Malati oncologici senza cure e ricoveri fermi: ecco come il Covid blocca (di nuovo) tutta la sanità
Lo ha detto esplicitamente il premier Mario Draghi in conferenza stampa: a contagiarsi, finire in terapia intensiva e morire, causa Covid-19, sono soprattutto le persone non vaccinate. Che contribuiscono alla pressione sugli ospedali, e questo non è un problema solo per loro, ma per tutto il sistema. Soprattutto per gli altri malati, ai quali può succedere di differire altri tipi di cure proprio a causa della pressione sugli ospedali. L’allarme, riportato da La Stampa, viene dalla Società italiana di chirurgia (Sic). A saltare oggi è tra il 50 e l’80% dei ricoveri. «Le aziende sanitarie sono costrette a destinare ampi spazi di ricovero ai pazienti Covid, mentre le terapie intensive sono occupate in gran parte dai pazienti No Vax», spiega la Sic. «Con i posti letto di chirurgia dimezzati, il blocco dei ricoveri programmati, le terapie intensive riconvertite per i pazienti Covid, infermieri e anestesisti delle sale operatorie trasferiti ai reparti per positivi, l’attività chirurgica in tutta Italia si è dimezzata e in alcuni casi si è ridotta a un quinto, riservando ai soli pazienti oncologici e di urgenza gli interventi. Ma spesso non è possibile operare neanche i pazienti con tumore perché non si ha la disponibilità del posto di terapia intensiva nel postoperatorio», dice Francesco Basile, presidente della Società Italiana di Chirurgia.
«Nel 2021 non siamo riusciti, nonostante l’impegno delle autorità sanitarie e dei chirurghi, a smaltire le liste di attesa accumulate nel 2020 per patologie chirurgiche in elezione – continua – e ciò anche se in molte regioni si sono organizzate sedute operatorie aggiuntive. Adesso le liste d’attesa torneranno ad allungarsi a dismisura». Si torna insomma al 2020, con «400 mila interventi chirurgici rinviati, un notevole aumento del numero dei pazienti in lista d’attesa e, ciò che è più pesante, all’aggravamento delle patologie tumorali che spesso sono giunte nei mesi successivi in ospedale, ormai inoperabili».
Non solo malati oncologici
Si torna ai tempi bui del 2020 in tutti i reparti, con gli ospedali che ricominciano a chiudere alle visite di parenti e amici a causa della paura del virus. «Sembra la scelta più corretta, ma probabilmente non lo è», spiega Alberto Giannini, primario di Terapia intensiva pediatrica agli Spedali civili di Brescia e componente del Comitato etico della Società italiana degli anestesisti-rianimatori (Siaarti) secondo quanto riporta Repubblica. Basterebbe, aggiunge, e ormai è noto, il corretto utilizzo di mascherine e camici. E ricomincia il calvario, raccontato da alcune testimonianze, di chi vede un proprio caro ricoverato e poi non ha più possibilità di rivederlo in degenza. Sapendolo magari in condizioni critiche. Per la Campania, scrive Il Mattino, il 7 gennaio è stato deciso di fermare tutti i ricoveri non urgenti medici e chirurgici, lasciando 100 mila persone in attesa.
I numeri dei più piccoli
L’allarme coinvolge anche i più piccoli, che stanno vedendo un aumento dei ricoveri mentre la campagna vaccinale per loro non decolla e al momento tocca quota 16,4% di vaccinati con prima dose tra i 5 e gli 11 anni. «Sono in aumento i ricoveri nella fascia d’età sotto i 19 anni: i casi sono passati da 1.024.963 del 28 dicembre a 1.182.094 del 5 gennaio, e nello stesso arco di tempo di una settimana i ricoveri sono saliti da 9.423 a 10.082, ovvero oltre 600 in più», dice la presidente della Società italiana di pediatria (Sip), Annamaria Staiano. Per chi ha tra i 6 e gli 11 anni «i casi passano nello stesso periodo da 343.634 a 392.040, i degenti da 1.605 a 1.711, dunque oltre 100 in più in 7 giorni, le intensive da 38 a 39 e i decessi sono 9. Di fronte a questi dati va ribadito alle famiglie che l’unica vera arma che abbiamo a disposizione è quella dei vaccini».
La pressione sugli ospedali
Piemonte e Calabria rischiano lunedì di finire in zona arancione a causa del numero dei posti letto occupati negli ospedali: il 31,7% dei posti nei reparti ordinari e il 22,3% in terapia intensiva per il Piemonte, il 36,2% e il 20,1%, rispettivamente, per la Calabria (le soglie per l’ingresso in zona arancione sono il 30% e il 20%). Osservata speciale pure la Liguria, al 38,8% per i reparti ordinari e il 19% per la terapia intensiva. In Valle d’Aosta il primo dato è addirittura al 46,5%, numero da zona rossa, ma il secondo al 18,2%. La media nazionale è del 17% in terapia intensiva, e di un letto su quattro nei reparti ordinari, dice il monitoraggio dell’Agenas, l’Agenzia pubblica per i sevizi sanitari regionali. Il sindacato dei medici Anaao affonda: i numeri non sarebbero quelli reali, visto che sono stati spostati letti dai reparti non di area medica a quelli Covid, mentre lo staff resta immutato e quindi insufficiente.
In copertina ANSA/ FILIPPO VENEZIA | L’ospedale di Cremona, 26 dicembre 2021.
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