Haiti, alcuni sospettati per l’omicidio del presidente sono ex informatori degli Stati Uniti

Gli inquirenti stanno cercando di capire come sia stato possibile entrare senza ostacoli nella residenza privata del capo dello Stato

Erano informatori di agenzie investigative degli Usa alcuni dei sospettati coinvolti nell’assassinio di Jovenel Moise. La notizia, riportata dalla Cnn e dal Miami Herald, cita fonti informate dell’inchiesta sull’omicidio del presidente di Haiti avvenuto lo scorso 7 luglio. Gli occhi di chi sta seguendo il caso ora sono puntati su Miami, dove sembra che sia stata elaborata la prima parte del piano. La Dea, l’agenzia anti droga americana, ha confermato questa versione, spiegando che almeno uno degli arrestati è stato «in passato una fonte confidenziale» dell’agenzia. Un particolare che all’interno della narrazione non è da sottovalutare: al momento dell’attacco della residenza del presidente, i 28 componenti del commando hanno urlato più volte Dea, facendo credere che si trattasse di un’operazione anti droga. L’informatore avrebbe addirittura contattato un agente della Dea dopo l’omicidio: nella dichiarazione della Dea si legge che «l’agente responsabile di Haiti lo ha esortato a presentarsi alle autorità locale e, insieme ad un funzionario del dipartimento di Stato, fornire le informazioni che hanno permesso l’arresto del sospetto e di un altro individuo». Sempre secondo quanto riportato dai media Usa, un altro sospetto ha lavorato come informatore dell’Fbi. Interpellata, l’agenzia federale non ha voluto rilasciare commenti.


Le indagini

Intanto proseguono le indagini. In queste ore gli inquirenti stanno cercando di capire come sia stato possibile entrare senza apparenti ostacoli nella residenza privata del capo dello Stato, torturarlo (come paiono dimostrare i referti) e ucciderlo con dodici colpi d’arma da fuoco, senza che nessuna guardia del corpo sia risultata ferita.


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