Bassetti: «Coprifuoco alle 23? Ragionevole. Smettiamola di puntare il dito solo contro bar e ristoranti» – L’intervista

Parla a Open il direttore della clinica di Malattie infettive al San Martino di Genova: «La decisione è politica, non scientifica. Un’ora non cambia molto». E sui vaccini: «Serve correre per salvare l’estate»

«La decisione di spostare o meno il coprifuoco anti-Covid alle 23 ha molto di politico e poco di scientifico. Infatti non c’è alcuna ragione scientifica, l’unico aspetto è che, di fatto, per un’ora in più al giorno, ci sarà una maggiore circolazione di persone, soprattutto giovani e quelli che la sera vanno al ristorante. E, a proposito, l’Italia non è la Germania dove la gente va a cena alle 18, noi non prima delle 20-20.30. Per questo motivo poteva essere ragionevole ampliare di un’ora il coprifuoco». A parlare a Open è Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive al San Martino di Genova, che interviene all’indomani delle polemiche relative al coprifuoco confermato alle 22 dal governo Draghi nell’ultimo decreto Covid, nonostante il pressing della Lega che, alla fine, si è astenuta dalla votazione del provvedimento.


Sulle riaperture: «Il governo ha dato un primo segnale»

«Questo è un messaggio da parte del governo che, di fatto, dà un’iniziale apertura di “credito” verso gli italiani – dice Bassetti – . Ci stanno dicendo “a maggio avrete il coprifuoco alle 22, poi vediamo a giugno se allargare o addirittura toglierlo ma tutto dipenderà dai numeri”. Certo, intanto le nostre abitudini cambieranno: andremo a cena alle 20 o anche prima e alle 22 tutti a casa così come abbiamo imparato a fare gli aperitivi alle 4 del pomeriggio».


Poi, però, aggiunge: «Non è che se uno va casa alle 22, e non alle 23, non si infetta più nessuno. Un’ora non cambia la situazione in maniera così drastica. Ci sono Paesi, come la Spagna, dove, pur chiudendo dopo di noi, non si è registrato un particolare aumento di contagi. Finiamola di dire che siamo le pecore nere d’Europa. In quale altro Paese in Europa c’è stato un coprifuoco così lungo?». Piuttosto quello che andrebbe evitato, secondo Bassetti, «è puntare il dito contro certe attività», come è stato fatto nella prima fase della pandemia dove «intenso è stato il controllo della movida e meno delle situazioni più a rischio come i trasporti pubblici». «Si è puntato il dito contro i giovani, i ristoranti e i bar come se il problema fosse originato da lì. I contagi, invece, avvenivano a lavoro, nelle famiglie e sui trasporti pubblici», aggiunge.

Sui vaccini: «Anziani in sicurezza prima dell’estate»

Nel decreto Covid, tra l’altro, non ci sono solo le riaperture di bar e ristoranti dal 26 aprile, ma anche il via libera agli spostamenti nelle zone rosse e arancioni, purché si sia in possesso della certificazione verde (che potranno avere i vaccinati, i guariti dal Covid e chi ha effettuato un tampone nelle ultime 48 ore). «Chiedere un test, eseguito due giorni prima, è in effetti una finestra molto ampia che può portare ad avere delle persone già in fase di incubazione o appena contagiate. Insomma non ci dà garanzie, non è sicuro al 100 per cento e potrebbe persino generare dei falsi negativi. L’ideale sarebbe un tampone “fresco” ma oggettivamente di difficile realizzazione. La soluzione? Correre di più coi vaccini così da avere il green pass da vaccinati. Una volta messi in sicurezza gli anziani, poi, potremmo goderci una bella estate. Demenziale sarebbe mettere la mascherina in spiaggia, un po’ come fanno quelli che guidano l’auto, da soli, con la mascherina», spiega.

Sui No vax: «Triste che ci sia voluta una legge»

Certo è che, avere tutti gli italiani vaccinati, non sarà per nulla semplice vuoi per la lentezza della campagna vaccinale (a causa di un’organizzazione non del tutto efficiente, del ritardo della consegna delle dosi e del caos prima su AstraZeneca e poi su Johnson&Johnson) vuoi per lo scetticismo di alcuni, anche tra il personale sanitario (come è già accaduto, tra l’altro, nell’ospedale di Bassetti). «Pian piano anche chi non voleva vaccinarsi si sta convincendo. Triste, però, che per spingerli a farlo ci sia voluta una legge anche se, a dire il vero, c’è ancora qualcuno che fa resistenza, persino tra i sanitari. Ma sono rimasti in pochi. Alla fine, secondo me, 1 italiano su 5 non si vaccinerà e così sarà davvero difficile».

Foto in copertina: ANSA/LUCA ZENNARO

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