L’inno alla resistenza della rifugiata ucraina in Lituania. Carl Bildt: «Dovrebbero sentirlo al Cremlino» – Il video

Insieme ad altre 300 persone la rifugiata ucraina Elizaveta Izmalkova ha girato a Vilnius, in Lituania, un video in cui canta “Oy u luzi chervona kalyna”

La resistenza della kalyna, del rosso viburno che si è piegato in basso nel prato, continua. Dopo il canto di Andriy Khlyvnyuk davanti alla cattedrale di Santa Sofia a Kiev, con la sua personale rivisitazione di й у лузі червона калина (Oy u luzi chervona kalyna), il brano, recentemente rieditato anche dai Pink Floyd, risuona ora anche a Vilnius, in Lituania. Ad aprire il coro è la rifugiata ucraina 21enne Elizaveta Izmalkova che assieme ad altre 300 persone, in particolare donne e bambini, hanno risposto alla suo appello per cantare quello che ormai è diventato a tutti gli effetti l’inno della resistenza ucraina contro l’invasione russa: Oy u luzi chervona kalyna. Carl Bildt, l’ex primo ministro svedese e attuale co-presidente del Consiglio europeo per le Relazioni estere, ha rilanciato il video sui propri canali social, commentando: «Se qualcuno dovesse vedere questo dal Cremlino, forse inizierebbero a capire verso cosa si stanno scontrando e con chi hanno a che fare».


La storia di Elizaveta

Elizaveta, dopo l’annessione della Crimea nel 2014, ha deciso di fuggire dal Paese e di trasferirsi in Lituania per continuare gli studi. Al momento la madre e il fratello della 21enne sono ancora in Ucraina per difendere il Paese, mentre la sua casa è andata distrutta sotto le bombe russe. Elizaveta con questo canto spera di poter inviare un messaggio di speranza non solo alla sua famiglia, ma a tutti gli ucraini, e di riuscire a raccogliere fondi per ricostruire le case danneggiate o distrutte dai bombardamenti. Insomma, la tenacia, la speranza e la resistenza puntano tutte allo stesso obiettivo: «Nel prato un rosso viburno si è piegato verso il basso, la nostra gloriosa Ucraina è sconvolta da qualcosa, ma noi risolleveremo quel viburno rosso e rallegreremo la nostra gloriosa Ucraina».


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