Effetto Covid, i veri numeri su giovani inattivi e donne disoccupate: «Il peggio deve ancora venire»

I dati Istat tracciano il bilancio di un anno di Covid. Ma il dato sulla disoccupazione giovanile (29,7%) non rende giustizia della realtà dei fatti

Giovani, donne, autonomi. Un anno di pandemia di Coronavirus è pesato particolarmente sulle spalle dei soliti noti, quegli «anelli deboli del mercato del lavoro» (come li aveva definiti uno studio del Cnel) che faticavano già senza virus a trovare stabilità. I dati appena distribuiti dall’Istat e dall’Eurostat ci restituiscono un bilancio dell’ultimo anno – ma anche solo degli ultimi mesi del 2020 – fatto di un aumento preoccupante dell’inattività tra gli under 35 e di un crollo difficilmente risanabile dal punto di vista dell’occupazione femminile.


Il dato sui giovani

Su scala annuale, la differenza tra il dicembre 2019 e il 2020 è marcata da circa un punto percentuale: lo scorso anno il dato sulla disoccupazione giovanile (under 25) era al 28,4%, mentre quest’anno si attesta al 29,7%. Il dato in assoluto non rende giustizia alla realtà dei fatti: come spiega Daniel Zanda della Felsa Cisl (la categoria che rappresenta i lavoratori somministrati, autonomi e atipici), quel -1,3% è «un dato parziale».


Da una parte, infatti, molti giovani sono impiegati con altre forme contrattuali da quelle del lavoro dipendente. Sono spesso collaboratori o autonomi, una categoria che ha subito un enorme danno: il calo dell’occupazione di dicembre è in larga parte riempito dai lavoratori indipendenti, -79 mila in un solo mese (-209 mila se si considera l’intero anno). A questo si aggiunge un altro dato: solo nel primo semestre, i tirocini exracurriculari erano calati del 70%. Numeri che vanno a rimpolpare le fila degli inattivi, degli inoccupati e degli scoraggiati: nell’ultimo trimestre del 2020, le persone in cerca di occupazione sono calate di 5,6 punti percentuali (pari a –137mila). Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni sono aumentati del 3,6% rispetto a dicembre 2019 (+482 mila) e dello 0,1% solo nell’ultimo trimestre del 2020 (+17 mila).

«Quest’anno sono mancate le mancate opportunità per chi si affaccia al mondo del lavoro per la prima volta – ha spiegato Zanda – il che ha avuto un effetto di forte scoraggiamento sui giovani». Si conferma anche il pesante calo degli occupati under 35 (non solo under 24), che crolla di 5,4 punti percentuali. Continua la crescita degli occupati over 50 (+0,6, anche grazie al blocco dei licenziamenti, a tutela di forme più standard di contratto e impiego). «Tra i giovani continua l’emorragia dei contratti di lavoro a termine, che fanno crollare gli occupati tra i giovani», sottolinea Zanda. «Il decreto dignità, non dando reali alternative al lavoro a tempo determinato, è servito solo a lasciare senza impiego ancora più persone».

I numeri drammatici dell’occupazione femminile

Un dato particolarmente drammatico è quello sull’occupazione femminile: nel solo mese di dicembre, c’è stato un calo complessivo di 101 mila occupati, di cui 99 mila erano donne. In totale, in un solo anno, il calo dell’occupazione femminile è stato del 3,2%, per un totale di – 312 mila unità. La crisi ha messo a dura prova la tenuta sociale delle famiglie e ha scoperto i punti deboli del welfare: «sono state loro a farsi carico delle difficoltà imposte dalle variabili come la Dad, ma sono anche loro che da sempre fanno lavori precari per riuscire a conciliare vita e lavoro», dice Zanda. «Quello che ci mostrano i dati è che una lavoratrice a cui scade un contratto e che ha dei figli a casa, è chiamata a rinunciare al suo impiego in percentuale molto maggiore rispetto agli uomini».

Il peggio deve ancora arrivare

In assoluto, a perdere il posto di lavoro durante il 2020 sono stati soprattutto i lavoratori autonomi e i dipendenti a cui non è stato rinnovato il contratto in scadenza. «I dati presentati quest’oggi dall’Istat ci dicono che il peggio deve ancora arrivare», ha commentato Paolo Zabeo, Coordinatore Ufficio studi CGIA Mestre, l’osservatorio che si occupa di misurare l’andamento e le difficoltà del mercato del lavoro. «In questo ultimo anno, grazie in particolar modo al blocco dei licenziamenti, l’occupazione ha tenuto, ma a dicembre sono giunti i primi segnali negativi legati alla seconda ondata del Covid».

Se entro il prossimo 31 marzo non verranno presi dei provvedimenti significativi, avverte Zabeo, il venir meno del blocco dei licenziamenti rischia di far esplodere il tasso di disoccupazione. E, ancora una volta, «a pagare il prezzo più alto saranno i lavoratori più fragili, come i giovani, le donne e gli stranieri». La fotografia attuale rischia inoltre di essere solo il primo momento di un’onda lunga di crisi. La sospensione dell’attività scolastica in presenza, avverte Zabeo, ha aumentato paurosamente il numero degli abbandoni scolastici: «Questa piaga sociale, che in Italia colpisce circa 600 mila ragazzi ogni anno, è molto preoccupante, perché chi non consegue nemmeno la licenza di scuola dell’obbligo ha un futuro segnato: con l’avanzare dell’età si troverà ai margini della società».

Immagine di copertina: unsplash

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