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Battiston: «Più coraggio sul Green pass a scuola: chi ce l’ha non dovrebbe fare la quarantena» – L’intervista

15 Settembre 2021 - 13:18 Felice Florio
La proposta del fisico è netta: bisogna sfruttare la certificazione verde e trattare diversamente gli studenti che ce l'hanno da quelli che non ce l'hanno

«Verso fine mese capiremo se le scuole, in condizioni diverse rispetto all’anno precedente grazie ai vaccini ma con la predominanza della variante Delta, causeranno una ripresa dei contagi». Roberto Battiston, osservatore delle dinamiche di diffusione dell’epidemia, predica cautela nelle valutazioni sul ritorno a scuola degli studenti. Convinto, però, che si sarebbe dovuto fare uno sforzo maggiore in due ambiti: «Lo strumento del Green pass non è stato applicato a dovere nella realtà scolastica. Chi ce l’ha dovrebbe essere trattato diversamente da chi ne è sprovvisto, invece se in aula viene individuata una positività, a subire la Dad è l’intera classe», primo. L’altro aspetto è quello dell’areazione meccanica nelle scuole: «Avrei voluto vedere più investimenti. La mancanza di sistemi meccanici di ricambio dell’aria, soprattutto con l’avvicinarsi della stagione fredda e con l’impossibilità di lasciare aperte le finestre, costituisce un fattore di rischio», dice a Open il professore di Fisica all’Università di Trento, esperto di matematica del Coronavirus.

Battiston, a cosa andiamo incontro con il ritorno a scuola di oltre 8 milioni di studenti?

«È necessario fare prima un ragionamento su ciò che è successo in estate. Di fronte alla variante Delta, che sappiamo essere contagiosa quanto il morbillo e che in Inghilterra, Francia e Spagna ha portato ad avere un’ondata epidemica grande come quella dell’anno scorso con picchi di infetti di 30 mila persone al giorno, la notizia vera è che l’Italia è il Paese europeo che tra i grandi ha risposto meglio a questa minaccia. Da noi, il valore medio settimanale dei contagi non ha superato mai la cifra di 6.500. Nonostante la variante Delta abbia iniziato a evidenziarsi dai primi giorni di luglio, a due mesi e mezzo possiamo dire che ha fatto sviluppare un’ondata dieci volte meno intensa rispetto alla seconda ondata dello scorso anno, per velocità e per numero di ingressi negli ospedali. Perché? Probabilmente è dovuto al fatto che siamo arrivati quasi all’80% della popolazione vaccinata, usiamo le mascherine in tutti i luoghi chiusi e le persone adottano meccanismi di controllo che altri Paesi come l’Inghilterra non hanno implementato. Aggiungiamoci all’uso diffuso di mascherine le altre regole come il distanziamento e il bel tempo che permette di vivere di più gli spazi aperti, ed ecco l’Italia risulta il grande Paese europeo che sta contrastando meglio la variante Delta».

In questo contesto, però, la ripresa della didattica in presenza costituisce un fattore di rischio.

«Sì, ma lo affrontiamo con numeri buoni: a giugno gli infetti erano circa 40 mila, adesso siamo a 120 mila ma da tre settimane i dati sono in miglioramento. Anche in Sicilia e Sardegna, regioni maggiormente colpite. Certo, con la mobilità delle studenti, aumentano anche le occasioni di incrocio tra famiglie diverse. Ci aspettiamo una ripartenza dell’epidemia, ma senza essere esposti come l’anno scorso: abbiamo un Paese sostanzialmente vaccinato, con 10 milioni di persone rimanenti che sono vaccinabili e non l’hanno ancora fatto. Strumenti come il Green pass servono a convincerle. Dispiace però che proprio il certificato non sia stato applicato a dovere nella realtà scolastica. Chi ce l’ha dovrebbe essere trattato diversamente da chi ne è sprovvisto, invece se in aula viene individuata una positività, a subire la Dad è l’intera classe. Avrei voluto vedere anche più investimenti per l’areazione delle scuole. La mancanza di sistemi meccanici di ricambio dell’aria, soprattutto con l’avvicinarsi della stagione fredda e con l’impossibilità di lasciare aperte le finestre, costituisce un fattore di rischio rilevante».

Dividiamo le attività relative al mondo scuola in due momenti: il tragitto verso gli istituti e ciò che attiene alla didattica in senso stretto. Qual è il momento più pericoloso per il controllo dell’epidemia?

«Teniamo presente che il contagio da variante Delta, tra due persone che non hanno la mascherina e sono poco distanziate, avviene in qualche minuto di compresenza. Come per il morbillo e la scarlattina, quando un bambino contrae la variante Delta e senza misure di precauzione, è probabile che tutta la classe si ammali in un nulla. Vero che la situazione in aula può essere controllata più agevolmente rispetto a quella sui mezzi di trasporto. Ma anche qui occorre fare un distinguo tra i trasporti che durano un quarto d’ora, all’interno di una città, e gli studenti delle valli trentine che, ad esempio, devono farsi un’ora di autobus per raggiungere la scuola. Purtroppo, il trasporto regionale non ha avuto le accortezze dei treni ad alta velocità o degli aerei, dove sono stati implementati sistemi di ricambio dell’aria abbastanza efficienti. Eppure il virus si comporta allo stesso modo, sia che viaggi in alta velocità, sia che si sposti nella cabina di un regionale. Insistere per implementare sistemi di areazione sui trasporti locali e nelle aule: questo è il primo suggerimento. Il secondo riguarda il Green pass: sebbene noti con piacere che c’è un approccio meno ideologico della politica al tema scuola, bisogna sfruttare il Green pass e trattare diversamente gli studenti che ce l’hanno e chi no. È sbagliato mandare tutta la classe in quarantena allo stesso modo. E guardate, dare regole diverse a chi non ha il Green pass non è discriminatorio: separare le due categorie protegge anche chi non è vaccinato, riducendo il numero assoluto degli incontri che può fare. Chi invece ha il Green pass, gioverebbe di maggiori libertà. Ci guadagnano tutti, usiamo il Green pass dappertutto. Terzo e ultimo suggerimento, visto che c’è meno ideologizzazione sulla questione Covid e mondo scolastico, facciamo il possibile per rendere i dati sulla scuola più trasparenti e fruibili da chi li usa per studiare il Covid».

«Mai più dad», ha detto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Anche lei ritiene che, alle condizioni attuali – campagna vaccinale a uno stato avanzato, capacità di tracciamento, conoscenza sulle dinamiche di trasmissione del Covid – non si tornerà più alla chiusura dell’intera scuola?

«Farei fatica a dire “mai più Dad” in termini assoluti, visto che abbiamo già qualche classe in Dad. Non penso che torneremo più a situazioni di chiusura totale di un plesso scolastico. Non dovrebbero esserci cluster estesi come in passato e non dovrebbe esserci una crescita delle curve epidemiche così violente ed estreme come un anno fa».

A dieci giorni dall’apertura delle scuole in Alto Adige, otto classi sono già in quarantena, in una provincia di soli 500 mila abitanti. Si aspetta situazioni analoghe nei prossimi giorni nelle altre regioni italiane?

«L’Alto Adige è una realtà che ha mostrato dinamiche molto peculiari sulla questione Covid, perché hanno adottato delle politiche autonome. E certo non è tra i territori migliori dal punto di vista del contagio con un’incidenza di 97 casi per 100 mila abitanti nell’ultima settimana. La media nazionale, invece, è pari a 55: per Bolzano e dintorni l’incidenza è quasi doppia. Anche l’indice Rt è ancora sopra la soglia dell’1: da luglio, non è mai sceso sotto quel limite. Questa situazione, abbastanza allarmante, rende più probabile che si sviluppino più cluster nelle scuole. Anche qui, se i ragazzi che hanno il Green pass non andassero in Dad nel caso di positività di un compagno, l’utilizzo del Green pass diventerebbe più significativo: darebbe una spinta in più alla campagna vaccinale dei ragazzi».

Eventi in presenza: lei, nei prossimi giorni interverrà, ad esempio, al Festival dell’innovazione e della scienza di Torino. Cosa differenzia queste manifestazioni, così come quelle sportive, dal mondo scuola per quanto concerne la trasmissione del virus?

«Se si tratta di manifestazioni all’aperto, la risposta si ha immediatamente. Ma anche in questi casi, se parliamo di eventi dove il numero di partecipanti è paragonabile a quello degli invitati a un matrimonio, andrebbe chiesto il Green pass senza remore. Se le persone stanno a distanza opportuna, sono vaccinate o a hanno un Green pass, non mi fa paura nemmeno uno stadio. Mi spaventano quei fenomeni sociali a cui partecipano componenti di persone eterogenee: non vaccinate, non rispettose delle norme igieniche, non tamponate e quindi ignare se infette poiché la variante Delta è contagiosa anche nei primi giorni, quando non si hanno sintomi. In una condizione del genere, la Delta riesce a infettare tantissime persone che poi portano il virus a casa propria e, crescendo proporzionalmente i contatti stretti, il tracciamento diventa ostico. Questo è molto pericoloso dal punto di vista epidemiologico. Per recuperare la situazione dopo un evento con cinquecento, mille persone in presenza senza tutte le precauzioni, bisogna mettere in moto un esercito di persone per il tracciamento e per le cure. Questi virus devono essere contrastati quando i cluster sono piccoli, essendo molto duri nel confinamento iniziale, nella quarantena».

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