Fra 7 giorni arrivano le dosi di AstraZeneca, ma non si sa ancora a chi farle prima: sperano prof e poliziotti

Il 13,4% delle dosi distribuite in Europa toccherà al nostro Paese, per un totale di circa 4,6 milioni entro il primo semestre. L’Aifa consiglia di somministrarle agli under 55, ma in Italia non è ancora deciso a chi dare priorità

Sono tra i 2.500 e i 3mila i vaccinatori che l’Italia ha messo in campo per contribuire alla campagna vaccinale di massa. Ma i finanziamenti esistono in realtà per 15 mila. È questo uno dei tanti paradossi di una campagna che va a rilento. Al 31 gennaio, sono un 1.934.633 le persone che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino contro il Coronvirus in Italia. Numeri troppo bassi per un Paese che intende immunizzare entro settembre – quindi con due dosi – almeno 45 milioni di persone.


Fabrizio Pregliasco, infettivologo e presidente di Anpas, denuncia al Giorno che le forze in campo non sono abbastanza: «Siamo a disposizione ma finora formalmente non siamo stati coinvolti. Come mai? Immagino che ancora non abbiano deciso come fare. Siamo a disposizione con i nostri mezzi, con le nostre ambulanze. Abbiamo 1.100 sedi in tutta Italia». Solo il sistema della Protezione civile può contare su 300 mila volontari. Ma che fino ad oggi non sono mai stati coinvolti.


Oltre ai ritardi sulla produzione dei vaccini, l’Italia deve ora fare i conti con i nuovi tagli annunciati da Moderna che dalle prossime settimane ridurrà del 20% le sue dosi. Tagli che però dovrebbero, almeno in minima parte, essere compensati dalla ritrovata intesa tra la Ue e AstraZeneca. Ieri, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha annunciato che la casa farmaceutica aggiungerà 9 milioni di dosi. Di queste, il 13,4% andrà all’Italia che nel primo semestre dovrebbe vedersi consegnare 4,6 milioni di dosi.

«Appena arriva, speriamo dalla settimana prossima – ha dichiarato ieri a Che Tempo Che Fa il commissario Domenico Arcuri – avremo due percorsi paralleli. Da una parte la riduzione dei decessi e delle terapie intensive con Pfizer e Moderna e dall’altro la riduzione dei contagi» con AstraZeneca. Tuttavia, come deciso da Aifa, sulla base delle raccomandazioni dell’Ema, il vaccino inglese è sconsigliato alle persone sopra i 55 anni. E l’Italia non ha ancora deciso come gestire questo limite.

Prima insegnanti e forze dell’ordine

Per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, l’ordine è chiaro: «Priorità a insegnanti, servizi pubblici, forze dell’ordine, carceri», dichiara al Giorno. Ma quello che manca è un’organizzazione dal punto di vista logistico: «Siamo molto in ritardo, il piano vaccinale è estremamente scarno». Insomma, il rischio è che con l’arrivo delle dosi di AstraZeneca l’Italia non abbia ancora deciso come e a chi somministrarle.

Per questo è previsto per oggi un incontro tra governo e Regioni, dove sarà presente anche Domenico Arcuri. Più chiara, e dura invece, la posizione del segretario del sindacato medico Anaao-Assomed, Carlo Palermo che al Giorno dichiara: «Non bisogna aspettare le strutture petalose, qui ci servono protezione civile, fiere, palazzetti dello sport, palestre, discoteche, che così possono avere anche un ristoro».

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