Così Trump pressò fino all’ultimo per far esplodere l’ItalyGate. Quel che rivela il New York Times

Le email analizzate dal NYT dimostrano le pressioni dell’allora Presidente Trump per influenzare la certificazione del voto elettorale attraverso le fake news

Tutte le teorie del complotto sui fantomatici brogli elettorali per favorire la vittoria di Joe Biden alla Casa Bianca si sono rilevate infondate. Tra le più recenti, quella del cosiddetto ItalyGate (o ItalyDidIt) trattata da Open Fact-checking in un articolo di gennaio, è stata particolarmente attenzionata dal diretto interessato Donald Trump che fece pressioni affinché l’FBI indagasse sulla fantomatica manipolazione “made in Italy“. Lo rende noto il New York Times attraverso l’analisi delle email fornite al Congresso americano.


Secondo le email analizzate dal NYT, l’allora Presidente in carica aveva chiesto al capo del gabinetto della Casa Bianca, Mark Meadows, di fare pressioni sul dipartimento di Giustizia e sull’FBI – in particolare all’allora procuratore generale ad interim Jeffrey A. Rosen – affinché avviassero un’indagine su dei presunti brogli nel New Mexico e su una serie di fantomatiche teorie della cospirazione volte a rovesciare il voto americano. Tra queste è presente quella del fantomatico satellite italiano che avrebbe manipolato a distanza le macchine del voto elettronico trasformando i voti per Donald Trump a favore di Joe Biden.


Nelle email inviate da Mark Meadows a Jeffrey A. Rosen veniva citato un video pubblicato nel dicembre 2020 su Youtube dove Brad Johnson, un ex dipendente della CIA, aveva sostenuto la teoria del complotto. Secondo quanto riscontrato dal NYT nelle analisi delle email, Rosen aveva chiesto a un altro membro del Dipartimento di Giustizia di organizzare un incontro tra Johnson e l’FBI, ma l’ex CIA si rifiutò di parlare.

Il video di Brad Johnson inviato da Mark Meadows a Jeffrey A. Rosen per richiedere l’indagine sull’Italygate

Lo scandalo della fantomatica “manina italiana” scoppiò soprattutto nei giorni dell’assalto al Campidoglio dove persero la vita alcune persone durante gli scontri. Il 6 gennaio 2021 iniziò a circolare un documento, una «dichiarazione giurata» come definita dai complottisti, firmata da un avvocato di Catania dove si sosteneva che un esperto informatico noto come Arturo D’Elia avesse sfruttato uno dei satelliti Leonardo per manipolare le macchine Dominion durante il voto. Una storia affascinante, come spunto per un film di Hollywood, ma carente dal punto di vista informatico siccome le macchine in questione non erano collegate in Rete.

La «dichiarazione giurata» dell’avvocato catanese.

Non circolava soltanto una lettera. A dare forza alla teoria del complotto è stato un video dove lo stesso avvocato catanese, il Prof. Alfio D’Urso, riportava pari pari la tesi ai danni dell’informatico Arturo D’Elia:

Arturo D’Elia, ex capo del Dipartimento Informatico di Leonardo SpA, è stato accusato dalla Procura della Repubblica di Napoli per manipolazione dei dati tecnologici e impianto di virus nei principali computer di Leonardo SpA nel dicembre 2020.

D’Elia è stato depositato dal giudice del Consiglio a Napoli e in testimonianza giurata il 4 Novembre 2020, su istruzione e direzione di persone statunitensi che lavorano presso l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma, ha intrapreso l’operazione per trasferire i dati delle elezioni statunitensi del 3 novembre 2020 dal significativo margine di vittoria di Donald Trump a Joe Biden in un certo numero di stati in cui Joe Biden stava perdendo i totali dei voti.

L’imputato ha dichiarato che stava lavorando nella struttura di Pescara della Leonardo SPA e ha sfruttato le capacità di crittografia della guerra informatica di livello militare per trasmettere voti scambiati tramite satellite militare della Torre del Fucino a Francoforte, in Germania.

Il video dell’avvocato catanese e i suoi documenti diffusi online.

Arturo D’Elia venne arrestato il 6 dicembre 2020, ma le accuse nei suoi confronti riguardavano un fatto risalente tra maggio 2015 e gennaio 2017. Secondo l’avvocato catanese, l’informatico italiano si sarebbe dichiarato disponibile a testimoniare e a rivelare un presunto backup dei dati originali del voto americano a patto che venisse garantita protezione per lui e per la sua famiglia. Il Prof. Alfio D’Urso non aveva alcun titolo a parlare a nome di Arturo D’Elia, siccome i suoi legali risultavano essere prima l’avvocato Damiano Cardiello e successivamente l’avvocato Nicola Naponiello che, contattato telefonicamente da Open, smentì categoricamente il contenuto del documento diffuso online: «Una vera e propria falsità!».

Il comunicato stampa degli avvocati americani.

La vicenda era stata particolarmente cavalcata in America grazie a un gruppo di avvocati americani, noto come «Nations In Action» e guidati da Maria Strollo Zack, che aveva preso sul serio il documento firmato dal collega catanese. Attraverso un comunicato stampa del 5 gennaio 2021, intitolato «Press Release: Votes Switched throughout U.S. Presidential Race – Institute for Good Governance», venne richiesta l’immediata sospensione dei contratti americani con Leonardo SPA («Immediately strip Leonardo SpA of all contracts and seize assets»). Una richiesta a vuoto, vista l’infondatezza della notizia: visto il sistema di voto Dominion, e viste le dichiarazioni del Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA) dell’epoca, non risulta possibile che sia avvenuto un attacco informatico tale da aver compromesso il voto negli Stati Uniti.

Le teorie del complotto sul voto manipolato dall’Italia non finiscono qui. L’hashtag #ItalyDidIt, diffuso durante la pubblicazione della «dichiarazione giurata» dell’avvocato catanese, riprendeva anche le accuse nei confronti di Matteo Renzi e di Barack Obama, ritenuti colpevoli di aver orchestrato il broglio elettronico tramite il satellite Leonardo con l’aiuto della Cia. Una «fake news», come riportato dai colleghi di UsaToday. Tra gli accusati c’era anche l’alleato Giuseppe Conte, ritenuto colpevole di non aver vigilato a favore dell’amico Trump.

Le email analizzate dal New York Times dimostrano come Donald Trump fece pressioni sulle agenzie governative affinché si indagasse su fantomatiche teorie del complotto prive di fondamento, utili soprattutto ad influenzare il dubbio sull’esito elettorale. Dubbi che per qualcuno era una certezza, scatenando quello che poi è stato l’attacco a Capitol Hill dove presero parte i numerosi sostenitori della teoria QAnon.

Cos’è cambiato dal 10 gennaio

A seguito dell’articolo di Open Fact-checking sul caso ItalyGate-ItalyDidIt, alcuni dei documenti diffusi online sono stati rimossi o dai diretti diffusori o dalle piattaforme. Il video dell’avvocato catanese, ospitato in formato MP4 e diffuso dal sito Tickercandy.com, è stato rimosso e ad oggi lo stesso dominio punta all’account Twitter @TickerCandy con appena 47 follower. Il video Youtube di Maria Zack sul fantomatico scandalo ItalyDidIt è scomparso siccome il canale che lo ospitava è stato chiuso dal suo proprietario. Il sito del gruppo di avvocati ha cambiato dominio, da Nationsinaction.org a Italy-did-it.com, continuando a sostenere la teoria del complotto.

Nel comunicato degli avvocati veniva linkato un articolo tradotto dall’italiano all’inglese dove si riportavano le fantomatiche teorie diffuse da un sito italiano. Il file PDF della traduzione presentava nei metadati il nome di Michele Roosevelt Edwards, lo stesso nome della presidente di Usaerospace Partners intervenuta il 24 giugno 2020 presso la Commissione Trasporti in merito alla manifestazione di interesse presentata per Alitalia. Il file è stato rimosso e Google ci fornisce la seguente motivazione: «Spiacenti. Non puoi accedere a questo elemento perché vìola i nostri Termini di servizio».

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