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No! La Nuova Zelanda non ha approvato una legge per l’eutanasia dei pazienti Covid-19

30 Gennaio 2022 - 03:11 David Puente
La legge risale al 2019 e tra i criteri richiesti per accedere al servizio non c'è la Covid-19

Circolano diversi articoli e interventi social nei quali si sostiene che in Nuova Zelanda, secondo una «nuova legge», i pazienti ospedalizzati Covid-19 possono morire per eutanasia «se i medici ritengono che potrebbero non sopravvivere». Diversamente a quanto affermato online, la legge non è affatto nuova ed era stata approvata nel periodo pre pandemico senza alcun riferimento ai malati Covid-19.

Per chi ha fretta

  • La legge sull’eutanasia non è stata approvata per i malati Covid-19.
  • La legge risale al 2019, nel periodo pre pandemico, e riguarda i malati terminali.
  • La legge prevede che vengano rispettati specifici criteri per ottenere il servizio, ma tra i requisiti non c’è la Covid-19.
  • Ciò non toglie che un malato terminale possa risultare infetto contraendo la malattia.

Analisi

A riportare la presunta notizia è il sito Eventiavversinews in un articolo del 26 dicembre 2021 che, in realtà, è la traduzione di un contenuto pubblicato dal Catholic Herald britannico:

I pazienti ricoverati in ospedale con COVID-19 possono morire per eutanasia se i medici ritengono che potrebbero non sopravvivere, ha dichiarato il governo neozelandese.

Il Ministero della Salute ha confermato che il diritto a un’iniezione letale ai sensi di una nuova legge sull’eutanasia potrebbe estendersi ai pazienti che stanno morendo a causa del coronavirus o che soffrono insopportabilmente per le sue conseguenze.

L’articolo cita correttamente alcuni elementi: la legge End of Life Choice Act 2019 (consultabile qui e qui) è entrata in vigore a novembre 2021, ma risale al 2019 ed è stata sottoposta a un referendum con esito positivo nel 2020. Non riguarda i pazienti Covid-19.

Anche secondo quanto riportato da Maurizio Blondet nel suo blog «ai sensi di una nuova legge sull’eutanasia potrebbe estendersi ai pazienti che stanno morendo a causa del coronavirus o che soffrono insopportabilmente per le sue conseguenze», ma ciò non corrisponde al vero.

La citazione di DefendNZ

Ad avviare il dibattito riguardo l’eutanasia per i pazienti Covid-19 è stato il gruppo DefendNZ, oppositore della legge sull’eutanasia approvata in Nuova Zelanda. In un articolo, pubblicato il 19 dicembre 2021, il gruppo sostiene di aver contattato un responsabile del Ministero della Salute ottenendo la seguente conferma: che i pazienti Covid-19 potrebbero essere ritenuti idonei per l’eutanasia. Ecco la domanda e la risposta ottenuta:

DefendNZ: «Un paziente Covid-19 gravemente ricoverato in ospedale potrebbe essere potenzialmente idoneo al trattamento di fine vita o all’eutanasia ai sensi della legge se un operatore sanitario considerasse la sua prognosi inferiore a 6 mesi?»

Ministero: «Sono chiari i criteri di ammissibilità per la morte assistita. Questi richiedono che una persona deve avere una malattia terminale che rischia di porre fine alla propria vita entro sei mesi. […] Una malattia terminale è il più delle volte una malattia prolungata in cui il trattamento non è efficace. La legge EOLC riporta che l’idoneità è determinata dal medico curante e dal medico indipendente. […] L’idoneità è determinata caso per caso ; pertanto, il Ministero non può rilasciare dichiarazioni definitive su chi è idoneo. In alcune circostanze una persona con Covid-19 può ottenere la morte assistita».

Il contesto mancante

«Nuova Zelanda. Eutanasia per i pazienti Covid “terminali”» riporta un’immagine diffusa via Facebook. Basterebbe leggere le parole riportate nella risposta che avrebbe ottenuto DefendNZ per comprendere che non basta essere dei pazienti Covid-19. La legge non fa riferimento a questi ultimi, essendo del 2019, ma soprattutto viene fatta una valutazione caso per caso in base a determinate condizioni.

Uno dei post che circolano via Facebook dove leggiamo: «Nuova Zelanda. Eutanasia per i pazienti Covid “terminali”»

Di questa storia se ne erano occupati sia i colleghi di Newtral e Reuters, i quali hanno ottenuto le stesse spiegazioni da parte del Ministero della Salute della Nuova Zelanda. Risulta falso sostenere che sia stata approvata una legge che sostenga la morte assistita per i pazienti Covid-19, mentre è possibile che questi possano richiederla in determinate circostanze ben specificate nella normativa.

Quindi è vero che la legge permette un malato Covid-19 di porre fine alla sua vita? Si, ma non basta essere infetti e bisogna soddisfare specifici requisiti previsti per chiunque, positivi o negativi al Sars-Cov-2, in particolare uno: essere un malato terminale con un aspettativa di vita minore ai 6 mesi. Il paziente deve, inoltre, trovarsi in una condizione fisica irreversibile, sottoposto a una sofferenza tale da essere ritenuta insopportabile e che non può alleviare affinché risulti tollerabile. La richiesta del paziente deve essere approvata da due specialisti, che valuteranno le sue condizioni, e se necessario anche da uno psichiatra.

I 1.000 dollari

Per sostenere che vi sia un interesse in denaro, articoli e interventi social diffusi online ritengono che ogni medico che pratichi l’eutanasia al paziente ottenga una sorta di pagamento pari a 1.000 dollari.

Scrive l’utente Monica:

NON GLI SONO BASTATI I MORTI FINORA, QUELLI INTUBATI IN TUTTO IL MONDO SU PROTOCOLLI VOLUTAMENTE SBAGLIATI. ADESSO ENTRA IN GIOCO L’EUTANASIA TANTO PER DARE UNA MANO ALLA DEPOPOLAZIONE. E ORA COME SEMPRE PAGATI MOLTO BENE PER “ESEGUIRE GLI ORDINI”. DIO VI FULMINI… DAL PRIMO INFAME ALL’ULTIMO LECCACULO AL SEGUITO

Tale somma non viene erogata come un bonus per gli operatori sanitari, come spiegano i dirigenti del Ministero della Salute a Newtral: riguardano i costi, pertanto vengono erogati per garantire che il servizio sia accessibile per il paziente.

Conclusioni

Non è stata approvata alcuna legge che approvi l’eutanasia per i pazienti Covid-19 «se i medici ritengono che potrebbero non sopravvivere». La norma sul trattamento di fine vita, entrata in vigore a novembre 2021, risale al 2019 nel periodo pre Covid-19 e riguarda pazienti terminali con determinate condizioni fisiche. Risulta evidente che un paziente che risulti idoneo secondo la legge possa essere al contempo infetto dal Sars-CoV-2, ma la malattia causata dal virus non viene di fatto considerata come condizione.

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