Scontro sul Ddl Zan, effetto Draghi: il Vaticano pronto ad abbassare i toni. Verso un compromesso sulle scuole private
Lo Stato italiano è autonomo. E lo è anche nei confronti della Santa Sede. Ieri, durante il suo intervento al Senato, il presidente del Consiglio Mario Draghi, dopo la nota del Vaticano sul Ddl Zan, ha delimitato chiaramente i confini tra Stato e Chiesa. «L’Italia – ha dichiarato – è uno Stato laico, non confessionale, e quindi il Parlamento è libero di discutere». Una risposta, quella di Draghi, di cui la Santa Sede era stata preventivamente avvertita. E a cui Draghi ha voluto mandare un ulteriore messaggio. Pur ribadendo la laicità dello Stato, Draghi ha in qualche modo assicurato, con toni più conciliatori, «che il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per assicurare che le leggi rispettino sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il concordato con la Chiesa». Citando inoltre, una sentenza della Consulta del 1998, Draghi ha anche chiarito che «la laicità non è indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso, la laicità è tutela del pluralismo e delle diversità culturali».
La Chiesa abbassa i toni
Una mediazione recepita in qualche modo anche dalla Segreteria di Stato vaticana che – secondo La Stampa – sarebbe pronta ad abbassare i torni. Dal Vaticano non ci sarebbe l’intenzione di impugnare veramente il Concordato., ma di arrivare a un punto di incontro sul nodo delle scuole private e e delle iniziative per la Giornata nazionale contro l’omofobia. Il tutto, avverrà dietro le quinte, con contatti tra il governo e la Santa Sede. Contatti che in realtà c’erano già stati nei mesi precedenti. Già ad aprile, durante le celebrazione dei Patti Lateranensi dello scorso aprile – riporta la Repubblica – la Santa Sede aveva sollevato i dubbi sulla parte inerente alle scuole avviando colloqui con il ministro degli Esteri Luigi di Maio. Da cui sarebbe emerso però un confronto poco fruttuoso.
Lo stallo del Ddl Zan al Senato
Intanto, mentre il dibattito sul Ddl Zan è destinato a polarizzarsi ulteriormente, il Senato non è riuscito a trovare una data per portare in aula il disegno di legge, con M5S-Pd-Leu e Iv che chiedevano di fissare un giorno sul calendario, e Lega e Fratelli d’Italia indirizzati verso uno stop. La calendarizzazione sarà quindi votata in Aula il 6 luglio.
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