«Borrell ha commesso un errore andando a Mosca. Senza sanzioni il Cremlino ucciderà Navalny». L’intervista al finanziere perseguitato da Putin

Una volta era il più grande investitore straniero in Russia. Ma dopo aver scoperchiato un caso di corruzione Bill Browder è stato cacciato e ha visto il suo avvocato, Sergei Magnitsky, morire in carcere. Da allora si batte per fare sanzionare Putin e i suoi più stretti alleati

«Non sono più il nemico numero uno in assoluto di Putin, adesso lo è sicuramente Navalny. Diciamo che sono il suo nemico numero uno all’estero». Bill Browder lo dice ridacchiando al telefono ma è del tutto serio. «Putin continua ad odiarmi intensamente – racconta -. Negli anni ha incaricato le forze dell’ordine, le agenzie di spionaggio e altri agenti di darmi la caccia in ogni modo possibile. Mi ha minacciato di morte, ha minacciato di rapirmi, ha cercato di bloccarmi tramite mandati di arresto dell’Interpol e con richieste di estradizione, oltre che con una miriade di cause legali che avevano come unico scopo quello di distruggere la mia vita. Non ha allentato la presa in alcun modo e continua ancora oggi. Ma questo è il destino di chiunque abbia cercato di tenere testa a Putin».


Una volta, tramite il suo Hermitage Fund, Browder era il più grande investitore straniero in Russia. Costretto all’esilio nel 2005 per aver scoperchiato un caso di corruzione che toccava i vertici della politica e del capitalismo russo, ha visto il suo avvocato e amico Sergei Magnitsky morire in carcere per aver denunciato l’enorme frode fiscale ai danni del popolo russo. Da allora ha intrapreso una crociata per ottenere sanzioni contro le persone coinvolte. I suoi sforzi sono stati premiati con i cosiddetti Magnitsky Act, dal nome dell’ex avvocato di Browder, che consentono di applicare sanzioni contro gravi violazioni dei diritti umani, dovunque accadano nel mondo.


Adottati nel 2012 negli Stati Uniti e nel 2018 dal Regno Unito, a dicembre del 2020 anche l’Unione europea si è dotata di uno strumento simile, tra le critiche di alcuni parlamentari che accusavano l’Ue di «interferenza negli affari interni di Paesi stranieri». In molti li hanno evocati all’indomani dell’avvelenamento di Navalny ad agosto e di nuovo dopo la sua condanna a tre anni a mezzo di carcere. Ma per il momento l’Unione europea – nella persona dell’Alto rappresentante Josep Borrell, attualmente in visita a Mosca – si è limitata a chiedere la scarcerazione di Navalny e l’avvio di un’inchiesta ufficiale, tra le pernacchie e i rifiuti dell ministro degli Esteri russo Lavrov, che oggi ha dichiarato che «l’Unione europea è un partner inaffidabile» prima che il Cremlino espellesse tre diplomatici.

Browder, a suo giudizio Borrell ha fatto bene ad andare a Mosca?

«Penso che in questa fase l’incontro sia stato del tutto inappropriato. Sarebbe stato opportuno soltanto se l’Unione europea avesse già preso delle nuove misure contro la Russia. È un segnale che l’Ue non è disposta a dar fastidio alla Russia più di tanto. Inoltre, così viene legittimato Putin nel momento in cui meno se lo merita».

Perché secondo lei l’Ue non ha ancora approvato nuove sanzioni visto che se ne parla da agosto?

«Penso che l’Ue sia davvero disfunzionale quando si tratta di politica estera, ancora di più quando si tratta di diritti umani: il modo in cui vengono prese le decisioni nell’Unione europea richiede l’unanimità di tutti i 27 stati membri e questo permette anche a pochi piccoli Paesi, su cui Putin ha influenza, di mettersi di traverso. Ed è per questo che ci è voluto così tanto tempo all’Unione europea per adottare un Magnitsky Act e perché non ha fatto nulla in relazione a Navalny».

Fa riferimento ad alcuni Paesi in particolare, come l’Ungheria per esempio?

«Orban è un leader corrotto che ha legami ambigui con Putin».

D’altra parte però Borrell ha detto che l’Unione europea continuerà a discutere di sanzioni. Crede che sia un’ipotesi realistica?

«Introdurre delle sanzioni e farlo in modo mirato sono due cose diverse. Quindi, è molto facile scegliere persone di basso livello e sanzionarle e non sanzionare invece le persone che contano davvero. Immagino che l’Unione europea proverà a salvare la faccia sanzionando qualcuno, ma non persone veramente vicine a Putin».

EPA | Alexei Navalny manda un cuore alla moglie durante il processo, 2 gennaio 2021

Lei si sta adoperando a questo fine?

«Sì, sono regolarmente in contatto con diversi parlamentari europei e con i ministri degli Esteri di diversi stati membri dell’Ue per cercare di spingere per una politica di sanzioni severe in risposta all’avvelenamento e all’arresto di Navalny».

Che risposte ha ricevuto?

«Tendo a parlare con persone che sono più sensibili a questi argomenti. C’è un gruppo di europarlamentari che è molto indignato per le azioni di Putin e che vuole prendere una posizione forte».

E l’Italia?

«Non ho avuto contatti con il Governo italiano – in effetti non c’è al momento un Governo italiano – ma immagino che se Draghi dovesse diventare il prossimo primo ministro farebbe meglio su questo tema di alcuni suoi predecessori».

Si sente maggiormente rappresentato adesso che Biden è alla Casa Bianca? Dopotutto ha promesso di mettere le sanzioni al centro della sua politica estera, a partire dalla Russia.

«Penso che Biden sia una boccata d’aria fresca dopo tutte le sciocchezze di Trump e che sarà molto duro sulle questioni dei diritti umani in tutto il mondo».

Davvero crede che nuove sanzioni possano portare a un miglioramento per Navalny?

«Dipende da chi viene sanzionato. Se sanzionano i funzionari di medio livello, non proteggeranno Navalny. D’altra parte, se sanzionano i compari miliardari di Putin che stanno finanziando attività malvagie all’estero dovrà per forza prestare attenzione, visto che hanno in mano anche una parte dei suoi soldi. Dipende davvero da quanto in alto punteranno e quanto sarà lunga la lista di persone da sanzionare».

Crede che la vita di Navalny sia in pericolo?

«Si, penso che la sua vita sia davvero in grave pericolo. Hanno già tentato di ucciderlo una volta e non ci sono riusciti. Penso che lo ucciderebbero in un batter d’occhio se pensassero che non ci fossero conseguenze, motivo per cui le sanzioni sono così importanti».

Navalny viene criticato anche per i legami con i movimenti di estrema destra. Qual è la sua opinione personale su di lui?

«Lo conosco per il suo lavoro contro la corruzione e abbiamo fatto cose insieme in passato e lo considero un’alternativa di molto migliore rispetto a Vladimir Putin. Ci sono tanti punti su cui sono d’accordo con lui, e altre su cui non ci troviamo affatto d’accordo, ma se l’alternativa è lasciare che sia un criminale a gestire il Paese, penso che la scelta sia ovvia».

Secondo lei nel lungo termine cosa intende fare il Cremlino con Navalny?

«In un certo senso la sua storia è quasi una favola: un uomo sfida il dittatore, il dittatore cerca di ucciderlo, e lui sopravvive. Allora il dittatore cerca di esiliarlo, e lui riesce a tornare. Ha rischiato la vita, e adesso ha messo in gioco la sua libertà. Non c’è un’espressione di leadership più potente di questa: il messaggio che sta trasmettendo ai cittadini russi è che, se lui è disposto a rischiare la sua vita, dovrebbero esserlo anche loro. E molte persone stanno ascoltando questo messaggio».

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