Per Squid Game, la serie tv sudcoreana dal successo globale prodotta da Netflix, è ormai psicosi. Non si contano le segnalazioni provenienti da tutta Italia e anzi tutta Europa di bambini e ragazzini che provano a emulare i giochi pericolosi della serie tv. Prima in Belgio, poi nel Regno Unito – qui si è anche proposto di vietare la serie, infine l’Italia: prima a Torino, ora a Roma, con tanto di carabinieri. Succede nel quartiere Appio, a sud della Capitale, alla scuola elementare dell’istituto Santa Dorotea, in via Matera. I carabinieri hanno ricevuto segnalazioni di episodi di violenza tra minori mentre, all’esterno dell’istituto, sono stati avvistati dei volantini con serie: un cerchio, un quadrato e un triangolo, la domanda “vuoi cambiare vita?” e un numero di telefono che rimanderebbe a una agenzia immobiliare alla ricerca di nuove leve. Un’iniziativa che sarebbe una iniziativa di marketing e che non avrebbe nulla a che fare con gli episodi di violenza che sono stati nel frattempo segnalati tra i corridoi della scuola. Ma i Carabinieri hanno comunque scelto di intervenire e monitorare la situazione. «Questa mattina dei bambini di quarta stavano ‘giocando’ tra loro», racconta suor Alberta, a capo dell’istituto dal 2002, spiegando di averli visti picchiarsi tra di loro: «Mi sono informata, mi hanno parlato di una serie tv, anche perché i ragazzini mi hanno detto che stavano facendo il gioco del calamaro» (da cui prende il nome la serie). «State attenti a lasciare mezzi tecnologici in mano ai vostri figli», ha chiosato la suora.
A Torino
A Torino nel frattempo erano già emerse segnalazioni di violenze in una scuola media di Torino. Secondo il racconto di uno studente, i ragazzi si prendono a schiaffi in classe se non riescono a capovolgere righelli e astucci – per emulare una scena della serie. Questa è solo una delle segnalazioni arrivate alla Fondazione Carolina – che si occupa di cyberbullismo e che prende il nome da Carolina Picchio, quattordicenne morta suicida a Novara – che ha lanciato una raccolta firme indirizzata all’AgCom e alla Garante dell’infanzia e dell’adolescenza per fermare la trasmissione della serie sudcoreana. «Qualcuno storcerà il naso, ma oramai sembra l’unico strumento possibile a difesa del principio di incolumità dei minori», spiegano.
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