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«Poniamo le basi di una stagione nuova, senza ritardi né egoismi. Vaccinarsi è un dovere»: ecco il messaggio di fine anno di Mattarella

31 Dicembre 2020 - 20:01 Redazione
Il capo dello Stato: «La pandemia ha seminato senso di smarrimento, ma non siamo in balia degli eventi». Poi il richiamo ai partiti: «Non sono ammesse distrazioni. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte»

Un messaggio che è una mano tesa a un Paese segnato da dieci mesi di pandemia di Coronavirus, un tentativo di rialzarlo e al tempo stesso di invitarlo alla solidarietà, alla responsabilità. A partire dalla questione dei vaccini: «Vaccinarsi è un dovere», ha detto Sergio Mattarella nel suo messaggio di fine anno agli italiani. Poi il capo dello Stato si è rivolto ai partiti, richiamandoli all’unità: «I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte. È questo quel che i cittadini si attendono».

Il presidente della Repubblica non ha nascosto quelli che ha definito gli «errori» commessi dall’Italia nella gestione dell’emergenza sanitaria, pur rivendicando quanto invece di positivo è stato fatto: «La pandemia ha accentuato limiti e ritardi del nostro Paese. Ci sono stati certamente anche errori nel fronteggiare una realtà improvvisa e sconosciuta. Si poteva fare di più e meglio? Probabilmente sì, come sempre. Ma non va ignorato neppure quanto di positivo è stato realizzato e ha consentito la tenuta del Paese, grazie all’impegno dispiegato da tante parti».

Mattarella ha concluso il suo messaggio con una nota personale, intrecciata però con il futuro della nazione: «Quello che inizia sarà il mio ultimo anno come presidente della Repubblica. Coinciderà con il primo anno da dedicare alla ripresa della vita economica e sociale del nostro Paese. La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo tratto del mio mandato. Sarà un anno di lavoro intenso. Abbiamo le risorse per farcela».

Il discorso integrale di Mattarella

Care concittadine e cari concittadini, 

avvicinandosi questo tradizionale appuntamento di fine anno, ho avvertito la difficoltà di trovare le parole adatte per esprimere, a ciascuno di voi, un pensiero augurale.

Sono giorni, questi, in cui convivono angoscia e speranza. La pandemia che stiamo affrontando mette a rischio le nostre esistenze, ferisce il nostro modo di vivere.

Vorremmo tornare a essere immersi in realtà – e in esperienze – che ci sono consuete. Ad avere ospedali, non investiti dall’emergenza. Scuole e Università aperte, per i nostri bambini e i nostri giovani. Anziani non più isolati, per necessità e precauzione. Fabbriche, teatri, ristoranti, negozi pienamente funzionanti. Trasporti regolari. Normali contatti, con i Paesi a noi vicini, e con i più lontani, con i quali abbiamo costruito relazioni, in tutti questi anni.

Aspiriamo a riappropriarci della nostra vita. Il virus, sconosciuto e imprevedibile, ci ha colpito prima di ogni altro Paese europeo. L’inizio del tunnel. Con la drammatica contabilità dei contagi, delle morti. Le immagini, delle strade e delle piazze, deserte. Le tante solitudini. Il pensiero, straziante, di chi moriva senza avere accanto i propri cari. 

L’arrivo dell’estate, ha portato con sé l’illusione dello scampato pericolo; un diffuso rilassamento. Con il desiderio, comprensibile, di ricominciare a vivere come prima; di porre tra parentesi questo incubo.

Poi, a settembre, la seconda offensiva del virus. Prima nei Paesi vicini a noi e poi qui, in Italia. Ancora contagi – siamo oltre due milioni – ancora vittime, ancora dolore che si rinnova. Mentre continua l’impegno, generoso, di medici e operatori sanitari.

Il mondo, è stato colpito duramente. Ovunque. Anche l’Italia, ha pagato un prezzo molto alto. Rivolgendomi a voi, parto proprio da qui: dalla necessità di fare, insieme, memoria di quel che abbiamo vissuto in questo anno. Senza chiudere gli occhi di fronte alla realtà.

La pandemia ha scavato solchi, profondi, nelle nostre vite; nella nostra società. Ha acuito fragilità del passato. Ha aggravato vecchie diseguaglianze; e ne ha generate di nuove. Tutto ciò ha prodotto pesanti conseguenze, sociali ed economiche. Abbiamo perso posti di lavoro. Donne e giovani, sono stati, particolarmente, penalizzati. Lo sono le persone con disabilità.

Tante imprese, temono per il loro futuro. Una larga fascia di lavoratori autonomi, e di precari, ha visto azzerare, o bruscamente calare, il proprio reddito. Nella comune difficoltà alcuni settori hanno sofferto più di altri.

La pandemia ha seminato un senso di smarrimento: pone in discussione prospettive di vita. Basti pensare alla previsione di un calo, ulteriore, delle nascite. Spia dell’incertezza, che il virus ha insinuato nella nostra comunità. E’ questa la realtà, che bisogna riconoscere e affrontare.

Nello stesso tempo, sono emersi segnali importanti, che incoraggiano una speranza concreta. Perché non prevalga la paura; e perché le preoccupazioni possano trasformarsi nella energia necessaria per ricostruire; per ripartire. 

Nella prima fase – quando ancora erano, pochi, gli strumenti, a disposizione, per contrastare il virus – la reazione alla pandemia si è fondata, anzitutto, sul senso di comunità. Adesso, stiamo mettendo in atto strategie, più complesse, a partire dal piano di vaccinazione. Iniziato nello stesso giorno, in tutta Europa. 

Inoltre, per fronteggiare le gravi conseguenze economiche, sono in campo interventi europei; innovativi, e di straordinaria importanza. Mai un vaccino è stato realizzato in così poco tempo. Mai l’Unione Europea si è assunta un compito, così rilevante, per i propri cittadini. 

Per il vaccino si è formata – anche con il contributo dei ricercatori italiani – un’alleanza, mondiale, della scienza e della ricerca; sorretta da un imponente sostegno, politico e finanziario; che ne ha moltiplicato la velocità di individuazione.  

La scienza ci offre l’arma più forte; prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Ora a tutti e ovunque – senza distinzioni – dovrà essere consentito di vaccinarsi, gratuitamente: perché è giusto; e perché necessario per la sicurezza comune.

Vaccinarsi è una scelta di responsabilità; un dovere. Tanto più, per chi opera a contatto con i malati e le persone più fragili. Di fronte a una malattia, così fortemente contagiosa, che provoca tante morti, è necessario tutelare la, propria salute, ed è doveroso proteggere quella degli altri: familiari, amici, colleghi.

Io mi vaccinerò appena possibile. Dopo le categorie che, essendo a rischio maggiore, debbono avere la precedenza. Il vaccino, e le iniziative della Unione Europea, sono due vettori decisivi della nostra rinascita.

L’Unione Europea è stata capace di compiere un balzo in avanti. Ha prevalso, l’Europa dei valori comuni, e dei cittadini.  Non era scontato. 

Alla crisi finanziaria, di un decennio or sono, l’Europa rispose, senza solidarietà; e senza una visione chiara del proprio futuro.  Gli interessi egoistici prevalsero. Vecchi canoni, politici ed economici, mostrarono tutta la loro inadeguatezza. 

Ora, le scelte, della Unione Europea, poggiano su basi nuove. L’Italia è stata protagonista, in questo cambiamento. Ci accingiamo – sul versante della salute e su quello economico – a un grande compito. 

Tutto questo richiama, e sollecita, ancor di più, la responsabilità, delle istituzioni anzitutto; delle forze economiche; dei corpi sociali. Di ciascuno di noi. 

Serietà, collaborazione, e anche senso del dovere, sono necessari per proteggerci e per ripartire. 

Il piano europeo per la ripresa, e la sua declinazione nazionale – che deve essere concreta, efficace, rigorosa, senza disperdere risorse – possono permetterci, di superare fragilità, strutturali, che hanno impedito all’Italia di crescere come avrebbe potuto.

Cambiamo ciò che va cambiato, rimettendoci coraggiosamente in gioco. Lo dobbiamo a noi stessi; lo dobbiamo, alle giovani generazioni.  Ognuno faccia la parte propria.

La pandemia ci ha fatto riscoprire, e comprendere, quanto siamo legati agli altri; quanto ciascuno di noi dipenda dagli altri. Come abbiamo veduto, la solidarietà è tornata a mostrarsi base necessaria della convivenza e della società. 

Solidarietà internazionale. Solidarietà in Europa. Solidarietà all’interno delle nostre comunità.

Il 2021 deve essere l’anno della sconfitta del virus e il primo della ripresa. Un anno in cui ciascuno di noi è chiamato anche all’impegno di ricambiare quanto ricevuto, con gesti gratuiti; spesso da sconosciuti. Da persone che hanno posto la stessa loro vita in gioco per la nostra; come è accaduto con tanti medici e operatori sanitari. 

Ci siamo ritrovati nei gesti concreti di molti. Hanno manifestato una fraternità. che si nutre non di parole, bensì di umanità. Che prescinde dalla origine, di ciascuno di noi; dalla cultura di ognuno; e dalla sua condizione sociale. 

È lo spirito, autentico, della Repubblica.

La fiducia di cui abbiamo bisogno si costruisce così: tenendo connesse le responsabilità delle istituzioni con i sentimenti delle persone.

La pandemia ha accentuato limiti e ritardi del nostro Paese. Ci sono stati, certamente, anche errori nel fronteggiare una realtà improvvisa e sconosciuta.

Si poteva fare, di più, e meglio? Probabilmente sì, come sempre. Ma non va ignorato, neppure, quanto di positivo è stato realizzato; e ha consentito la tenuta del Paese; grazie all’impegno dispiegato da tante parti. 

Tra queste le Forze Armate e le Forze dell’Ordine, che ringrazio.

Abbiamo avuto la capacità di reagire.  La società ha dovuto rallentare; ma non si è fermata.  Non siamo in balìa degli eventi. Ora dobbiamo preparare il futuro. 

Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza; e per porre le basi di una stagione nuova. Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte. E’ questo quel che i cittadini si attendono. 

La sfida – che è dinanzi a quanti rivestono ruoli dirigenziali, nei vari ambiti, e a tutti noi – richiama l’unità, morale e civile, degli italiani. Non si tratta di annullare le diversità di idee, di ruoli, di interessi, ma di realizzare quella convergenza di fondo, che ha consentito al nostro Paese di superare momenti storici di grande, e talvolta drammatica, difficoltà.

L’Italia ha le carte in regola per riuscire in questa impresa. 

Ho ricevuto, in questi mesi, attestazioni di apprezzamento e di fiducia nei confronti del nostro Paese, da parte di tanti Capi di Stato di Paesi amici.

Nel momento in cui, a livello mondiale, si sta riscrivendo l’agenda delle priorità, si modificano le strategie di sviluppo ed emergono nuove leadership, dobbiamo agire da protagonisti nella comunità internazionale.

In questa prospettiva, sarà molto importante nel prossimo anno il G20, che l’Italia presiede, per la prima volta. 

Una occasione preziosa per affrontare le grandi sfide globali; e un’opportunità per rafforzare il prestigio del nostro Paese.

L’anno che si apre propone diverse ricorrenze importanti. Tappe della nostra storia. Anniversari, che raccontano il cammino, che ci ha condotto ad una unità, che non è soltanto di territorio. 

Ricorderemo il settimo centenario della morte di Dante. Celebreremo – poi – il centosessantesimo della unità d’Italia. Il centenario della collocazione del Milite Ignoto, all’Altare della Patria. E ancora, i settantacinque anni della Repubblica. 

Dal Risorgimento alla Liberazione: le radici della nostra Costituzione. Memoria e consapevolezza della nostra identità nazionale ci aiutano per costruire il futuro.

Esprimo, un ringraziamento a Papa Francesco per il suo magistero; e per l’affetto che trasmette al popolo italiano; facendosi testimone di speranza e di giustizia. A lui rivolgo l’augurio più sincero, per l’anno che inizia.

Complimenti – e auguri – ai goriziani. Per la designazione di Gorizia e Nova Gorica, congiuntamente, a capitale europea della cultura per il 2025. Si tratta di un segnale che rende onore, a Italia e Slovenia, per avere sviluppato relazioni che vanno oltre la convivenza e il rispetto reciproco; ed esprimono collaborazione e prospettive di futuro comune. 

Mi auguro che questo messaggio sia raccolto nelle zone di confine di tante parti del mondo, anche d’ Europa; in cui vi sono scontri, spesso aspri, e, talvolta, guerre; anziché la ricerca di incontro tra culture e tradizioni diverse.

Vorrei, infine, dare atto a tutti voi – con un ringraziamento, particolarmente intenso – dei sacrifici fatti, in questi mesi, con senso di responsabilità. E vorrei sottolineare l’importanza di mantenere le precauzioni raccomandate, fintanto che la campagna vaccinale non avrà, definitivamente, sconfitto la pandemia. 

Care concittadine, e cari concittadini,

quello che inizia sarà il mio ultimo anno, come Presidente della Repubblica. Coinciderà con il primo anno da dedicare alla ripresa, della vita economica e sociale del nostro Paese. La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo tratto del mio mandato.

Sarà un anno di lavoro intenso. Abbiamo le risorse per farcela.

Auguri di buon anno a tutti voi!

Video: Twitter / @Quirinale

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