Conte-Di Maio, l’ex premier: «Togliamo dal tavolo le ombre di complotti». Ma è iniziato lo scontro finale

di OPEN

Che tra Conte e Di Maio, là in cima ai 5 stelle, uno sia di troppo è evidente da almeno un anno, da quando nacque il governo Draghi su spinta dei governisti del ministro degli esteri e contro le resistenze degli orfani dell’esperienza precedente. E così per dodici mesi: con Di Maio come un pesce nell’acqua dell’attuale esecutivo e l’ex premier e i suoi sostenitori di lato, a rivendicare l’eredità e a sollevare dubbi. Lo showdown di ieri sera sul superbonus 110%, misura-bandiera del Movimento e del Conte II, apertamente criticata da Draghi e Franco, e difesa a spada tratta da Fraccaro, Buffagni e dal ministro Patuanelli, nel silenzio di Di Maio, è solo l’ultima fotografia di una situazione esplosiva.


Nelle stesse ore una voce velenosa attribuiva al ministro degli esteri, ex capo politico, una qualche responsabilità nel non aver disinnescato la bomba a orologeria poi esplosa con l’ordinanza di tribunale di Napoli, che accogliendo il ricorso di alcuni iscritti di fatto ha decapitato il vertice del M5s, e cioè Conte. Repubblica ha titolato stamattina: «I sospetti di Conte, Di Maio sapeva come fermare il ricorso». La smentita dell’ex premier è stata dura e netta. Anche perché la due giorni di Beppe Grillo a Roma ne ha rafforzato la posizione, e Conte non ha nessun interesse a rendere velenoso il duello con Di Maio, contando sul fatto di aver presto di nuovo il partito in mano. Ma i suoi sono inquieti, perché non riescono a leggere il gioco dell’altro duellante. Cosa ha in animo Giggino, e cosa ha in tasca? Chi sta dalla sua parte? Chi gli dà sponda?


La verità è che la frattura è politicamente insanabile dal “venerdì nero” che segnò la sconfitta (mai ammessa) di Conte nella partita del Quirinale.
Vale la pena di ricordare, orologio alla mano, cosa accadde. Erano le otto in punto della sera, l’ora dei tg, quando il capo politico annunciò, dieci minuti dopo Salvini, che l’Italia avrebbe avuto una donna presidente. Subito dopo Conte contattò Beppe Grillo, e gli confidò che l’accordo era chiuso sul nome di Elisabetta Belloni. Entusiasta, Grillo volle essere il primo a esplicitare il nome, e lanciò quel tweet-boomerang, alle 21.34: «Benvenuta Signora Italia, ti aspettavamo da tempo. #Elisabetta Belloni». Tre quarti d’ora dopo una secchiata di acqua gelida si rovesciò su Conte e Grillo, sotto forma di una nota firmata Luigi Di Maio:

«Trovo indecoroso che sia stato buttato in pasto al dibattito pubblico un alto profilo come quello di Elisabetta Belloni. Senza un accordo condiviso. Lo avevo detto ieri: prima di bruciare nomi bisognava trovare l’accordo della maggioranza di governo. Tutto ciò, inoltre, dopo che oggi è stata esposta la seconda carica dello Stato. Così non va bene, non è il metodo giusto».

Belloni disse addio al Quirinale, e cominciò il duello finale…

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