L’incubo del Pd? Salvini ministro. L’ultima mossa dei democratici per escluderlo dalla lista Draghi

Incalzati dagli alleati 5 stelle e Leu, gli esponenti del partito democratico provano a convincere il presidente incaricato a non concedere un ministero al leader leghista

Non è la presenza della Lega in maggioranza il vero cruccio dell’alleanza Leu-M5s-Pd, ma il possibile ingresso di Matteo Salvini nell’esecutivo. Perché se l’estrema apertura del Carroccio lascia poche possibilità di manovra persino a Mario Draghi, il quale dovrà rispettare l’«appello a tutte le forze politiche» di Sergio Mattarella, la stesura della lista dei ministri è nelle mani del presidente del Consiglio incaricato. Mentre Leu e Movimento 5 stelle avrebbero persino rimproverato al Partito democratico la posizione tiepida sulla partecipazione della Lega, i vertici Dem stanno lavorando ad altro: cercare di incidere sulla composizione della squadra di governo e non sulla formazione della maggioranza, battaglia ormai data per persa.


«Possiamo soltanto sperare, arrivati a questo punto delle trattative, di non sederci nel Consiglio dei ministri accanto a Salvini», conferma un deputato del Pd. «La verità è che nel partito ci sono molti mal di pancia, anche perché ci tocca ammettere la genialità della mossa leghista». Allora la strategia dei Dem, a quanto raccontano più fonti parlamentari, è quella di sollevare la questione del governo europeista: «Crediamo che Draghi faccia un ragionamento anche di presentazione del suo esecutivo. Non potrà mica includere un politico che è stato così in vista negli ultimi anni per il suo anti-europeismo?».


Sollevare questioni di inopportunità sulla persona e non sul partito

Questa è la via, sollevare questioni di inopportunità sulla persona e non sul partito. Ma c’è anche un altro tipo di valutazione che fanno al Nazareno: vero che trovarsi Salvini al governo preoccupa il Pd per una questione di immagine, ma «il timore è che il leader della Lega acquisti più credito agli occhi degli italiani, riuscendo a presentarsi alle prossime elezioni come politico responsabile e in grado di guidare il Paese anche nelle situazioni più complicate». Il centrosinistra, insomma, sta vivendo con sofferenza la ritrovata posizione di forza di tutto il centrodestra.

C’è un aspetto, poi, che rende particolarmente tranquilli i vertici leghisti e non sfugge agli avversari: il rapporto con Fratelli d’Italia, più saldo che mai. Innanzitutto perché la Lega, nella nuova maggioranza, si pone come collante tra la destra e i moderati di Forza Italia, garantendo un futuro alla coalizione di centrodestra. Inoltre, lasciare soltanto Fratelli d’Italia all’opposizione – e diversi senatori confermano che è stato un tema centrale nella trattativa interna al centrodestra – darebbe al partito di Giorgia Meloni la presidenza del Copasir e della Giunta per le autorizzazioni.

Giuditta Pini: «Salvini al governo metterebbe in una situazione di imbarazzo il partito»

Tornando al Pd, la deputata Giuditta Pini ammette a Open che «Salvini al governo metterebbe in una situazione di imbarazzo il partito – ma è consapevole – che porre veti è diventato complicato in questa fase della trattativa. Deciderà Draghi insieme a Mattarella». A titolo personale, la deputata crede «che le divergenze non siano scomparse. È stato chiesto ai partiti di fare un atto di maturità per la crisi pandemica, ma è giusto cercare di tenere lontane dal governo queste divergenze». Tradotto? Si può accettare una larga maggioranza parlamentare, ma è meglio evitare frizioni in seno all’esecutivo.

E le frizioni una figura ingombrante come quella di Salvini le creerebbe. «Ce n’è stata già una di conversione, ed è quella di Paolo sulla via di Damasco», dichiara a Open il senatore Dem Bruno Astorre. «Faccio fatica a credere a una conversione sincera di Salvini in materia di Europa, fisco e lavoro. Poi, deciderà la segreteria del Pd con che forza porre la questione, certi che ormai la partita sia nelle mani di Mattarella e Draghi. Lasciatemi dire, però, che è quantomeno singolare l’atteggiamento di Salvini».

Astorre non si fida del leader leghista, ma lo rincuora il fatto che «Draghi sappia coniugare le diversità – e conclude -. Tocca al presidente incaricato capire quanto la versione europeista di Salvini sia veritiera o dettata dalla contingenza, per non rimanere nell’angolo. È nella saggezza di Draghi e del presidente della Repubblica capirlo. Anche perché il Pd non ha smesso di credere che la maggioranza migliore sia quella che ha retto il passato governo». Il Pd sogna una maggioranza senza la Lega, ma l’incubo è che i suoi ministri siedano accanto a Matteo Salvini.

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