Incendio a Milano, le testimonianze dei condomini ai pm: «L’allarme non ha suonato»

Com’è possibile che il palazzo sia stato divorato dalle fiamme in pochi minuti? Come mai le scale d’emergenza erano piene di fumo così come alcuni piani? I pm vogliono vederci chiaro. Il punto sull’inchiesta

Mentre i vigili del fuoco sono ancora sul posto, con due squadre, per mettere in sicurezza quanto resta del grattacielo di 18 piani di via Antonini a Milano andato in fiamme domenica scorsa, i pm indagano e cercano di fare chiarezza su quanto accaduto. Com’è possibile che un palazzo così imponente sia stato divorato dalle fiamme? Cosa non ha funzionato? In queste ore si stanno ispezionando alcuni appartamenti e monitorando la messa in sicurezza dello stabile. Finché non saranno ultimate queste operazioni, non si potrà accedere. Ed è da quel momento che chi indaga potrà capire ancora meglio quali siano state le conseguenze di un fatto che poteva trasformarsi in tragedia. A salvare gli inquilini, compreso il cantante Mahmood, l’allarme lanciato da alcuni residenti che, accorgendosi in tempo del pericolo, hanno invitato tutti a scappare via e hanno chiamato i soccorsi, intervenuti subito. Dalle testimonianze raccolte finora nell’inchiesta della Procura è emerso che i condomini non hanno sentito suonare alcun allarme antincendio quando si sono accorti dall’odore e dal fumo che le fiamme stavano divampando nel palazzo. Dunque, al momento, secondo gli inquirenti, è evidente che l’allarme sonoro non avrebbe funzionato.


I dubbi dei pm sui materiali della facciata

Il video che mostra i primi momenti dell’incendio al grattacielo di via Antonini a Milano

I pannelli di rivestimento dello stabile sono «bruciati come cartone», queste le parole usate dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano che coordina le indagini insieme al pm Pasquale Addesso. Quello che più stupisce è che il rogo si sia propagato in maniera così «rapida e imponente» al punto da avvolgere la facciata in meno di 15 minuti trasformando un «normale» incendio in un appartamento, al quindicesimo piano, in una tragedia scampata. Come ricostruisce il Corriere, le bocchette tra il quinto e il decimo piano non avrebbero erogato acqua, o almeno così sostengono alcuni residenti. Persino i vigili del fuoco, entrati subito nella struttura, non hanno potuto usare l’impianto interno, in parte fuori uso. Come mai, poi, le scale d’emergenza erano piene di fumo così come alcuni piani? L’impianto di areazione e le porte tagliafuoco non avrebbero dovuto evitarlo? Stupisce anche il modo innaturale, dall’alto verso il basso, con cui si sono propagate le fiamme sulle due facciate esterne del palazzo. Una circostanza che lascia pensare a un combustile. Il rivestimento del palazzo ha agito come benzina.

Le fiamme partite da un appartamento vuoto

Su una cosa non ci sono dubbi: le fiamme sono partite dal quindicesimo piano, da un appartamento chiuso. I proprietari erano in vacanza in Sicilia, a Siracusa, da due settimane e l’ultimo a entrare in quella casa era stato il portiere, circa 5 giorni fa, per annaffiare le piante. C’erano dispositivi accessi o in carica che potrebbero aver provocato un cortocircuito? Si ipotizza che a causare il disastro potrebbe essere stato il motore del condizionatore, una batteria lasciata in carica e surriscaldata o, più banalmente, una lampada. Non ci sono dubbi, però, sulla matrice accidentale delle fiamme. I pm, dunque, stanno concentrando le indagini sulla proprietà e sull’impresa, la Moro costruzioni, e sulla Saint Gobain di Pisa che ha realizzato il rivestimento. L’obiettivo è quello di dare un nome al materiale usato per riempire i pannelli delle facciate: era quello più adatto? Inoltre, sono stati usati isolanti e schiume? E che tipo di vernice è stata utilizzata per la facciata? I rivestimenti «non dovevano bruciare così», continuano a ripetere i magistrati. I danni, infatti, sono ingenti, per fortuna alcune case si sono salvate, in altre sono rimasti intatti almeno gli oggetti personali. Gli inquilini, trasformati in sfollati in 15 minuti, sono disperati: c’è chi è ospitato da amici e parenti, chi in albergo, chi ancora in un residence. Intanto, però, hanno perso tutto: Sam Nabi, 32 anni, il primo inquilino che, insieme alla fidanzata ha dato l’allarme facendo scappare via i condomini, confessa oggi al Corriere che così è stata «cancellata gran parte della sua vita».

Foto in copertina: ANSA/MATTEO CORNER

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