode – finisce pure per ottenere un punteggio più basso dei laureati con 60 su 60. Va da sé, poi, che, per svolgere gran parte delle attività inserite come requisiti essenziali per accedere al concorso, serva una laurea. Non si può fare l’avvocato senza una laurea in Giurisprudenza, ad esempio.

Due errori nel bando

Due gli errori commessi dal ministero nella pubblicazione del bando: una disattenzione che è stata già rettificata ma che non è passata inosservata. Inizialmente, infatti, nell’indicazione delle materie per la prova orale era stato ripetuto due volte «elementi di ordinamento giudiziario», dimenticandosi invece «la normativa anticorruzione e trasparenza nella pubblica amministrazione», aggiunta in un secondo momento. E non è finita qui: in un altro passaggio erano stati attribuiti ai candidati 3 punti «per ogni anno successivo al primo di iscrizione all’albo degli avvocati» ma, in realtà, avrebbero voluto scrivere «per ogni anno successivo al secondo di iscrizione». A segnalarlo tanti avvocati che, in questi giorni, avevano caricato la domanda e che si erano visti riconoscere tre punti in meno.

Quali sono i requisiti per partecipare

Dunque, per partecipare al concorso basta un diploma e «uno dei seguenti requisiti»:

  1. avere prestato servizio nell’amministrazione giudiziaria per almeno tre anni, senza demerito;
  2. avere svolto le funzioni di magistrato onorario, per almeno un anno, senza essere incorso in sanzioni disciplinari;
  3. essere stato iscritto all’albo professionale degli avvocati, per almeno due anni consecutivi, senza essere incorso in sanzioni disciplinari;
  4. avere svolto, per almeno cinque anni scolastici interi (ivi compresi i periodi di docenza svolti in attività di supplenza annuale), attività di docente di materie giuridiche nella classe di concorso A-46 Scienze giuridico-economiche (ex 19/A) presso scuole secondarie di II grado;
  5. avere prestato servizio nelle forze di polizia ad ordinamento civile o militare, nel ruolo degli ispettori, o nei ruoli superiori, per almeno cinque anni.

«Non si premia il merito ma l’anzianità»

Tutti ruoli che non può aver svolto un giovane. Ad esempio: uno studente che si è laureato col massimo dei voti in Giurisprudenza, che ha svolto la pratica forense e che è diventato avvocato da meno di due anni non può accedere nemmeno al concorso. Ma anche chi è iscritto all’albo da 3-4 anni, vista l’esiguità del punteggio che potrebbe ottenere, difficilmente arriverebbe alla fase orale. Perché, è bene sottolinearlo, questo bando non prevede una prova preselettiva scritta ma solo una orale a cui «accederanno 8.100 persone, tre volte il numero di posti messi a concorso. Una valutazione su titoli che penalizza i giovani visto che in decine di migliaia, non giovani, potranno raggiungere il punteggio massimo di 35 punti per accedere al colloquio. Il risultato è che non si premia il merito ma l’anzianità», ci spiega Giuseppe Cotruvo, esperto di didattica e manualistica concorsuale.

Facciamo un esempio pratico. «Un avvocato iscritto all’albo da 10-12 anni avrà ovviamente un punteggio più alto – analizza Cotruvo – battendo un giovane iscritto da 2-3 anni (che, dunque, rischia di non accedere nemmeno alla prima e unica prova, ndr). Ho stimato che in Italia siano almeno 150 mila gli avvocati che hanno maturato i 10 anni di iscrizione e saranno quelli che batteranno i giovani avvocati. I concorsi non dovrebbero essere improntati sul fattore anagrafico, così si avvantaggiano le persone più anziane», aggiunge.

«O si assume subito o si chiudono gli uffici»

Ma a tutto questo c’è una spiegazione, ci spiega Cotruvo: «Vogliono chiudere il concorso il prima possibile, magari entro Pasqua perché c’è un’emergenza nell’erogazione dei servizi essenziali della giustizia». Insomma, manca personale – in troppi sono andati in pensione negli ultimi anni – e servono subito i cancellieri esperti. Non c’è tempo, dunque, per le prove scritte: «Bisogna assumere il prima possibile, altrimenti chiudono gli uffici», continua. Dunque, una spiegazione a un bando che valuta solo i titoli, premia l’anzianità ed evita le prove scritte (certamente più meritocratiche), c’è eccome. Ma a rimetterci, ancora una volta, saranno i giovani.

Foto in copertina di repertorio: ANSA/MATTEO BAZZI

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