No! Non ci “hackerano” la mente con il fantomatico grafene nei vaccini (che non c’è)

Ecco un’altra ricerca sul grafene che piace ai No vax, anche se non parla di vaccini

Ci segnalano alcune condivisioni Facebook riguardanti un articolo di Maurizio Blondet dal titolo «Il grafene nel siero c’è, e serve ad hackerare l’uomo», ma il testo non fa altro che ricamare su una review del gennaio 2020 di articoli scientifici sull’utilizzo della sostanza per produrre nano-antenne. Insomma, titolo e fonte non corrispondono. Non è la prima volta che ci occupiamo di questo autore, apprezzato anche negli ambienti No vax (alcuni esempi qui, qui e qui), lo stesso vale per la narrazione infondata del grafene contenuto nei vaccini contro il nuovo Coronavirus.

Per chi ha fretta:

  • Lo studio riportato da Maurizio Blondet riguarda nano-antenne di grafene basate sulla tecnologia dei dispositivi plasmonici.
  • Secondo Blondet tutto questo potrebbe servire per inserire micro-antenne nei vaccini.
  • Dalla lettura dell’articolo appare chiaro che il termine «plasma» non c’entra niente col sangue umano.
  • Gli autori dell’articolo ultimano il lavoro entro una settimana dall’emergere di SARS-CoV-2 e non parlano di applicazioni nei vaccini.
  • Esiste davvero una ricerca sul grafene per trattare e/o diagnosticare malattie neurologiche, ma è pionieristica e non certo in grado di prendere il controllo delle menti umane.

Analisi

Blondet si limita a copia-incollare l’abstract che introduce lo studio, ponendo la sua interpretazione in cima, chiedendosi se le nano-antenne di cui trattano gli autori riguardano il plasma sanguigno oppure uno stato fisico. Deduciamo quindi, che non se ne sia accertato prima di riportare il testo. Ma ipotizza comunque che questi dispositivi possano essere iniettati nei nostri corpi, allo scopo di controllare le nostre menti.

Qui sotto un articolo scientifico sullo sviluppo di nano-antenne – ultramicroscopiche dunque – sintonizzabili in grafene per applicazioni nel “plasma” (sanguigno? o plasma come stato fisico?) – continua Blondet – nella frequenza Teraherz (lunghezza d’onda che corrisponde a un intervallo tra 0,3 mm e 0,03 mm (o 30 µm)). A cosa può servire questo, e l’inserimento nel siero di micro-antennne in grafene nei corpi, se non a realizzare quel controllo diretto sui cervelli umani auspicato e previsto da Yuvalò Noah Harari, consigliere di Klaus Schwab, che postiamo in fondo?

Di cosa parla lo studio

L’articolo in oggetto è stato ricevuto il 6 gennaio 2020 per la revisione, eseguita per la rivista Sensor della casa editrice svizzera Mdpi (di cui abbiamo trattato in diversi Fact-checking), parliamo quindi di un periodo di gran lunga precedente la produzione dei vaccini Covid, quando SARS-CoV-2 era emerso a Wuhan da meno di una settimana, e l’OMS non aveva motivi per riconoscere il passaggio da un focolaio epidemico alla Pandemia vera e propria.

I ricercatori trattano di «nano-antenne ottiche in grafene», ovvero dei «dispositivi plasmonici», di cui è possibile informarsi anche su Wikipedia. Si tratta di una tecnologia di «rilevamento e manipolazione di segnali a frequenze ottiche».

In questo articolo – continuano gli autori -, l’obiettivo è fornire una revisione dettagliata della spiegazione essenziale dietro le prove sperimentali delle nanoantenne di grafene per gli sviluppi di antenne plasmoniche a base di grafene, ottenendo una migliore interazione luce-materia sfruttando la conduttività del materiale di grafene e le proprietà ottiche.

Lo studio in oggetto è stato presentato per la revisione meno di una settimana dopo l’emergere di SARS-CoV-2 a Wuhan.

In che contesto si parla di «plasma»

Se leggiamo con attenzione il testo integrale dell’articolo è possibile capire chiaramente che i ricercatori quando usano il termine «plasma» non si riferiscono a quello che costituisce il nostro sangue. Leggiamo alcuni estratti:

In contrasto con quanto sopra, metodi avanzati di sintesi del grafene come la deposizione chimica da vapore (CVD) e la deposizione chimica da vapore al plasma (PCVD) consentono di far crescere campioni di grafene fino a parecchi centimetri, aumentando così l’interesse di ricerca dei dispositivi passivi di nanoantenna a frequenze così alte. […] Il grafene ha la capacità di sostenere le onde plasmatiche che sono debolmente smorzate in eccellenti campioni di grafene. Inoltre, possiedono anche una mobilità di trasporto estremamente elevata a temperatura ambiente. […] La configurazione dei transistor ad effetto di campo accoppiati ad antenna top-gate in grafene è stata impiegata per eccitare onde di plasma eccessivamente smorzate per il rilevamento a banda larga della frequenza terahertz.

La vera ricerca biomedica sul grafene

Non è la prima volta che la ricerca sul grafene viene usata distorcendone il reale significato, anche quando tratta davvero usi biomedici. Un esempio emblematico: lo studio del docente universitario nel Dipartimento di biologia cellulare dell’Università di Granada, Mattia Bramini, che la parlamentare Sara Cunial inserì tra le fonti di una interrogazione alla Camera dei deputati, per sostenere la presenza di grafene nei vaccini Covid.

Come spiegò a Open lo stesso Bramini, lo studio faceva il punto della situazione «riguardo a possibili utilizzi di grafene e derivati (ossido di grafene, ossido di grafene ridotto) nel campo delle neuroscienze […] sugli aspetti legati alla biocompatibilità dello stesso e sulle potenzialità future per la terapia/diagnosi di disturbi del Sistema nervoso centrale. Essendo una review, si discutono le ricerche più significative fino alla data di pubblicazione (2018) in questo ambito, e si tenta di ipotizzare prospettive e sviluppi futuri di questa tecnologia».

Si tratta di una frontiera pionieristica per il futuro trattamento di malattie riguardanti il Sistema nervoso centrale, siamo ben lontani dal controllare le menti attraverso l’inoculazione di un vaccino.

Conclusioni

Maurizio Blondet trova uno studio che presenta i termini «grafene», «nano-antenne» e «plasma», quindi li associa per assonanza alla teoria di complotto dei vaccini Covid usati per iniettarci dispositivi atti a controllare le menti dei pazienti inoculati. Abbiamo visto che la ricerca, oltre a essere stata prodotta prima dell’emergere del nuovo Coronavirus, tratta la tecnologia dei dispositivi plasmonici, senza menzionare alcun vaccino. Esiste davvero un filone di ricerca sul grafene nell’ambito delle malattie neurodegenerative, ma è agli albori, quindi ben lontana dal renderci in grado di «hackerare» le nostre menti.

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