Il bollettino di oggi sull’epidemia da Coronavirus conferma la tendenza alla diminuzione dei nuovi casi positivi, che calano «mediamente di circa 2 mila unità ogni sette giorni dalla fine del mese di marzo». Ma da domani quasi 6,6 milioni di studenti torneranno a scuola in presenza, vale a dire 8 su 10. E le conseguenze andranno monitorate con molta prudenza: «Questo è un tema molto, molto delicato, i cui effetti dovranno essere considerati con grande attenzione ad aprile e maggio, soprattutto adesso che la variante “inglese” è diventata egemonica nel nostro Paese». Patrizia Laurenti, professoressa di Igiene all’Università Cattolica di Roma, commenta così per la rubrica I numeri in chiaro l’evoluzione del contagio nel nostro Paese.
Nel Lazio ci sono «alcune migliaia» di over 80 non vaccinati, che nei prossimi giorni dovranno essere recuperati e immunizzati in via prioritaria come stabilito dalla nuova direttiva del generale Figliuolo. La vaccinazione degli insegnanti subirà quindi una battuta d’arresto: «Le scuole dovevano necessariamente riaprire per motivi di tenuta sociale», spiega Laurenti, «ma a mio parere riaprono in condizioni di non completa messa in sicurezza».
Secondo la professoressa, infatti, bisognava aggiornare il protocollo: «Sarebbe stato opportuno disegnare un piano di screening nazionale con test antigenici rapidi da effettuare con una frequenza definita sia tra gli studenti, sia tra i docenti, di cui solo una parte è stata vaccinata. Mi auguro però che l’ambiente scolastico venga comunque reso il più possibile sicuro con l’uso delle mascherine, l’igiene delle mani e la ventilazione degli ambienti».
Per quanto riguarda la scuola, quindi, da una parte occorre confermare il rigoroso rispetto delle misure anti-contagio che già conosciamo. Dall’altra, il consiglio per i singoli dirigenti dei vari istituti è di fare un passo in più, anche in maniera autonoma: «La distanza interpersonale di un metro è un po’ risicata, sarebbe meglio aumentarla a un metro e mezzo o due. E se le aule non lo consentono, bisognerà inventarsi nuove modalità di fare classe, usando per esempio le palestre o altri spazi finora sotto-utilizzati. Oppure ancora, clima e meteo permettendo, facendo lezione all’aperto».
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