«Non ho mai pensato che disegnare fumetti potesse essere la mia principale fonte di reddito. Anche perché molte persone mi dicevano che non avevo abbastanza talento per diventare un fumettista». Michele Rech, in arte Zerocalcare, ha parlato della sua arte e della sua esperienza come disegnatore in un’intervista rilasciata al Guardian, realizzata da Lorenzo Tondo. A dieci anni dall’uscita del suo primo graphic novel (La profezia dell’armadillo, 2011), Zerocalcare racconta le sue difficoltà iniziali. Quel lavoro era stati rifiutato da decine di editori. Quando la Bao edizioni ha poi deciso di pubblicarlo, è arrivata a ristamparlo 24 volte per una vendita totale di circa 150 mila copie. «L’ultima volta il firmacopie è durato 14 ore», racconta Zerocalcare. «È estenuante. Mi dicono che dovrei assumere un agente, qualcuno che metta dei limiti a questa cosa. Ma per me sarebbe un’ingiustizia, e mi sentirei in colpa».
Ma l’apice del suo successo è arrivato quest’anno, con l’uscita della sua serie tv targata Netflix Strappare lungo i bordi. E la sua vita, dice, da un po’ non è più quella di prima. «Devo imparare che le cose non sono come erano un mese fa. E non è facile per uno come me». Ma come è nato il progetto della serie animata? «Ero ossessionato dall’idea», ha detto il fumettista. «Prima di tutto per la musica, perché avevo sempre citato delle canzoni nei racconti ma sapevo che molte persone non li avrebbero mai ascoltati. E io volevo che lo facessero: quindi ho inviato a Netflix centinaia di e-mail, finché alla fine non hanno accettato». Ma la serie non è piaciuta particolarmente alla Turchia di Erdogan, che ha criticato l’inserimento delle bandiere curde nella scenografia. Ma Rech ha sempre difeso la sua scelta: «Sono le bandiere delle persone che hanno liberato la Siria settentrionale dall’Isis. Di coloro che hanno dato la vita per combattere il fondamentalismo islamico».
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