Dopo un anno di Dad 250 mila studenti senza pc e scuole senza connessione: «Le famiglie si auto-organizzano»

Il nuovo Dpcm e le varianti del Covid richiudono le scuole. Ma, nonostante i fondi stanziati dal Ministero, il digital divide non è ancora stato superato

Alle porte della terza ondata di Coronavirus e a distanza di un anno dal primo lockdown, le scuole fanno i conti ancora una volta con la Didattica a distanza. Se da una parte gli studenti sono sempre più stufi di passare le loro giornate davanti ai pc, le scuole hanno man mano imparato a gestire al meglio delle loro possibilità le lezioni da remoto. Ma i problemi, 12 mesi dopo, sono tutt’altro che finiti. Nonostante i fondi stanziati dal Ministero dell’Istruzione, i dati parlano di decine di migliaia di studenti ancora privi di dispositivi digitali. E di percentuali elevate di famiglie e istituti tagliati fuori da una connessione internet efficace.


«Non avrei mai pensato di trovare tutte queste difficoltà dal punto di vista dei computer e delle connessioni», racconta Antonio Balestra, direttore di un Liceo Artistico al centro di Torino, il Renato Cottini. «Lo scorso anno su 1.100 studenti, più di 150 hanno richiesto computer o schede per la rete». Come confermato dal confronto con gli altri presidi del territorio, soprattutto nelle aree periferiche, risolvere la questione della connessione – e quindi del digital divide – non è stato facile e continua, ancora oggi, a creare problemi. Gli stessi problemi si ripropongono in maniera più pesante nelle aree di provincia, «dove le scuole non sono in grado di supportare attraverso la rete tutta la mole di dati necessari per la Dad, come le videochiamate».


I fondi investiti e il totale dei dispositivi acquistati

Secondo i dati del Ministero, i fondi statali (ed europei) fin qui stanziati per le scuole sono stati in totale circa 452 milioni – somma che comprende sia investimenti ordinari che straordinari. Gli importi più significativi destinati alla gestione dell’emergenza Covid sono stati quelli del Cura Italia di marzo (85 milioni) e del Decreto Ristori di ottobre (altri 85 milioni). Stando ai numeri forniti, a oggi sono stati acquistati in tutto 438.330 dispositivi digitali da destinare in comodato d’uso agli studenti. Nello specifico si parla di investimenti così divisi:

  • DL Cura Italia: 211.469 dispositivi digitali acquistati
  • Fondi PON smart class: 142.716 dispositivi digitali
  • Fondi nazionali PNSD: 10.500 dispositivi digitali
  • Kit didattici PNSD: 2.000 kit didattici (zainetti, tablet, diari, quaderni, astucci) alle scuole per studenti con famiglie meno abbienti
  • Dispositivi acquistati dalle scuole con altri fondi nazionali, regionali o propri: 71.645.

Nell’elenco mancano gli acquisti del Dl Ristori – ancora in fase di spesa e che dovrebbero consentire alle 8 mila scuole statali di acquistare altri 211.469 dispositivi digitali (e 117.727 accessi alla rete). L’obiettivo, secondo il Ministero, è quelli di arrivare a poco meno di 650.000 dispositivi digitali acquistati entro i primi mesi del 2021. Al momento, l’unica rendicontazione disponibile è quella sul Cura Italia, primo intervento emergenziale dell’era Covid, che aveva previsto un intervento di 85 milioni. Al 9 marzo 2021, ne sono stati spesi circa 81 milioni.

I numeri sugli studenti in difficoltà

A settembre 2020, il monitoraggio del Ministero aveva messo in luce come mancassero ancora 283.461 pc e 336.252 risorse per la connessione da destinare agi studenti. A oggi, a detta degli uffici ministeriali, la richiesta si starebbe esaurendo. In base ai dati annuali dell’Istat diffusi lo scorso luglio, però, i numeri non sono ancora sufficienti: nel biennio 2018-2019, circa 850 mila minori tra i 6 e i 17 anni (il 12,3% del totale) non avevano un pc né un tablet: anche con i nuovi fondi, quindi, resterebbero fuori almeno 250 mila ragazzi.

In tutto, inoltre, i dati Istat parlano di circa 3 milioni e 100 mila studenti in difficoltà, pari al 47% degli studenti tra i 6-17 anni, causata della «carenza di strumenti informatici in famiglia, che risultano assenti o da condividere con altri fratelli o comunque in numero inferiore al necessario». La situazione più difficile è al mezzogiorno ( il 19% del totale), seguito dal Nord (il 7,5%) e dal Centro (il 10,9%). Stando a una ricerca dell’Unicef e dell’Università Cattolica di Milano, le famiglie coinvolte in questi disagi sono circa il 27% del totale.

Ma il grande problema sono le infrastrutture

«Non serve avere un pc o un tablet se poi non hai una connessione internet per collegarti alla lezione». La dottoressa Anna Grazia De Marzo è la dirigente scolastica dell’IISS Marconi-Hack, un dei più grandi istituti di Bari, in Puglia. Se da una parte si è riusciti a risolvere la questione dei dispositivi digitali, dall’altra resta cruciale il problema della banda larga e del cablaggio interno delle scuole. «Nel mio istituto, se fossero in Dad tutte le classi e tutti gli insegnanti volessero lavorare da qui, dovrei avere la possibilità di connettermi con 81 postazioni contemporaneamente. E al momento è tutt’altro che un’opzione».

Anche il professor Giovanni Biondi, presidente di Indire e coordinatore del Comitato tecnico per il recupero dell’apprendimento voluto dal ministro Patrizio Bianchi, è convinto che il problema dei pc sia il meno difficile da risolvere. «La vera questione sono le infrastrutture», dice. «Abbiamo un ritardo strutturale del Paese che non si può risolvere comprando dei computer da MediaWorld». Come conferma il Ministero, sono ancora tante le richieste dalle scuole di strumenti per la didattica mista: stando all’ultima relazione annuale dell’Agcom, solo il 17,4% degli istituti in Italia è raggiunto dalla fibra Ftth, e gli insegnanti che si collegano da scuola per la didattica mista segnalano ancora numerosi problemi.

Nel documento del Comitato, in lavorazione in questi giorni, viene affrontata anche la questione dell’inclusione scolastica nelle aree più remote del Paese. Solo il 13% delle famiglie nel Paese ha accesso alla banda ultralarga. «Le reti e la fibra sono un grande problema», spiega Biondi. «In Italia abbiamo scuole e studenti che si trovano in aree geografiche difficili. Penso alle zone di montagna, all’entroterra del Sud, alle Isole. Sono aree periferiche che continuano a soffrire e che non vedranno una soluzione nella semplice erogazione di fondi da parte del Ministero dell’Istruzione».

…e la preparazione informatica

Ansa

Nonostante i passi avanti fatti quest’anno nella “digitalizzazione” dei docenti, la scarsa formazione informatica continua a essere un problema. A novembre 2020 i sindacati parlavano ancora di un 10% di insegnanti in difficoltà con la didattica da remoto. E spesso per la soluzione ci si affida ancora alla buona volontà delle famiglie: come dimostra una comunicazione interna della scuola elementare Giusti-D’Assisi di Milano, i presidi stanno cercando di affidarsi alla buona volontà di pochi «genitori smanettoni», lanciando «appelli urgenti»:

Appello urgente dal Dirigente.
La scuola sta fornendo, alle famiglie che ne stanno facendo richiesta, alcuni device e apparati per la connessione internet. Purtroppo non hanno alcun personale disponibile a seguire le prime fasi di configurazione degli stessi, e il Dirigente è subissato da richieste di aiuto, a cui non riesce a dare assistenza. È stato chiesto alla GPP se per caso qualche volenteroso genitore, pratico di computer e/o “smanettoni” vari potesse dare la sua disponibilità per i prossimi 2/3 giorni per fornire assistenza mail e/o telefonica a chi avesse bisogno di aiuto. Si potrebbe concentrare il “supporto tecnico” per esempio per le 8-10.
Fate girare per favore, e inoltrate a chi pensate possa essere nelle condizioni di dare la sua disponibilità.
Grazie mille

«Si danno per scontate delle competenze digitali che non ci sono», spiega la dottoressa Monica Fontana, dirigente di due Istituti a Frosinone, la provincia del Lazio che è attualmente in zona rossa. «La Dad rischia di cadere in dinamiche classiste non solo dal punto di vista degli strumenti, ma anche della formazione: i bambini più piccoli hanno bisogno di assistenza continua delle famiglie, e, se i genitori non hanno le conoscenze informatiche necessarie (o non conoscono la lingua perché sono stranieri), non riescono a stare al passo».

Immagine di copertina: ANSA/ ANDREA FASANI

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