Il Pil italiano crescerà del 3,4% nel 2021. Ma le previsioni Ue non considerano l’impatto della disoccupazione

I dati Eurostat non mostrano il pieno impatto della pandemia sul mercato del lavoro

La Commissione europea ha pubblicato le previsioni economiche d’inverno. Secondo le stime aggiornate, l’economia dell’Eurozona crescerà del 3,8% sia nel 2021 che nel 2022; mentre per l’Unione europea è previsto un dato leggermente superiore, con una crescita del 3,7% nel 2021 e del 3,9% nel 2022. Secondo la Commissione, l’economia dell’Ue dovrebbe tornare ai livelli di Pil pre-pandemici nel 2022, prima di quanto previsto in precedenza, sebbene la produzione persa nel 2020 non verrà recuperata così rapidamente o allo stesso ritmo in tutta la nostra Unione. 


L’Europa infatti resta nella morsa della pandemia di Covid-19. La recrudescenza del numero di casi, insieme alla comparsa di nuovi ceppi più contagiosi, hanno costretto molti Stati membri a reintrodurre o rafforzare le misure di contenimento. Allo stesso tempo, l’avvio dei programmi di vaccinazione in tutta l’Ue fornisce motivi per un cauto ottimismo. Le stime inoltre non includono l’impatto del Next Generation EU, che il commissario Paolo Gentiloni conferma avrà un “considerevole” effetto di rialzo. 


Lunedì 15 febbraio le previsioni saranno alla base della discussione delll’Eurogruppo, ma per avere davvero un’idea reale degli orizzonti di quest’anno e del prossimo, i governi hanno bisogno di sapere come procederanno le campagne vaccinali e di poter valutare il potenziale di crescita dei Recovery Plan. Di sicuro c’è che l’impatto economico della pandemia è molto diverso tra gli Stati membri, e anche la velocità della ripresa tra varierà in modo significativo. 

Le previsioni per l’Italia

Nel 2020 il Pil italiano segna un crollo del -8,8%, meno del previsto. Secondo le previsioni, nel 2021 l’Italia crescerà del 3,4% a causa del riporto negativo del quarto trimestre 2020 e la partenza debole di quest’anno. La Commissione prevede un passo simile nel 2022 (3,5%) sulla base dello slancio guadagnato nella seconda metà dell’anno e della continua ripresa del settore servizi, ma delude sapere che il Pil non tornerà ai livelli del 2019 entro il 2022 (d’altra parte, il Pil dell’Italia non è nemmeno mai tornato ai livelli pre-2008). 

I rischi che circondano le previsioni sono principalmente legati all’evoluzione della pandemia e al successo delle campagne di vaccinazione. Le possibilità di uno scenario migliore delle previsto sono legate alla possibilità che il processo di vaccinazione porti a un anticipo nell’allentamento delle restrizioni, e quindi a una ripresa più rapida e consolidata. Inoltre, vale per tutti i Paesi ma per l’Italia in particolare, le risorse del Recovery Fund potrebbero alimentare una crescita superiore alle stime, dal momento che gli effetti del pacchetto di stimoli non è stato – per la maggior parte – ancora incorporato in questa previsione.

Riguardo al Recovery Plan e al nuovo governo, Gentiloni ha detto: «Siamo di fronte a una potenzialità di crescita molto importante, quindi è altrettanto importante che il governo che si formerà vada nella direzione giusta. Ho piena fiducia che l’esperienza, le idee e le capacità del premier incaricato possano dare un contributo a un governo efficiente ed europeista». «In autunno avevamo previsto che il Recovery Fund potrebbe avere un impatto sul Pil del 2% negli anni in cui sarà operativo. Gli Stati membri che hanno un Pil pro-capite sotto la media Ue avranno la spinta più forte. Considerando uno stimolo di sei anni, il livello del Pil 2021-2026 potrebbe essere più alto del 3%-3,5% rispetto a uno scenario senza Recovery Fund», ha aggiunto Gentiloni

L’incognita dei dati sulla disoccupazione

La realtà della crisi occupazionale del Covid-19 è tuttavia mascherata dalle statistiche sulla disoccupazione. I dati Eurostat non mostrano il pieno impatto della pandemia sul mercato del lavoro. In Italia il tasso di disoccupazione è sceso di 0,6 punti tra dicembre 2019 e dicembre 2020. Il dato va letto tenendo conto del fatto che i lavoratori che hanno beneficiato di forme parziali o totali degli schemi di cassa integrazione (ogni Paese ha il suo) non sono stati registrati come disoccupati, nonostante non abbiano potuto lavorare a tempo pieno per la maggior parte del 2020. Considerazioni che valgono anche per le partite IVA, formalmente ancora attive anche nei casi in cui abbiano lavorato poco o niente.  

Ristorazione, turismo, tempo libero, sono stati i settori più colpiti e i lavoratori, ma soprattutto le lavoratrici, a basso reddito sono le persone più colpite dalla perdita di posti di lavoro. Questi saranno a maggior rischio di disoccupazione anche quando riprenderà una vita normale, perché molte attività non riapriranno neanche quando la pandemia sarà finita. A domanda dirette sulla permanenza del blocco dei licenziamenti e delle varie forme di cassa integrazione e tutele della disoccupazione, Gentiloni ha detto che tutte le misure di questo tipo non vanno ritirate a breve, ma non potranno nemmeno essere mantenute per sempre. Sarà questa una delle principali sfide per il governo di Mario Draghi

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