Perché la Lega non ha votato il decreto Covid: cosa c’è dietro lo strappo di Salvini

Due obiettivi dietro il no in Cdm: Roberto Speranza e Mario Draghi. La partita di Giorgetti e la data segnata sul calendario del Capitano

Il nuovo decreto Covid è stato approvato da un Consiglio dei Ministri incompleto. Il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti era assente, mentre Massimo Garavaglia (Turismo) ed Erika Stefani (Disabilità) hanno votato no. Subito dopo l’ok i tre hanno pubblicato una nota ufficiale: «In coscienza non potevamo approvare la discriminazione tra bambini vaccinati e non». Eppure, come hanno fatto sapere altri eletti del Carroccio, il decreto 2 febbraio contiene norme chieste proprio da loro: l’ok ai vaccinati con Sputnik V, le norme su hotel e turisti, il Green pass «senza scadenza». Ma allora perché la Lega non ha votato il decreto e cosa c’è dietro lo strappo di Matteo Salvini?


L’obiettivo n. 1: Speranza

I retroscena dei giornali puntano oggi i riflettori su Giorgetti. Secondo il Corriere della Sera il ministro e braccio destro di Salvini, che ha già minacciato le dimissioni durante la querelle del Quirinale (l’aveva già fatto a novembre), ha un obiettivo ben preciso: Roberto Speranza. Secondo Giorgetti il ministro della Salute «continua a parlare come se ci fosse una strada sola, che peraltro poi è puntualmente smentita dai fatti». La Stampa sostiene che secondo la ricostruzione della Lega lo stesso governo non era convinto del provvedimento sulla Dad ai non vaccinati, ma è andato avanti lo stesso «per salvare la faccia a Speranza». Qualche ora prima di certificare lo strappo, Giorgetti aveva incontrato Luigi Di Maio e lo stesso Salvini per un chiarimento dopo le polemiche di sabato scorso. Ma il voto mancato, minimizzano i leghisti, è un no specifico su una norma precisa: nessuna avvisaglia di uscita dal governo (o di dimissioni di Giorgetti), assicurano. In Consiglio la presa di posizione dei leghisti non sembra suscitare particolare clamore. «Nessuna discriminazione», replica Speranza. Ma dal Nazareno stigmatizzano la scelta dei salviniani: «Si spera sia solo un incidente ma rischia di aumentare l’instabilità» del governo, mentre la maggioranza dovrebbe «compattarsi al fianco di Draghi» come fa il Pd.


L’obiettivo n. 2: Draghi

Ma c’è un altro obiettivo nel mirino del Carroccio: Mario Draghi. E, spiega ancora La Stampa, c’è anche una data segnata sul calendario. È quella del mese di giugno. Il mese in cui la Lega programma l’uscita dal governo e l’avvio della campagna elettorale. «Romperà, vedrai», è la frase che in molti sussurrano all’orecchio del premier. E il soggetto è naturalmente il Capitano. La situazione è chiara: Salvini è uscito male dalla partita del Quirinale, dove doveva essere il kingmaker ma alla fine è stato trascinato dagli eventi e dalle decisioni altrui. I sondaggi lo indicano come lo sconfitto della partita per il Colle. Per questo alza il prezzo e l’asticella. Nei prossimi mesi la Lega ha intenzione di stringere sui temi a lei cari: i rialzi delle bollette, lo scostamento di bilancio, il taglio delle tasse. E intanto sul tavolo del premier c’è anche la richiesta di un incontro avanzata dal segretario della Lega subito dopo l’elezione di Mattarella. Per parlare di rimpasto di governo, forse. Che però difficilmente Salvini otterrà. E allora lo scenario di una Lega fuori dal governo si fa sempre più reale.

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