Green pass, i ristoratori possono controllare il documento di identità. Lo dice il Viminale: «Verifiche in caso di incongruenze»

Gli esercenti potranno richiedere un documento d’identità a certe condizioni, ma verranno tutelati dalla sanzione in assenza di evidente colpevolezza di un mancato controllo

Durante una conferenza stampa del 9 agosto 2021, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese aveva dichiarato che «i titolari non potranno richiedere la carta d’identità» all’atto di verifica del Green pass. In un’intervista a La Stampa, ospite del programma 30 minuti al Massimo, sosteneva che «nessuno ha chiesto loro di chiedere il documento d’identità» e che sarebbe stata pubblicata in seguito una circolare del Viminale per dei chiarimenti. Quest’ultima, pubblicata la sera del 10 agosto, smentisce la stessa ministra: i ristoratori non sono obbligati a chiedere il documento d’identità, ma possono farlo «quando appaia manifesta l’incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione» e nonostante non siano pubblici ufficiali.


Nella circolare vengono confermati i riferimenti al Dpcm del 17 giugno 2021, come previsto dai decreti emanati per l’attuazione delle certificazioni verdi. L’articolo 13, al comma 4, riporta proprio questa esigenza e non obbligo nei confronti dei ristoratori di richiedere un documento d’identità. Come avevamo detto nel precedente articolo, l’unico obbligato è il titolare (o presunto tale) del Green pass controllato dal verificatore e solo su richiesta di quest’ultimo.


In merito all’applicazione del citato comma 4, giova ribadire che la verifica dell’identità della persona in possesso della certificazione verde ha natura discrezionale ed è rivolta a garantire il legittimo possesso della certificazione medesima.

Che cosa cambia con la circolare del Viminale? A parte ribadire ciò che era già stato detto, il punto fondamentale riguarda le sanzioni.

Secondo quando dettato dal Viminale, qualora si accerti la non corrispondenza fra il possessore del Green pass e l’intestatario dello stesso, la sanzione verrà applicata nei confronti dell’avventore, mentre nel caso dell’esercente nel caso si riscontrino palesi responsabilità.

Qualora si accerti la non corrispondenza fra il possessore della certificazione verde e l’intestatario della medesima, la sanzione di cui all’art.13 del citato decreto-legge n.52/2021 risulterà applicabile nei confronti del suo avventore, laddove non siano riscontrabili palesi responsabilità anche a carico dell’esercente.

Risulta evidente che se viene fornito un Green pass valido da un cliente abituale, il ristoratore non necessita di identificarlo. Invece, se il 50enne Mario Rossi si presentasse con una certificazione verde del 20enne Marco Verdi il titolare del locale può richiedere un documento d’identità. A seguito di un controllo di un pubblico ufficiale si riscontrasse che Mario Rossi sia entrato nel locale al chiuso con il Green pass di Marco Verdi, il ristoratore verrà sanzionato in quanto non ha verificato la corretta titolarità di fronte a una palese differenza di età.

Il presunto titolare del Green pass potrebbe sostenere che la circolare evidenzi la discrezionalità del secondo controllo da parte del verificatore, rifiutandosi di fornire un documento d’identità. Sarà responsabilità del ristoratore decidere il da farsi, se non permettergli l’ingresso nel locale o rischiare che a un controllo degli agenti di Polizia venga rivelata sia la falsa attestazione che la palese responsabilità dell’esercente.

Una situazione che, di fatto, non garantisce sicurezza di fronte ai furbetti che potrebbero trarre in inganno il ristoratore. La circolare serve a tutelare quest’ultimo nel caso, a prima vista, non ritenga necessario verificare la titolarità del Green pass che potrebbe essere stato dato in prestito da qualcuno a un suo coetaneo.

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