Agostino Miozzo, ex coordinatore del Cts diventato consulente del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, in un’intervista al Corriere della Sera ha indicato l’obiettivo del suo nuovo incarico: «Interventi mirati per riaprire le scuole al più presto con scelte che siano uguali in tutta Italia». Per Miozzo sarà fondamentale mettere in campo una campagna di informazione sui vaccini rivolta ai professori, per vincere i timori che potrebbero sorgere in relazione al preparato di AstraZeneca, attualmente sospeso in tutto il Paese in via precauzionale.
«Dobbiamo poi sperare che gli altri vaccini arrivino nei tempi e nelle quantità previste», ha aggiunto Miozzo, «da tecnico delle emergenze posso solo dire che sono incidenti di percorso che in situazioni così complesse accadono sempre». Oltre a vaccinare i professori, per ripristinare le lezioni in presenza sarà necessario «organizzare un sistema di monitoraggio sanitario efficace» e rendere le decisioni sulle aperture e sulle chiusure il più possibile «concertate e omogenee sul territorio nazionale».
«Gli insegnanti hanno fatto miracoli con strumenti didattici da dimenticare»
Secondo Miozzo, di fronte alla pandemia di Coronavirus la scuola ha pagato «tutte le lacune di cui ha sofferto nei decenni passati, arrivando ad affrontare «la più grande emergenza della nostra storia» con una struttura poco efficiente, capace di andare avanti comunque solo grazie al sacrificio e allo spirito di servizio di centinaia di migliaia di insegnanti e personale di supporto che «hanno fatto miracoli pur operando con strumenti didattici spesso da dimenticare».
«Non eravamo preparati alla comunicazione sui social media»
Quanto ai motivi del suo addio al Cts, Miozzo taglia corto: «Non ci sono retroscena. Il ciclo si è esaurito, ho ritenuto di essere più utile altrove». Ora la promessa è di fare il possibile per consentire agli studenti di alleviare «il peso enorme di un periodo di costruzione della loro formazione culturale mutilato» a causa della pandemia. Un’autocritica? «L’abbiamo sempre fatta. Forse non siamo stati capaci, ma forse non dipendeva da noi, di curare bene la comunicazione, specie verso le categorie più sensibili e fragili, i giovani e i ragazzi. Non eravamo preparati alla comunicazione sui social media, ma solo così possiamo ridurre la diffusione del virus tra gli adolescenti».
«Il lockdown? Abbiamo capito che era l’unica terapia»
Miozzo ha detto anche di avere sofferto vedendo Paesi come Francia e Germania dare indicazioni diverse da noi sulla scuola, tenendole aperte molto di più. Mentre in Italia «20 regioni davano indicazioni diverse, con le scuole chiuse e i centri commerciali aperti». Anche il lockdown è stata una scelta dolorosa: «Dovevamo tradurre ciò che vedevamo in tv a Wuhan, pensando che fosse una dittatura e che qui non si poteva fare. Poi abbiamo capito che era l’unica terapia».
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