Quali sono le condizioni di Putin per fermare la guerra in Ucraina

Lo Zar accusa l’Occidente di essere «l’impero delle bugie». E chiede all’Ucraina di inginocchiarsi per fermare le bombe. Ma dietro le sue parole c’è una visione

Dopo aver lanciato l’allarme nucleare e parlato di genocidio in Donbass, Vladimir Putin ha accusato ieri l’Occidente di essere «un impero delle bugie». Un sintomo dell’escalation di parole ma anche di una visione assai particolare della situazione. Che si riflette nelle richieste all’Ucraina dopo il primo incontro per i negoziati: smilitarizzazione del paese, riconoscimento dell’indipendenza della Crimea, addio all’Occidente, alla Nato e all’Unione Europea. Oltre alla cosiddetta “denazificazione” del paese: una richiesta incomprensibile visto è vero che ci sono frange di facinorosi che combattono nel Donbass, ma è anche vero che alle elezioni i loro risultati sono quasi inesistenti. Ma allora cosa vuole davvero Putin per fermare la guerra e quali sono le sue condizioni per l’Ucraina?


Il complotto dell’Occidente

Fabrizio Dragosei sul Corriere della Sera spiega oggi che il problema è che nella sua segregazione Putin ha finito per credere a quello che i suoi servizi segreti vanno ripetendo sul mondo «là fuori». Ovvero a quella costruzione tra geopolitica e paranoia che scopre un complotto in servizio permanente effettivo contro la Russia per ogni cosa. Si tratta della stessa visione alla base della repressione dei dissidenti da parte del Kgb, di cui lo Zar ha sicuramente qualche ricordo. Un frame nel quale l’Ucraina si sta dotando di armi atomiche anche se non avrebbe gli strumenti per arricchire l’uranio. E la Nato si avvicina alle frontiere russe non perché i suoi vicini hanno paura di lui, ma perché sta avanzando per sferrare l’attacco decisivo a Mosca.


Nella sua mente Putin elenca una lunghissima lista di nemici e aggressori. E questo, spiega invece Domenico Quirico su La Stampa, dipende anche dal fatto che il suo progetto di guerra-lampo è fallita: Kiev non è caduta in 48 ore come gli garantiva il suo esercito, le sue truppe registrano sconfitte e respingimenti che nessuno si attendeva e tra gli oligarchi un tempo a lui vicini comincia a serpeggiare l’idea che le ultime decisioni non siano state così lucide. Le condizioni di Putin per fermare la guerra in Ucraina sono così ampie perché attualmente non ha alcun interesse a fermarsi. Lo Zar non vuole ancora scendere dall’Ottovolante di una guerra che è sicuro di vincere. Soltanto un evento militare potrebbe fargli cambiare idea.

Il falco dello zar

L’esperto di Servizi segreti russi Andrey Soldatov in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano è stato ancora più esplicito: «Da questi negoziati non mi aspetto niente. Questa è una guerra di Putin e del suo ministero della Difesa. Il ministro degli Esteri Lavrov avrebbe preferito aspettare i negoziati. Non solo gli uomini del ministero di Lavrov, ma anche quelli degli spezsluzhby, i servizi segreti, che non si approcciano alla guerra con lo stesso entusiasmo del ministero della Difesa. Negli ultimi tempi, in Russia l’influenza della Difesa è cresciuta in maniera esponenziale: per Putin l’esercito ha ottenuto più successi nel risolvere questioni politiche degli altri ministeri. È successo con la Crimea, la Siria: ora vuole risolvere la questione Ucraina e Nato con metodi bellici».

«Lavrov ha dato segnali nell’ultimo anno – spiega l’esperto militare – Voleva rimanere al tavolo dei negoziati, ma non ha avuto la possibilità di comunicarlo in maniera diretta. Putin adesso ascolta solo Sergej Shoygu, il capo del ministero della Difesa, l’apparato convinto di ‘poter mettere in ginocchio Kiev in 24 ore’. Non si aspettavano la resistenza, un errore militare. Putin ha commesso un errore politico: credeva che il governo Zelensky crollasse subito. La guerra lampo è fallita. In quale stato si trovano adesso le truppe russe sul terreno? Sembra che abbiano un grosso problema di logistica: mancano scorte e rifornimenti. Un’altra cosa strana che hanno scelto di fare, che non si spiega nessun esperto militare, è quella del dispiegamento di colonne di carri lungo le strade di tutto il Paese: non è un tipo di tattica che adotti se affronti un terreno che ti resiste, eppure continuano a farlo al quinto giorno».

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