Un mandato di cattura nei confronti del presidente russo e dei suoi generali «potrebbe arrivare entro la fine dell’anno. In questa guerra non bisogna andare lontano per individuare i responsabili e raccogliere le prove». A dirlo oggi in un’intervista al Corriere della Sera, è il giurista Cuno Tarfusser, 67 anni, che dal 2009 al 2019 è stato giudice della Corte penale internazionale con sede all’Aia. L’ipotesi di reato per la quale il presidente russo Vladimir Putin può diventare un ricercato dalla Corte penale internazionale è quella di crimini di guerra. Ma bisogna avere le evidenze, spiega Tarfusser: «In Ucraina si commettono crimini di guerra ogni giorno – sottolinea – Il punto è raccogliere prove ‘genuine’, cosa non facile in una situazione di conflitto aperto. È quanto sta cercando di fare la squadra del procuratore generale della Cpi Karim Khan».
E se fosse nei suoi panni, Tarfusser cercherebbe «innanzitutto le prove per pochi crimini. Per esempio l’attacco all’ospedale e al teatro di Mariupol, le fosse comuni e i civili uccisi nelle strade di Bucha. Basterebbero per un’incriminazione. La Cpi non deve fare la storia». E questo perché se Putin «fosse raggiunto da un mandato di cattura, la sua capacità di muoversi sulla scena internazionale diminuirebbe fortemente – osserva -, Se andasse in uno dei 123 Paesi che hanno ratificato lo Statuto di Roma (che ha dato vita alla Cpi, ndr ) rischierebbe l’arresto. Per lui anche solo questa possibilità rappresenterebbe un danno». Infine, riguardo all’ipotesi di creare un tribunale Onu ad hoc, come quelli per l’ex Jugoslavia e il Ruanda: «Un discorso che non ha senso nel caso dell’Ucraina. Quei tribunali furono istituiti dal Consiglio di sicurezza, dove la Russia ha diritto di veto».
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