Afghanistan, domani il G7 straordinario. I talebani: «Non saremo una democrazia»

Il G7 sull’Afghanistan sarà riunito domani pomeriggio in formato virtuale. Intanto i talebani mettono le cose in chiaro: altro che democrazia, si applicherà solo la legge della Sharia. Ecco come potrebbe essere il loro nuovo governo

Dopo la presa di Kabul, nella prima conferenza stampa dopo la conquista della capitale dell’Afghanistan, il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, ha assicurato che «non ci sarà alcuna vendetta», e che «le donne potranno partecipare alla vita sociale e potranno andare a scuola purché si attengano alla legge islamica della Sharia». «Dopo 20 anni di lotta – ha proseguito – abbiamo liberato il Paese ed espulso gli stranieri. È un momento di orgoglio per l’intera nazione». Ma non tutta la comunità internazionale crede a queste parole. Sono ancora in molti, nel Paese, a tentare la fuga. Al contempo, molte donne si sono rinchiuse in casa, terrorizzate dal ritorno degli estremisti islamici. Ma non manca anche chi ha deciso di scendere in piazza e protestare, come accaduto a Jalalabad, dove centinaia di giovani sono scesi in piazza sventolando la bandiera afgana in segno di protesta contro l’avanzata dei talebani. E la risposta alle proteste è stata violenta, con spari sulla folla, che hanno ucciso almeno tre civili e ferito decine di persone. Tra l’altro, le ultime parole pronunciate da un alto esponente dei talebani, Waheedullah Hashimi, in un’intervista alla Reuters, non lasciano ben sperare: «Non ci sarà alcun sistema democratico – ha detto Waheedullah Hashimi – perché non ha alcuna base nel nostro Paese. Non discuteremo quale tipo di sistema politico dovremmo applicare in Afghanistan perché è chiaro. È la legge della Sharia e basta».


Come potrebbe essere il nuovo governo dei talebani

Secondo le prime ricostruzioni, l’Afghanistan potrebbe essere governata da un consiglio di governo mentre il leader del movimento, Haibatullah Akhundzada, potrebbe rimanere al comando dalle retrovie. A dirlo, alla Reuters, è Hashimi, membro anziano del gruppo che ha comunque accesso al processo decisionale dei talebani. La struttura di potere da lui delineata sarebbe molto simile a quella con cui i talebani guidarono il Paese dal 1996 al 2001. Quindi come funzionerà? Cosa potrebbe accadere nelle prossime settimane? La gestione quotidiana del Paese dovrebbe passare nelle mani del consiglio di governo mentre il leader supremo mullah Omar, fondatore del movimento, resterebbe nell’ombra. Akhundzada sarebbe una sorta di presidente del Paese, dunque al di sopra del capo del consiglio, mentre nel direttivo potrebbero figurare Mawlavi Yaqoob, figlio del mullah Omar, Sirajuddin Haqqani, leader della potente rete Haqqani, e Abdul Ghani Baradar, che dirige l’ufficio politico dei talebani a Doha.


Domani G7 sull’Afghanistan, a Fiumicino volo con 85 afghani

ANSA/TELENEWS | Il colonnello Diego Antonio Giarrizzo del Comando operativo di vertice interforze, a Fiumicino in attesa del secondo volo dalla capitale afghana, Roma, 18 agosto 2021

L’aereo dell’Aeronautica Militare con 85 collaboratori afgani a bordo proveniente dal Kuwait – dopo il trasferimento da Kabul – è atterrato a Fiumicino intorno alle 16.20. Domani, invece, alle 14.30 si terrà il G7, riunito in formato virtuale, sull’Afghanistan. Parteciperà, in collegamento dalla Farnesina, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

L’Ue chiede più attenzione alle donne e più impegno sui reinsediamenti

La commissaria Ue, Ylva Johansson, ha chiesto un maggiore impegno dell’Ue invitando gli Stati membri «a intensificare il loro impegno sul reinsediamento, ad aumentare le quote per aiutare coloro che necessitano di protezione internazionale e ad offrire percorsi legali complementari». «Per me – ha detto – è molto chiaro che le donne e le ragazze afgane si trovano in una situazione particolarmente pericolosa: dare la priorità al reinsediamento rispetto ai percorsi irregolari ha anche una chiara dimensione di genere. La Commissione è pronta ad aiutare nel coordinamento tra gli Stati e fornire il necessario sostegno finanziario aggiuntivo». «L’instabilità in Afghanistan – ha concluso – rischia di portare a un aumento della pressione migratoria. Ci stiamo quindi preparando per tutti gli scenari».

Parla (e si difende dalle accuse) l’ex presidente afghano Ghani

FACEBOOK | L’ex presidente afghano Ghani

L’ex presidente afghano Ashraf Ghani, fuggito nei giorni della presa di Kabul, è negli Emirati Arabi Uniti insieme alla sua famiglia. A darne notizia è il ministero degli Esteri emiratino, citato da Sky News. «Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale degli Emirati Arabi Uniti può confermare che gli Emirati Arabi Uniti hanno accolto il presidente Ashraf Ghani e la sua famiglia nel paese per motivi umanitari». Intorno alle 19 (ora italiana), Ghani «ha parlato alla nazione» sostenendo che chi pensa che sia fuggito in fretta e furia dall’Afghanistan non dovrebbe giudicarlo se non conosce tutti i dettagli della sua fuga. In diretta streaming su Facebook, ha parlato per la prima volta ai suoi concittadini da quando è fuggito dal Paese in seguito alla presa di Kabul da parte dei talebani. Nel corso del videomessaggio ha smentito le voci secondo cui avesse preso molti soldi prima di lasciare il palazzo presidenziale. Ha parlato di «bugie prive di fondamento».  Secondo quanto detto dall’ambasciatore dell’Afghanistan in Tagikistan, Mohammad Zahir Aghbar, infatti, Ghani avrebbe lasciato il Paese portando con sé l’equivalente di 169 milioni di dollari sottratti alle casse dello Stato. Lui sostiene, invece, che sia tutto falso.

Intanto il figlio del comandante Massoud, leggendario leader della lotta ai talebani, Ahmad, in uno scritto pubblicato dal Washington Post, ha dichiarato: «Sono in Panjshir, con combattenti pronti di nuovo contro i talebani. Abbiamo tante armi, che abbiamo immagazzinato negli anni sapendo che questo giorno poteva arrivare». E ancora: «Abbiamo anche le armi di chi si è unito a noi nelle ultime 72 ore, e i soldati dell’esercito che hanno rifiutato di arrendersi».

Abbattuta a Bamiyan la statua di Abdul Ali Mazari

La statua di un eroe sciita anti talebano di etnia hazara, Abdul Ali Mazari, ucciso dai talebani nel 1996, è stata abbattuta a Bamiyan. Si tratta di un ex leader politico Hazara, la minoranza sciita in Afghanistan che aveva combattuto contro di loro durante la guerra civile negli anni Novanta. Nella stessa zona, nel 2001, i talebani fecero saltare in aria due sculture del Buddha risalenti a 1.500 anni fa.

Herat, le ragazze tornano a scuola

Per ora, a Herat, le ragazze sono tornate a scuola. Come riportato da Al Jazeera, ragazze in hijab e tute nere hanno ripreso le lezioni. Ma il futuro del Paese le cose restano incerte: secondo l’interpretazione più intransigente della legge islamica – imposta dai talebani quando controllavano l’Afghanistan negli anni Novanta -, le ragazze non possono ricevere un’istruzione che non sia quella religiosa.

La posizione dell’Unione Europea e dell’Italia

Intanto, sul fronte diplomatico, l’Unione Europea guarda con preoccupazione alla situazione umanitaria in Afghanistan. Ieri, a margine del vertice straordinario del Consiglio Affari esteri dell’Unione Europea, i ministri degli Esteri dell’Ue hanno ribadito che «L’Unione Europea chiede l’immediata cessazione di ogni violenza, il ripristino della sicurezza e dell’ordine civile e la protezione e il rispetto della vita, della dignità e dei beni dei civili in tutto l’Afghanistan». Al contempo, hanno lanciato un monito: «L’Europa presterà massima attenzione a quegli afgani la cui sicurezza potrebbe essere ora in pericolo a causa del loro impegno per i nostri valori comuni», esprimendo altresì «profonda preoccupazione per le segnalazioni di gravi violazioni e abusi dei diritti umani».

Il presidente Mario Draghi, invece, in un’intervista al Tg1, ha delineato gli obiettivi da perseguire a seguito dell’aggravarsi della situazione umanitaria in Afghanistan: «Siamo tutti consapevoli che la cooperazione è assolutamente necessaria per affrontare due obiettivi: l’accoglienza e la sicurezza». Un ruolo chiave in questo scenario lo avranno i Paesi del G20, il cui ruolo di presidenza è attualmente ricoperto dall’Italia, che «è pienamente impegnata nel predisporre e nel costruire una sede appropriata per questa collaborazione» per «la difesa dei diritti fondamentali, di difesa dei diritti delle donne, di protezione di tutti coloro che si sono esposti in questi anni nella difesa di questi diritti in Afghanistan».

Johnson: «Giudicheremo i fatti dei talebani»

A margine del dibattito straordinario in corso alla Camera dei Comuni a Westminster, il primo ministro britannico Boris Johnson ha dichiarato che il Regno Unito farà «tutto il possibile per prevenire una crisi umanitaria» in Afghanistan dopo l’avanzata dei talebani, con l’impegno di «sostenere» gli afghani in fuga che negli ultimi anni hanno collaborato con l’Occidente. Il governo britannico si è impegnato a offrire asilo a 20.000 afgani in fuga dal Paese. 5.000 entro la fine del 2021, e gli altri 15mila nel 2022.

Il primo ministro britannico, alla luce delle ultime dichiarazioni dei talebani, ha esortato l’intera comunità internazionale «a non riconoscere in modo prematuro e bilaterale» il gruppo che ha ripreso il potere in Afghanistan. «Giudicheremo questo regime dai fatti, non dalle parole – ha assicurato il Pm britannico – Li giudicheremo dai loro atteggiamenti nei confronti del terrorismo, della criminalità e della droga, nonché dell’accesso umanitario e del diritto delle ragazze a ricevere un’istruzione»

Fonte video: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

Consiglio d’Europa: «Gli Stati accolgano i rifugiati»

«Gli Stati membri del Consiglio d’Europa dovrebbero permettere ai civili che fuggono dall’Afghanistan di poter accedere ai loro territori e assicurare che non siano respinti». È quanto richiesto da Rik Daems, presidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, in una dichiarazione in cui esorta inoltre i Paesi «ad agire con responsabilità e coerenza al fine d’assicurare che i progressi ottenuti in Afghanistan in questi ultimi 20 anni nel far avanzare la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto, non vengano smantellati».

Foto in copertina: EPA/STRINGER

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