«La missione dei russi in Italia? Era propaganda, non spionaggio»

Adolfo Urso, presidente del Copasir: i russi dovevano occuparsi di ospedali e Rsa, così è andata

La missione russa in Italia del marzo 2020 durante l’emergenza Covid-19 era legata più a una forma di propaganda che di ricatto all’Italia. Lo sostiene Adolfo Urso, presidente del Copasir, intervistato oggi da il Fatto Quotidiano sulla spy story che ha messo in difficoltà l’ex premier Giuseppe Conte, ascoltato ieri proprio dal Comitato. «Abbiamo deciso di audirlo subito, anche su richiesta dello stesso Conte per effettuare tempestive verifiche e non alimentare eventuali strumentalizzazioni», spiega Urso. Che poi fa sapere come è nato il report del Comitato: «Lo abbiamo scritto senza infingimenti nella relazione sulla base di quanto allora hanno riferito il ministro della Difesa Guerini e le Agenzie dei servizi: ‘Da quanto si è appreso, la missione russa si sarebbe svolta esclusivamente in ambito sanitario con il compito di sanificare ospedali e Rsa e il convoglio si è mosso sempre scortato da mezzi militari’. Questo è quanto risultava dai nostri riscontri». Urso ribadisce che era stato loro riferito che i russi dovevano occuparsi della sanificazione di ospedali e Rsa e aggiunge: «Poi noi possiamo accertare se le misure predisposte siano state adeguate per garantire la sicurezza nazionale». Alla domanda se la missione avesse anche obiettivi di intelligence e propaganda, Urso risponde: «Una cosa sono le intenzioni, un’altra i risultati. L’effetto propagandistico era evidente anche dall’hashtag #dallaRussiaconamore». Infine, risponde sull’avvertimento dell’ambasciatore Paramonov all’Italia: «Ove avessimo evidenze attiveremmo le nostre procedure di controllo secondo le modalità che la legge ci conferisce. Nulla di ciò è però emerso sinora».


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