Omotransfobia, è il giorno della verità. Zan: «Italia Viva ha voluto l’identità di genere. Perché torna indietro?» – L’intervista

Oggi si tenterà una mediazione, voluta dal partito di Renzi, eliminando i punti più controversi del Ddl. Ma il deputato del Pd ricorda che furono proprio due esponenti di Italia Viva a introdurre il concetto di identità di genere nel Ddl

Prima il tavolo con i capigruppo, alle 11, poi il voto in Aula, alle 16.30, per calendarizzazione della norma. Oggi, martedì 6 luglio, è il giorno decisivo per conoscere il destino del ddl Zan, la prima legge in Italia che riconosce le aggravanti nei reati di discriminazione e violenza per motivi relativi alla disabilità, al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Ed è proprio su quest’ultima categorizzazione che sono arrivate molte critiche alla norma che porta il nome del deputato del Pd, Alessandro Zan. Open lo ha intervistato nella giornata in cui i senatori decideranno se spianare la strada al disegno di legge, oppure continuare a cercare mediazioni che rischiano di ritardare, e forse accantonare per sempre in questa legislatura, l’approvazione della norma.


Zan, perché è importante conservare nella legge il concetto di identità di genere, quello che lo stesso Renzi ha chiesto di stralciare dal testo?


«L’identità di genere non è un concetto, è un diritto umano fondamentale già presente nel nostro ordinamento, riconosciuto da sentenze della Corte Costituzionale e da trattati internazionali che l’Italia ha sottoscritto, come la Convenzione di Istanbul. Conservare questa definizione è necessario per rispettare il principio di tassatività della norma penale: è uno strumento che si dà alla magistratura per perseguire i crimini non solo contro le persone trans, ma anche, ad esempio, contro la comunità non-binary o intersex. Per questo “identità transessuale” risulterebbe limitante e discriminatoria. La questione del self-id con questa legge non c’entra nulla, è una fake news delle destre».

Lei stesso è stato firmatario della legge che porta il nome del deputato di Italia Viva, Ivan Scalfarotto. Perché, adesso, ritiene che non ci si possa più accordare per recuperare quel testo?

«Il punto è che ci siamo già accordati un anno fa: il testo di Ivan Scalfarotto è confluito nel testo base del ddl Zan, superando quella terminologia per arrivare a quella approvata anche da Italia Viva alla Camera. Ho sottoscritto la proposta di Scalfarotto perché l’obiettivo era il medesimo, ben consapevole che poi il Parlamento è il luogo dove arrivare a un’evoluzione del testo stesso. Dirò di più: la definizione di identità di genere è stata inserita nel ddl Zan proprio da un emendamento di Lucia Annibali, deputata di Italia Viva, che ha fatto un lavoro straordinario, su richiesta della ministra Bonetti. Perciò dico che queste proposte di modifica ora sono insostenibili, in primis da parte loro».

A questo punto, è meglio andare alla conta dei voti in Senato rischiando di non veder passare il ddl e attribuendo la responsabilità della bocciatura agli ex compagni del Pd, ora in Italia Viva?

«Va ristabilita un pò di chiarezza: con i voti di Italia Viva la maggioranza c’è e il ddl Zan diventa legge dello Stato. Ps, M5s, Leu e Autonomie sono compatti e chiari, Italia Viva faccia lo stesso, rispetti gli accordi presi e il Senato approverà la legge. Non siamo noi a volerla attribuire, sono loro che si devono assumere la responsabilità di votare un testo che hanno già contribuito ad approvare in un ramo del parlamento».

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