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La tassa di successione aiuta i giovani? Perotti: «Ridurrebbe le disuguaglianze ma una dote non basta» – L’intervista

Tassare i più ricchi per dare ai giovani più poveri: secondo l'economista della Bocconi, la proposta di Letta non è sufficiente a risolvere il problema di formazione e inserimento delle nuove generazioni

Anche i ricchi piangano, recitava uno storico manifesto di Rifondazione Comunista. Politicamente, parlare di tasse non ha mai pagato: non appena si tocca la nota dolente, i consensi crollano giù. Gli alleati si dissociano e gli elettori accusano lo Stato di voler risolvere le crisi mettendo le mani nelle tasche degli italiani. Il copione non cambia neanche se, come nel caso di Enrico Letta, ci si rivolge solo all’1% della popolazione. Il segretario del Partito Democratico ha avanzato la proposta di alzare l’aliquota massima di tassazione per le eredità superiori a 5 milioni al 20% (attualmente è al 4%) per redistribuire il ricavato tra i giovani che non sono ricchi di famiglia. L’ipotesi è stata liquidata in due battute persino dal premier “tecnico” Mario Draghi, che in toni molto politici ha detto: «Non è il momento di chiedere soldi ai cittadini». Nella sua proposta Letta ha stimato che circa 280 mila giovanissimi tra i 13 e i 17 anni riceverebbero in quel modo circa 10 mila euro da spendere in formazione, abitazione e attività lavorative. Ma per quanto la proposta sia reputata giusta da diversi economisti, non sarebbe sufficiente da sola a fare cassa.

«Non penso che si riuscirebbero a tirare su abbastanza soldi da risolvere il problema», ha commentato a Open Roberto Perotti, economista dell’Università Bocconi di Milano. «Non bisogna pensarla in questi termini. Come è adesso riuscirebbe a raccogliere circa lo 0,5% del Pil». Attualmente, la tassa sull’eredità in Italia è tra le più basse d’Europa. Ma se venisse alzata, come propone il Pd, potrebbe funzionare da sorgente di reddito per la cosiddetta «generazione Covid»? In Francia – dove tra l’altro politici ed esperti stanno da mesi discutendo di un reddito per i giovani – l’aliquota per eredità o donazioni superiori ai 5 milioni arriva fino al 45%, sono molto più alte anche nel Regno Unito (40%), Spagna (34%) e Germania (30%).

Elaborazione grafica di Repubblica sui dati dell’EY World Estate and Inheritance Tax 2018

«E davvero difficile pensare che in Italia si arrivi ad alzarla fino a raccogliere circa l’1,5% del Pil (circa 30 miliardi) come avviene in altri Paesi. Comunque, qualora venisse alzata, visto che la pressione fiscale da noi è già alta è molto probabile che verrebbero rimodulate le altre tasse per renderla meno pesante», ha detto Perotti. «Quindi saremmo sempre lì. Il vero obiettivo di questa imposta dovrebbe essere quello di ridurre il più possibile le diseguaglianze e mettere più o meno tutti i giovani nelle stesse condizioni di partenza».

Tassare l’eredità per diminuire le diseguaglianze

Come Perotti e Boeri avevano già evidenziato in un commento su la Repubblica titolato «Gli intoccabili del fisco», negli ultimi 20 anni i 5 mila italiani più ricchi (circa lo 0,1% della popolazione) hanno visto triplicare il loro patrimonio proprio in virtù del vantaggio fiscale che aleggia sulla trasmissione dei beni in famiglia, mentre il 50% più povero del Paese ha visto diminuire la sua ricchezza dell’80% nello stesso periodo di tempo. Una diseguaglianza spaventosa, che si è acuita ancora di più nel periodo della pandemia, quando anche a livello mondiale si è visto come i guadagni delle big tech siano stati in un anno «bigger than ever», più alti che mai.

«Una tassa sulla successione servirebbe per due motivi fondamentali», spiega Perotti. «Per prendere qualcosa da chi ha beneficiato molto dalla pandemia mentre altri sono andati in crisi e per restaurare quello che gli inglesi chiamano il level playing field, cioè un punto di partenza quasi uguale per tutti. In modo che le seconde e terze generazioni delle persone ricche non comincino già con enormi vantaggi rispetto agli altri». Quale dovrebbe essere dunque una percentuale di aliquota applicata sui patrimoni ereditati che permetterebbe di raggiungere l’obiettivo? «Difficile dirlo», dice Perotti. «Perché in Italia abbiamo un problema di catasti, che non sono affidabili. E poi perché se l’eredità è solo una casa, bisogna stare attenti che non si faccia una tassa troppo alta che costringa i figli a vendere l’abitazione per poterla pagare».

Esistono alternative alle tasse?

Ma se la politica non vuole sentirne parlare da nessuna parte la si prenda (Luigi Di Maio ha definito questa tassa illiberale, Forza Italia «immorale»), esistono delle alternative? Una delle proposte più fantasiose partorite dal tabù delle tasse era stata il taglio degli stipendi dei dipendenti statali per solidarietà con gli autonomi e con chi aveva perso il lavoro durante la pandemia. Ma sembra difficile credere che aumentare i poveri sia una soluzione alla povertà. «Son tutte cose che la gente butta lì senza sapere davvero cosa dice. Se non si vuole tassare, l’alternativa è dare una spinta al mercato del lavoro, risolvendo quasi totalmente il problema della disoccupazione. Altrimenti la strada è solo una: le tasse sui grandi patrimoni, quella di successione inclusa. In Svizzera si tassa anno per anno e non è mai morto nessuno».

Immagine di copertina: ANSA/ MOURAD BALTI TOUATI

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