Nel M5s scoppia il caso dei contributi al Movimento: «Fra chi voterà no a Draghi molti vogliono solo tenersi i soldi» – Il retroscena

Pino Cabras respinge le accuse: «Devolverò la parte che devo a imprese sociali ma non attraverso Rousseau». E anche il senatore Dessì punta l’indice contro la piattaforma

«Questa è una bomba che esploderà presto». Al telefono, un deputato che voterà “no” alla fiducia al governo Draghi anticipa l’intenzione di non restituire più alcuna parte del proprio stipendio, come prevede il regolamento dei 5 stelle. «Sono saltati tutti i principi fondanti del Movimento. I nostri rappresentanti si siedono al governo con uomini di Forza Italia. È saltato ogni valore, non c’è più etica. Per quale fine devo continuare a versare una percentuale dei miei emolumenti?». Non è un singolo caso: il tema serpeggia nelle chat e nelle conversazioni tra i parlamentari grillini.


«È questione di giorni e tutti i nodi verranno al pettine. Nel dibattito pubblico si parla di valori, ma questa ipocrisia mi ha stancato: le scelte di molti avverranno anche seguendo questioni economiche». Basta sollevare l’argomento con i parlamentari 5 stelle per capire quanto la situazione sia scottante. «Ho sollecitato con una pec i vertici del Movimento affinché i 6 milioni e mezzo di euro, “residuo da destinare”, siano utilizzati subito anziché restare fermi ormai da un po’, in un deposito al quale non abbiamo accesso», dice a Open il deputato Pino Cabras.


Cabras: «Dentro o fuori dai 5 stelle, continuerò a donare parte del mio stipendio per progetti sociali»

Si tratta di un totale di 6.532.749,53 euro per la precisione, la terza fetta più grande della torta delle restituzioni grilline, ancora da devolvere a progetti di stampo sociale. Cabras, che ha scelto di votare “no” alla fiducia, dichiara però che non smetterà di decurtarsi parte dello stipendio da deputato per restituirlo alla collettività. «Se la dirigenza deciderà di prendere provvedimenti contro chi non darà la fiducia al governo commetterà l’errore di privarsi di molte persone che hanno creduto nel Movimento e vogliono soltanto riportarlo alle sue caratteristiche più corrette. Restituirò comunque parte degli emolumenti per progetti sociali, ovviamente senza avvalermi di Rousseau».

Cabras promette che continuerà «questa lotta di sobrietà dei parlamentari», ma non attraverso i canali dei 5 stelle. «L’autoriduzione dello stipendio è una cosa positiva. I principi di chi ci chiama dissidenti – polemizza – non sono cambiati. Tuttavia, non possiamo digerire tutti gli errori del reggente Vito Crimi, l’uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato». Quando gli viene fatto notare che sulla piattaforma Tirendiconto risulta che da ottobre non ha versato più nulla, Cabras spiega: «Sono fermo al mese di settembre perché fare bene queste rendicontazioni è complesso, è come fare una dichiarazione dei redditi mensile».

Cabras assicura che si metterà in regola, almeno fino a quando i vertici del Movimento non decideranno di espellerlo. Ma il sospetto che molti non verseranno «quanto stipulato dal contratto» si insinua anche tra i governisti che, a Draghi, hanno già detto di sì. «Uno che non versa la propria quota da un anno, vede formarsi questo tipo di governo e non è più contento della linea del Movimento, magari è anche al secondo mandato e non sarà più candidato, è normale che ci pensi a trattenere per sé quei soldi», racconta a Open un parlamentare che vuole restare anonimo «perché altrimenti scoppia un casino».

Dessì: «Mi hanno tolto l’accesso a Rousseau, per questo risulto in ritardo nei pagamenti»

«Il governo Draghi, per molti, sarà l’alibi, la scusa per non versare più un centesimo del proprio stipendio», sentenzia. «Il Movimento dovrebbe fare causa a questi parlamentari, c’è scritto nel contratto», ribadisce. Ma di che cifra si tratta? «Stiamo parlando di 2.000 euro da decurtarsi dagli emolumenti, 1.000 euro da destinare a eventi e attività politiche sul territorio e 300 euro per Rousseau». Ci sono, secondo la piattaforma Tirendiconto aggiornata in tempo reale, dieci parlamentari che non sono in regola con i pagamenti da più di un anno. «Per chi, con la fine del Movimento 5 stelle, non farà più politica dopo questa legislatura, 30mila euro sono tanti, meglio tenersi quelli che la coerenza politica».

Screenshot della piattaforma Tirendiconto, il 15 febbraio 2021

Tra chi risulta “moroso” da oltre un anno, c’è il senatore Emanuele Dessì. «Quell’elenco pubblico è fazioso – dichiara a Open -. Solo nel 2020 ho restituito 30 mila euro, ma non posso fare la rendicontazione su Rousseau perché ho smesso di versare i 300 euro che spettano alla società di Casaleggio. La mia situazione è nota anche al reggente Vito Crimi». Dessì è un fiume in piena nei confronti della piattaforma: «Mi è stato tolto l’accesso al portale ed è l’ennesima limitazione della democrazia interna. Rousseau ha perso la sua funzione democratica e, nel mio caso, è stato usato come arma di ricatto».

«Sono entrato povero in questo Senato e ne uscirò altrettanto povero». Sorride. E sul suo futuro politico afferma: «Non ho motivi per lasciare il Movimento, ho tanti motivi di critica questo sì. Spero che in un Paese democratico si possano ancora esprimere senza avere ritorsioni». Lui è uno dei senatori che non voterà la fiducia a Draghi: «Questo presidente sarà pure una persona eccezionale, competente, ma non ha la stessa linea politica del Movimento, ed è per quella che i cittadini ci hanno votato». Voterà “no”? «Ho detto che non darò la mia fiducia, ma sto ancora riflettendo se sia opportuno astenersi o dare voto contrario».

Lo statuto del gruppo alla Camera non è rispettato: «Nessun ruolo a chi non è in regola»

Un deputato che avrebbe preferito votare i singoli provvedimenti e non una fiducia incondizionata, «ma visto come stanno le cose è meglio restare nella maggioranza per incidere sulla svolta green», invita a fare un lavoro di sovrapposizione: «Prendete l’elenco di chi si sta opponendo al “sì” a Draghi e rischia di lasciare il Movimento. Poi, affiancate l’elenco di chi è in ritardo con le restituzioni del proprio stipendio. Vedrete quelle che, per correttezza, qualcuno chiama coincidenze. Io, invece, le considero le vere spiegazioni del comportamento di alcuni, che preferiscono tenersi il gruzzolo piuttosto che restare in un Movimento sulla via del tramonto».

L’onorevole porta ad esempio il nome del deputato Giuseppe D’Ambrosio, il quale risulta non in regola da maggio 2020 e che, il 13 febbraio, ha lasciato i 5 stelle. «Tra l’altro, poco tempo fa è stato approvato lo statuto del gruppo 5 stelle alla Camera in cui si legge che chi non è in regola con le rendicontazioni non può avere ruoli». Il deputato cita Francesca Galizia, che da Tirendiconto risulta non essere in regola da gennaio 2020, e Gianluca Vacca, il cui ultimo rendiconto pubblicato risale a marzo 2020. «La situazione è imbarazzante», conclude. E che siano coincidenze oppure no, il Tirendiconto grillino, oggi, è la fotografia dell’onestà che si scontra con la realtà.

In seguito alla pubblicazione dell’articolo, l’Associazione Rousseau replica al senatore Dessì sostenendo che «il sistema risulta normalmente funzionante».

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