Il ban di Facebook, l’ok di Twitter, i video di propaganda: come si muovono i talebani sui social

Il paradosso è già stato ripreso da tanti utenti: gli “studenti di religione” sono su Twitter, Trump è stato bannato. Ma forse hanno semplicemente imparato a muoversi meglio

Boris Johnson, 15 agosto: «Non vogliamo che nessuno riconosca i talebani». Boris Johnson, 17 agosto: «Riconosceremo i talebani se rispetteranno gli standard su diritti umani e inclusione». I poco meno di 48 ore il primo ministro del Regno Unito ha discretamente cambiato idea su come la comunità internazionale dovrà relazionarsi al nuovo governo dell’Afghanistan. Non è difficile pensare che questo tema sia finito sull’agenda di diversi vertici internazionali, a partire dal G7 fissato proprio per discutere di cosa fare con Kabul. Mentre i governi decidono però le Big Tech si sono già schierate.


I talebani sui social network

Facebook è stato netto. I talebani che ora hanno conquistato il potere in Afghanistan non fanno parte del Foreign Terrorist Organizations (Fto), la lista stilata da Washington in cui compaiono tutte le organizzazioni riconosciute come terroristiche. Gli Stati Uniti li considerano comunque Specially Designated Global Terrorist, un’etichetta che genera delle limitazioni come l’impossibilità di lavorare con le aziende registrate nel Paese. Per questo Menlo Park ha decisono che i talebani non possono utilizzare i suoi social network. Oltre a Facebook il nuovo governo afgano è stato bandito anche da Instagram e WhatsApp, anche se nell’app di messaggistica il controllo dei contenuti è più difficile.


Su Twitter si è aperto un paradosso. Il profilo ufficiale del portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid mentre quello di Donald Trump è ancora oscurato dopo aver ricevuto una sentenza di «sospensione definitiva» dalla piattaforma. Al momento l’account di Mujahid conta oltre 320 mila follower. Sull’attenti anche YouTube che per il momento non ha trovato canali ufficiali da bannare come spiega in una nota: «Se individuiamo un account ritenuto di proprietà e gestito dai talebani afghani, lo chiudiamo. Inoltre, le nostre norme vietano i contenuti che incitano alla violenza».

Su TikTok il numero di contenuti con l’hashtag Afghanistan ha superato i 10 miliardi. La piattaforma però accetta i video con immagini di violenza o che richiamano alla guerra solo se hanno una valutazione di tipo giornalistica. Abbiamo fatto una prova caricando su un account il video dei talebani che festeggiavano al luna park dopo la presa di Kabul. Dopo una manciata di minuti il video è stato oscurato per «contenuto grafico violento».

Parola chiave «sicurezza»

Secondo l’analisi pubblicata da Open Signal, nel 2020 l’Afghanistan era il 99° Paese al mondo per connettività mobile. Meglio di Iraq ma peggio di Algeria, El Salvador e Tanzania. Qui internet è arrivato tardi e è arrivato poco. Eppure è arrivato e questo ha costretto i talebani a cambiare il loro approccio alla tecnologia. A spiegarlo al Washington Post è Rita Katz, direttore esecutivo di Site Intelligence Group: «I talebani di oggi sono immensamente esperti di tecnologia e social media, niente a che vedere con il gruppo di 20 anni fa».

Secondo Kanz gli account ufficiali dei talebani sarebbero ancora attivi su Twitter semplicemente perché avrebbero imparato ad utilizzarli bene, a differenza di Trump. «I talebani – spiega Kanz – stanno chiaramente rispettando i binari per quanto riguarda le politiche sui contenuti dei social media e non stanno ancora attraversando i confini delle politiche che Trump ha violato».

In base ai dati raccolti dal think thank Atlantic Council, i talebani erano in grado di muoversi su Twitter già nel 2011. Nel 2014 sono arrivati su Telegram e dal 2019 hanno cominciato a diffondere i loro messaggi sfruttando gli hashtag. Al momento i loro account ufficiali su Twitter riflettono una comunicazione molto ingessata. Il profilo di Zabihullah Mujahid pubblica comunicati stampa e brevi video in cui si chiede ai passanti cosa ne pensano del nuovo governo del Paese. La parola che ritorna di più nelle descrizioni di queste clip è «sicurezza».

Fra gli account ufficiali c’è anche quello di Suhail Shaheen, portavoce per i media internazionali. Anche lui punta a una comuncazione formale che garantisce soprattutto stabilità e continuità con la diplomazia del passato recente: «Assicuriamo a tutti gli organi diplomatici e alle associazioni di volontariato un ambiente sicuro dove lavorare. Insallah».

Fuori dalla cerchia ufficiale, i video dei talebani che superano il filtro dei social per contenuti violenti raccontano gli aspetti più improbabili della marcia di conquista degli ultimi giorni. Circolano video di talebani che si muovono sugli autoscronti, prendono gelati altri dieci centimentri o saltano sui tappeti elastici. E forse questo può cambiare anche il modo in cui noi li percepiamo. Tutti i filtri sui contenuti inseriti sui social network rischiano di trasmetterci un’immagine distorta del nuovo volto del potere in Afghanistan?

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