Perché la condanna di Mimmo Lucano ha basi solide (e non punisce l’immigrazione clandestina)

Il dispositivo della sentenza che ha condannato l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano spiega perché la pena e così alta e quali sono le accuse ritenute dimostrate dai giudici di Locri

Perché Mimmo Lucano è stato condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere per il Sistema Riace? E perché il giudice ha raddoppiato la pena rispetto alle richieste del pubblico ministero? Mentre il caso dell’ex sindaco diventa politico e in attesa di leggere le motivazioni della sentenza è utile cercare di capire in base a quali ragionamenti il tribunale di Locri ha emesso la sentenza di 13 anni e due mesi di reclusione. Ovvero quasi il doppio rispetto alla richiesta della pubblica accusa, che aveva invocato per Lucano la condanna a 7 anni e 11 mesi. E l’ex sindaco dovrà restituire 500 mila euro riguardo i finanziamenti ricevuti dall’Unione europea e dal governo. Proprio in relazione a quel “modello Riace” per l’accoglienza ai migranti che aveva reso il borgo della Locride famoso in tutto il mondo.


La sentenza arriva a pochi giorni dal voto per le elezioni regionali. Lucano è capolista con “Un’altra Calabria é possibile” nelle tre circoscrizioni della regione a sostegno del candidato alla presidenza Luigi de Magistris. E, come spiega oggi Il Fatto Quotidiano, il dispositivo certifica che Lucano non ha favorito l’immigrazione clandestina. L’accusa di aver organizzato “matrimoni di comodo tra cittadini riacesi e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano” è stata ritirata dai pm. La condanna è arrivata per i reati contro la pubblica amministrazione, la pubblica fede e il patrimonio. Ovvero associazione per delinquere finalizzata a “commettere un numero indeterminato di delitti”, falso in atto pubblico e in certificato, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, abuso d’ufficio e peculato.


E qui c’è la prima tecnicalità da spiegare. I pubblici ministeri consideravano questi reati come “esecutivi di un medesimo disegno criminoso”, e in questi casi per calcolare la pena si prende la pena base (ovvero quella inflitta per il reato più grave) e la si aumenta fino al triplo. Il reato più grave tra quelli elencati è il peculato, che prevede una pena dai 4 ai 10 anni. I giudici hanno separato due “disegni criminosi”, raddoppiando le pene base e aumentando di conseguenza l’entità della condanna. Il reato di peculato riguarda 800mila euro e per questo ha prodotto 10 anni e 4 mesi di carcere. A questi vanno aggiunti altri 2 anni e 10 mesi per il secondo gruppo di reati, che comprende tre diverse condotte di abuso d’ufficio e il falso in certificato. Per aver rilasciato una carta d’identità a una cittadina nigeriana che non era residente a Riace. In più c’è un altro fattore. Ovvero la riqualificazione – fatta d’ufficio dai giudici – di uno degli abusi d’ufficio in truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Infine, c’è da segnalare che né a Lucano né agli altri 26 imputati sono state concesse le attenuanti generiche.

Il Fatto Quotidiano | Il dispositivo della sentenza

Il dispositivo della sentenza

Anche Franco Bechis sul Tempo oggi spiega che il dispositivo della sentenza della corte guidata dal giudice Fulvio Accurso nella sua decisione ha del tutto stravolto i capi di accusa dei pm.

Ha assolto Lucano dalla concussione e dal favoreggiamento di immigrazione clandestina rispettivamente per non avere commesso il fatto e perché i fatti non risultano. Poi ha identificato il reato più grave nel peculato (pena minima 4 anni), compiuto per 16 diversi fatti. In continuazione del reato in associazione per delinquere con altri (quindi la pena era aumentabile fino al triplo)- E per questo condannato Lucano a 10 anni e 4 mesi. Poi ha rideterminato il reato di abuso di ufficio in quello di “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche”. E per farla breve da questo arrivano altri 2 anni e 10 mesi.

E pure Marco Travaglio sul Fatto oggi spiega che al netto dei fatti contestati a lui e agli altri 26 imputati Lucano rispondeva di 16 capi d’imputazione. Il tribunale lo ha assolto per cinque, condannato per dieci e prescritto per uno. Travaglio segnala l’accusa di falso ideologico in atto pubblico per 56 determine necessarie per il rimborso delle spese da parte degli Sprar. Lucano «attestava falsamente di aver effettuato controlli su rendiconti di spese». Per quanto riguarda il peculato l’accusa è di aver distratto 2,4 milioni di euro per l’acquisto e l’arredo di tre case e un frantoio non rendicontati. Nel fascicolo dell’accusa ci sono anche «prelievi in contanti» per più di 531mila euro usati anche per un viaggio in Argentina.

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