Verso lo sblocco di Astrazeneca, il piano vaccini dovrà correre: farmacie, infermieri e turni doppi. Chi rinuncia alla dose ricomincia la coda

In Italia lo stop ha avuto un impatto di circa 200mila somministrazioni in meno nell’arco di 4 giorni, ma i timori e la riluttanza mettono a rischio la campagna vaccinale. Ecco le opzioni di ripresa sul tavolo del Governo e delle Regioni

È il giorno del verdetto dell’Ema su AstraZeneca. L’esito arriverà nel pomeriggio da Amsterdam e, anche in luce delle pregresse rassicurazioni dell’agenzia europea del farmaco, con tutta probabilità verrà riconfermato il via libera all’utilizzo del vaccino anti-Covid di Oxford per i 16 Paesi europei che hanno optato per lo stand by, in attesa di chiarimenti dall’Ente europeo di farmacovigilanza sugli eventi avversi estremamente rari segnalati dopo le vaccinazioni (11 casi di trombosi cerebrale del seno traverso su 5 milioni di somministrazioni), e sull’effettiva correlazione tra evento avverso e prodotto farmaceutico. 


In Italia la battuta d’arresto delle vaccinazioni con AstraZeneca ha avuto un impatto di circa 200 mila dosi non somministrate, recuperabile in circa 15 giorni, secondo il Governo. Ma d’altra parte c’è anche la certezza che l’immagine del vaccino di Oxford, malgrado le rassicurazioni, sia ormai segnata. Ci si aspetta riluttanza e l’aumento dell’esitazione vaccinale da parte della popolazione, con il rischio di non riuscire a rispettare il piano che prevede l’immunizzazione dell’80% degli italiani entro settembre.


Come e cosa fare, dunque, per rimettere in moto le vaccinazioni? Sul tavolo ci sono diverse opzioni per rispettare e rafforzare la tabella di marcia indicata dal commissario straordinario all’emergenza, il generale Paolo Francesco Figliuolo: l’overbooking, lo slittamento in coda alle liste vaccinali di chi rinuncia alla prima chiamata, la somministrazione dei vaccini nelle farmacie, il raddoppio dei turni dei medici e infermieri.

L’overbooking nelle prenotazioni delle vaccinazioni

L’idea dell’overbooking consiste nella chiamata di più persone rispetto alle dosi di fatto somministrabili nell’arco di una giornata. Così facendo, anche se alcune persone non si presenteranno all’appuntamento per la vaccinazione, ci saranno in coda altre persone a cui somministrare il vaccino, evitando quindi lo spreco di dosi e di allungare i tempi di attesa per la popolazione in generale. 

Lo slittamento nelle liste d’attesa in caso di rinuncia

Un meccanismo già pre-esistente nella campagna vaccinale è quello dello slittamento in coda alle liste d’attesa in caso di rinuncia. Qualora una persona non dovesse prenotarsi in tempo (in base alla categoria d’appartenenza, fascia d’età o, eventualmente, secondo l’ordine professionale di appartenenza con priorità), o dovesse disdire l’appuntamento per la vaccinazione, finirebbe in automatico in fondo alle liste d’attesa, ritardando dunque la possibilità di poter ricevere la dose di vaccino di almeno 3 mesi. 

La somministrazione dei vaccini nelle farmacie

Per aumentare la capillarità delle vaccinazioni, si valuta anche l’idea di poter somministrare i vaccini anti-Covid della Johnson&Johnson (che richiede un’unica somministrazione e non due inoculazioni) attraverso le farmacie territoriali. A somministrarle sarebbero ovviamente dei medici che, affiancati dal personale infermieristico e sanitario, monitorerebbero la situazione post-vaccino, affinché vengano rispettati i protocolli standard di sicurezza. 

Il raddoppio dei turni dei medici e infermieri

Per cercare di tamponare lo stop delle somministrazioni di AstraZeneca e al contempo velocizzare l’inoculazione degli altri vaccini anti-Covid, diverse regioni, come il Lazio, hanno già annunciato che i turni dei medici e degli infermieri verranno prolungati al fine di poter permettere di somministrare un maggior numero di dosi, allungando quindi i tempi di apertura delle sedi di vaccinazione. Stesso discorso vale per la Lombardia, anche se in questo contesto la Cisl ha espresso perplessità, poiché «non è giunta alcuna comunicazione alle organizzazioni sindacali» sul prolungamento dell’orario lavorativo.

A ciò, si aggiunge la richiesta di scudo penale per i medici che somministreranno il vaccino, al fine di evitare che «il professionista che si è comportato in maniera corretta, ha fatto una somministrazione di un farmaco autorizzato a tutti i livelli, non possa essere chiamato in causa» in caso di eventi avversi sul paziente, come riferito da Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri. 

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