Milioni di mascherine cinesi Ffp2 non a norma? Ecco perché è giusto sospettare e come difendersi

Una società turca che certifica i prodotti cinesi in tempi brevi e il rischio di marchi contraffatti, la salute dei cittadini europei è messa a rischio

In un articolo del Corriere del 28 febbraio viene riportata la denuncia di una società italiana – anonima – contro mascherine Ffp2 provenienti dalla Cina e vendute con il certificato CE nonostante non soddisfino i requisiti di sicurezza necessari, fondamentali per affrontare l’emergenza Covid19. Ad aver fornito la certificazione sarebbe stata una società turca di Instanbul, la Universal Certification, titolata a rilasciare il marchio CE 2163 riportato sulle mascherine contestate.


L’articolo non riporta il nome della società italiana denunciante e se ne comprende il motivo. Questa società, infatti, si occupa proprio di import export sull’asse Italia-Cina e rendere noto il proprio nome la potrebbe metterebbe in serie difficoltà. La nostra attenzione viene diretta però alla società turca che, secondo quanto riportato dal sito ufficiale, ha una sede in Cina.


Le mascherine contestate riportano il marchio CE 2163, la certificazione fornita dalla società turca a numerose aziende cinesi che vendono le proprie Ffp2 in Europa. Risulta estremamente semplice cercarle e trovarle online, persino su Amazon dove un pacco da 50 viene a costare appena 49,90 euro contro l’euro e cinquanta di media di quelle vendute in farmacia o in un negozio fisico di prodotti per la casa.

Le troviamo anche in alcuni supermercati al modico prezzo di 0,99 centesimi l’una. Il marchio CE 2163 è ben visibile sia sulla mascherina che sulla confezione, ed è in quest’ultima che notiamo la dicitura relativa all’ente certificatore: Universal Certification di Instanbul.

Non è detto che le mascherine con il marchio contestato, vendute anche in alcune farmacie, siano non a norma. Il rischio che si corre, in particolare online, è quello relativo alle truffe da parte di aziende che sfruttano illecitamente il marchio. Se avete acquistato una di queste mascherine potete fare un primo controllo, non definitivo ma quantomeno utile, seguendo i consigli di Paolo D’Ancona, medico epidemiologo dell’Istituto superiore di Sanità:

Le mascherine Ffp2 vanno sempre acquistate in canali ufficiali, come le farmacie o i supermercati, controllando che all’esterno ci sia scritto “a norma Uni En149:2001”, per essere sicuri che si tratti proprio di una mascherina Ffp2. E bisogna diffidare in caso si evidenzino difetti di qualità, come la mancata aderenza al volto, il distacco degli elastici o forme differenti tra una mascherina e l’altra.

Una Ffp2 deve aderire bene al volto e la qualità deve essere costante. Quando ci sono difetti che saltano agli occhi bisogna sospettare

Non siamo, però, gli unici in Europa a dubitare della certificazione fornita dalla società turca. In Germania, ad esempio, i colleghi tedeschi di Faktenfuchs avevano pubblicato lo scorso 22 gennaio 2021 un articolo sulle mascherine Ffp2 certificate dalla Universal Certification scoprendo particolari interessanti sul processo dei test effettuati sui prodotti cinesi.

Le mascherine certificate CE 2163 sono tantissime, forse troppe per essere elaborate da un unico ente che non si trova nemmeno in Unione europea. I colleghi tedeschi parlano di circa 600 modelli di mascherine Ffp2, dei quali 60 presenti sul mercato europeo, certificati con tempi di analisi che si aggirano intorno ai 20 giorni in laboratorio contro i tre o sei mesi di un ente certificatore tedesco.

Universal Certification, in risposta a Faktenfuchs, ha spiegato che la società non svolge tutti i test sulle mascherine e che parte delle analisi vengono subappaltate ad altre società. Non solo, alcuni dei laboratori dove vengono effettuati i test per i turchi si trovano proprio in Cina.

In realtà, la società turca non compie un illecito nei confronti dei regolamenti europei. L’articolo 26 del Regolamento europeo 2016/425 sui dispositivi di protezione individuale permette, infatti, il subappalto:

Articolo 26

Affiliate e subappaltatori degli organismi notificati

1. Un organismo notificato, qualora subappalti compiti specifici connessi alla valutazione della conformità oppure ricorra a un’affiliata, garantisce che il subappaltatore o l’affiliata rispettino i requisiti di cui all’articolo 24 e ne informa l’autorità di notifica.

2. Gli organismi notificati si assumono la completa responsabilità delle mansioni eseguite da subappaltatori o affiliate, ovunque questi siano stabiliti.

3. Le attività possono essere subappaltate o eseguite da un’affiliata soltanto previo consenso del cliente.

4. Gli organismi notificati tengono a disposizione dell’autorità di notifica i documenti relativi all’esame delle qualifiche del subappaltatore o dell’affiliata e al lavoro svolto da questi ultimi ai sensi degli allegati V, VII e VIII.

La Universal Certification afferma di effettuare personalmente la valutazione finale dei test svolti dai laboratori esterni da loro incaricati, garantendo così un controllo incrociato. Un secondo passaggio effettuato anche dall’azienda italiana, contattata da Open, la quale si è avvalsa di diversi laboratori per verificare la certificazione delle mascherine Ffp2 CE 2163 provenienti dalla Cina e attualmente in vendita nel mercato europeo.

Esistono realtà italiane che hanno collaborato nel tempo con la Universal Certification. Una di queste, contattata da Open, afferma di non collaborare più con la società turca da settembre 2020 precisando, inoltre, che «le certificazioni CE2163 sono le più contraffatte sul mercato essendo l’Organismo che ha emesso più certificati CE in Europa». Secondo il responsabile della società italiana, sarebbe in atto un’opera per gettare discredito nei confronti della Universal Certification da parte di una non precisata società di Shangai, produttrice di mascherine Ffp2 che si avvale di un altro ente certificatore, il tutto senza fornire alcun riferimento riguardo al laboratorio dove si sarebbero svolti i test e senza fornire i relativi report.

La richiesta di verifica di un utente all’account Twitter della società turca in merito a un certificato riportante le loro credenziali. Richiesta effettuata il 23 agosto 2020, senza poi ottenere risposta.

I tempi previsti dalla società turca sono senz’altro veloci, rendendoli competitivi rispetto alla concorrenza. La denuncia portata avanti dalla società italiana e le verifiche effettuate dai colleghi tedeschi dimostrano quanto il mondo della certificazione CE non sia perfetto. Bisogna considerare anche un’altra possibilità, dove il colpevole potrebbe essere non l’ente certificatore ma il produttore. Nessuno, se non attraverso la stessa Universal Certification, è in grado di verificare se i lotti analizzati per la certificazione, ricevuti dai produttori cinesi, contengano mascherine con le stesse caratteristiche di quelle vendute successivamente nel mercato europeo con il marchio CE.

Ci troviamo, dunque, di fronte a un enorme problema. Da una parte c’è una società turca che subappalta le analisi dei prodotti in Cina, luogo da dove provengono i prodotti contestati, creando una sorta di sfiducia da parte dell’acquirente europeo anche di fronte a un prodotto che potrebbe essere conforme. Dall’altra un marchio CE 21663 che potrebbe risultare tra i più contraffatti visti i numerosi certificati rilasciati dalla società turca, apprezzata dai produttori proprio per la sua velocità. Risulta lecito, di fronte a una tale situazione, che un cittadino europeo decida di non acquistare i prodotti con il marchio contestato, così come risulterebbe lecito richiedere un controllo a tappeto – magari su iniziativa della stessa Unione europea – di tutti i prodotti ad esso associati al fine di far ritirare dal mercato quelle mascherine Ffp2 che rischiano di mettere in pericolo la salute degli acquirenti.

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