Kiev: «Boicottate Auchan, Leroy Merlin e Decathlon sono ancora in Russia». Quali multinazionali non hanno abbandonato il paese di Putin?

Secondo il monitoraggio dell’università di Yale, 450 azienda hanno già lasciato il Paese. Ma c’è chi rimane

Secondo il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, rifiutare di interrompere le proprie attività in Russia equivale a finanziare le «atrocità» che il governo di Mosca sta commettendo in Ucraina e «fare profitti sul sangue»: per questo, in un tweet pubblicato nella mattina di oggi, 26 marzo, Kuleba invita al boicottaggio di Auchan, Leroy Merlin e Decathlon, tre società che continuano a fare affari sul territorio russo. Le prime due aziende francesi erano state recentemente attaccate anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, insieme alla casa automobilistica Renault, che però, dopo le dure parole pronunciare dal leader in videocollegamento al Parlamento di Parigi, aveva deciso di lasciare la Russia.


Secondo il monitoraggio della Scuola di Management di Yale, che aggiorna il bollettino praticamente tutti i giorni, dall’inizio dell’invasione in Ucraina, almeno 450 aziende si sono ritirate dalla Russia in segno di protesta. Un esodo di massa a cui hanno preso parte giganti economici di diversi settori, come Ikea, Volkswagen, Nike, l’azienda di consulenza Deloitte e il gigante petrolifero British Petroleum. Molte aziende che non hanno chiuso tutte le sedi russe hanno comunque sospeso i servizi all’interno del territorio: dalle prenotazioni effettuabili tramite le piattaforme Booking e Airbnb, agli acquisti tramite eBay e Asos, per finire alle acquisizioni di Netflix in territorio russo. Chiusi anche 850 ristoranti di McDonald’s e 130 bar di Starbuck’s, e interrotte le vendite in Russia da parte delle multinazionali Coca Cola e Pepsi.


Un segnale molto forte di protesta e avversione alle operazioni militari del Cremlino, che si riflette anche in campo artistico e sportivo: l’Eurovision ha bandito i rappresentanti della Russia dalla competizione canora, mentre la Fifa ha deciso di estrometterla dai prossimi Mondiali di calcio in Qatar, previsti quest’anno. Anche diversi media hanno deciso di lasciare il Paese: ritirati i giornalisti di Bbc e Bloomberg, interruzione delle trasmissioni targate Cnn.

Le compagnie che hanno invece deciso di rimanere sono nel mirino degli hacker che hanno dichiarato guerra a Vladimir Putin: ad esempio Nestlé, colpita da Anonymous lo scorso 22 marzo. Il movimento decentralizzato di hacktivismo aveva concesso all’azienda 48h per chiudere tutte le sue attività in Russia. Il mancato rispetto del termine aveva portato al rilascio di almeno 10 Gigabyte di dati della società, informazioni private come e-mail, password e dettagli sui clienti aziendali.

Oltre alla Nestlé, tra le imprese che hanno rifiutato il boicottaggio rimanendo nel paese figurano la multinazionale del commercio elettronico Alibaba, la compagnia Huawei, leader nel settore delle telecomunicazioni, la produttrice di computer Lenovo, e quella di smartphone Xiaomi (al secondo posto per vendita di telefoni in Russia). Il gruppo italiano Pirelli non ha lasciato il Paese, dove produce il 10% dei suoi pneumatici secondo Reuters, ma ha ridotto la sua operatività. Così come la società Barilla, che si è limitata a congelare i suoi investimenti in Russia. Tra i gruppi italiani più legati a Mosca, c’è anche la banca Unicredit, che vanta crediti per quasi 8 miliardi di euro con clienti russi. L’amministratore delegato di Unicredit Andrea Orcel ha dichiarato: «abbiamo bisogno di considerare seriamente l’impatto e le conseguenze e la complessità del distacco di una banca completa dal paese», ma ha successivamente affermato che sta valutando l’abbandono della Russia.

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