Un’assemblea pubblica per farsi ribadire la fiducia come presidente del Movimento 5 Stelle. E per mettere alla sbarra Luigi Di Maio. Il leader del M5s Giuseppe Conte non sembra intenzionato a recedere dal suo piano. Che prevede che il ministro degli Esteri debba «rendere conto agli iscritti» delle sue condotte sul Quirinale. Lo ha ribadito ieri a L’Aria che tira su La7. Ma il problema è il come. L’ex avvocato del popolo pensa a un incontro in streaming con gli iscritti. Da concludersi con una votazione per ribadirgli la fiducia. Dall’altra parte della barricata, Di Maio pensa di sostituire Conte con Virginia Raggi. Ma entrambi i piani sembrano destinati a fallire.
La guerra di Giuseppe
Spiega oggi Il Fatto Quotidiano che per muoversi entrambi gli schieramenti avranno bisogno del consenso del Garante. Ovvero di Beppe Grillo. «I singoli componenti del Comitato possono essere sfiduciati dall’assemblea su iniziativa congiunta del presidente e del Garante», recita infatti lo Statuto grillino. Ma Grillo non vuole punire Di Maio. Il quotidiano dice che da Roma gli avevano chiesto un post più duro sul blog rispetto a quello di due giorni fa intitolato Cupio Dissolvi. Ma dopo una prima versione più dura il Garante ha deciso di sfumarlo. Perché non vuole rinunciare a Di Maio e perché non vuole mettersi contro l’assemblea degli iscritti che ha scelto Conte. I parlamentari grillini invece chiedono un’assemblea degli eletti.
Ieri anche il senatore M5s Danilo Toninelli intercettato dalle telecamere del Fatto Quotidiano si è schierato: tra Di Maio e Conte «il chiarimento serve come serve a tutte le forze politiche: detto questo si faccia velocemente perché qui stanno smantellando tutte le nostre conquiste, a partire dal superbonus. Chiariamoci ma in fretta perché siamo tutti qui grazie al simbolo del M5s» e «non siamo certamente quelli sconfitti dal Quirinale». «Di Maio – ha aggiunto – ha fatto cose straordinarie per il Movimento, permettendo di realizzare cose come il reddito di cittadinanza, ma l’attacco fatto a Conte anche usando parole normali come ‘chiarimento’ non si fa davanti alle telecamere, perché fatto così è come lanciare un guanto di sfida e i guanti di sfida nel M5s non si lanciano, si risolvono le questioni. Farlo non è nelle mie corde e non dovrebbe esserlo in quelle del Movimento».
Il governo Draghi
C’è però un altro nodo che potrebbe essere tagliato da Conte. Ed è quello dell’appoggio al governo Draghi. L’ex Alessandro Di Battista chiede di togliere la fiducia al premier come condizione per rientrare nel Movimento. I parlamentari sono terrorizzati perché una mossa del genere potrebbe mettere in pericolo la legislatura. Chi ha posti di governo non ha intenzione di lasciarli. Anche qui però i veleni non mancano. «Ma Alessandro era pronto a fare il ministro ai tempi del Conte 2, ha rinunciato solo perché la condizione di Renzi era che a quel punto entrasse anche la Boschi. E adesso fa il puro! Ma che pensa, che non ci ricordiamo nulla?», racconta a La Stampa chi quella trattativa l’ha vissuta da vicino.
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