Covid, Galli critico sulle riaperture: «Mi duole dirlo, ma sulla pandemia Draghi non ne ha azzeccata una»

Per il primario di Malattie Infettive del Sacco di Milano, il messaggio del governo rischia di trasformarsi in un “liberi tutti”

Dal 26 aprile torneranno le zone gialle. Una decisione – annunciata dal governo venerdì – che sarà accompagnata anche dalla riapertura dei ristoranti alla sera, ma solo all’aperto. L’annuncio fatto da Mario Draghi non ha però messo d’accordo tutta la comunità scientifica. Tra i critici c’è Massimo Galli, direttore delle Malattie infettive al “Sacco” di Milano. «Il punto – dice Galli al Fatto Quotidiano – è che con l’annuncio di venerdì è stato dato un messaggio di “liberi tutti” che proprio non ci potremmo ancora permettere. Almeno fino a una migliore copertura dei settantenni con la prima dose e degli ottantenni con la seconda. Mi sembrano obiettivi ancora lontani».


Una formula, quella delle zone a colori, che continua a non convincere Galli. «Temo la diffusione dell’infezione. Abbiamo per mesi giocato coi colori e in Sardegna abbiamo recentemente visto il risultato più impietoso passando in pochissimo tempo dal “bianco” al “rosso”», osserva l’infettivologo. «Mi duole dirlo, perché su Mario Draghi, come milioni di italiani, riponevo molte aspettative, ma sulla pandemia non ne ha azzeccata ancora una», dichiara Galli. E ora «eccoci qui – aggiunge – a dare un segnale di riapertura generalizzata mentre le infezioni attive nel Paese sono tra il mezzo milione e il milione. E queste sono stime conservative: non tutti i positivi fanno il tampone e scoprono di esserlo».


Per Galli, il grande problema e ostacolo alle riaperture, oltre alla diffusione del virus, è la lentezza della campagna vaccinale. «Da qui al 26 aprile al trotto attuale avremo tre milioni e mezzo di nuovi vaccinati a esagerare, quindi 17 milioni in tutto. Il che significa non arrivare neppure a trenta dosi ogni cento persone».

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