Cosa succede al prezzo del latte: il raddoppio del costo all’ingrosso e gli aumenti per i consumatori

L’incremento delle materie prime causa un picco per tutta l’industria. Che finisce per pesare sulle tasche dei consumatori

In due settimane il prezzo del latte fresco è cresciuto di 30 centesimi al litro. Una corsa che è partita dal prezzo all’ingrosso per scaricarsi sul consumatore finale. E che nasce dagli aumenti dei prezzi delle materie prime dello scorso settembre. Mentre altri prodotti dell’industria sono a rischio. Con incrementi medi del 10% e alcuni picchi. Come quello del burro, il cui prezzo è già raddoppiato. Il tutto accade mentre il sistema di produzione è in crisi. Le 26 mila stalle italiane, che occupano in totale 100 mila addetti, sono a rischio chiusura. E altri prodotti continuano la corsa dei prezzi: in un anno il prezzo dell’olio non d’oliva è aumentato del 70%, quello del burro del 22% mentre la farina è cresciuta del 19%.


L’inflazione dei prodotti alimentari

Il problema dell’inflazione dei prodotti alimentari nasce con la crescita dei prezzi della bolletta dell’energia dello scorso novembre. Ora però il caso più emblematico riguarda il latte. La Stampa spiega oggi che il costo dell’energia per produrlo è aumentato di sette volte in un anno. Per questo il prezzo del latte fresco sullo scaffale ha registrato aumenti nell’ordine dei 30 centesimi al litro. All’ingrosso la materia prima è passata da 36 a 60 cent. Mentre il comparto dell’industria lattiero-casearia, che vale 16,7 miliardi di euro, dovrà far fronte a costi maggiorati per due miliardi nel 2023. «L’escalation è iniziata a settembre dello scorso anno e non si è ancora fermata. Colpisce gli allevatori, gli industriali e sta per arrivare sui consumatori» spiegano da Assolatte sottolineando come «il prezzo del burro è già raddoppiato. Raramente viene considerato, ma il costo è cresciuto del 100%. L’aumento medio dei prodotti, però, sarà nell’ordine del 10%». Con un impatto più forte sulla popolazione a minore reddito.


Anche nel comparto della pasta il costo dell’energia è cresciuto da 2,5 a 15 centesimi al chilogrammo. Ad incidere è l’incremento del costo dei foraggi. E questo a causa della scarsità di mais sul mercato mondiale. E la situazione peggiorerà nelle prossime settimane, quando la produzione calerà per questioni fisiologiche con il caldo e aumenterà la domanda. L’incremento di prezzi colpirà ovviamente anche i prodotti come la mozzarella e i formaggi freschi. E secondo Standard & Poor’s l’aumento dei prezzi e la diminuzione della produzione andranno in coppia fino al 2024. Mentre lo choc della crescita dei prezzi degli alimentari non potrà che andare a riflettersi sui consumi. E quindi, a ricasco, sulla crescita del Prodotto Interno Lordo e sulle entrate fiscali.

Un’industria a rischio

Il tutto accade mentre quasi 1 allevamento su 10 (8%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività anche per effetto dell’aumento medio del 56% dei costi correnti di produzione che non vengono coperti dai ricavi. L’analisi della Coldiretti per la Giornata mondiale del latte indetta dalla Fao ricorda che con lo tsunami dell’effetto congiunto dell’aumento dei costi energetici e dei mangimi, il settore dei bovini da latte in Italia si confronta con pesanti criticità. Un rischio per l’economia, l’occupazione e l’ambiente, ma anche per l’approvvigionamento alimentare del Paese, con l’Italia è dipendente dall’estero per il 16% del proprio fabbisogno. A rischio, sottolinea la Coldiretti, c’è un sistema composto da 26 mila stalle da latte italiane sopravvissute che garantiscono una produzione di 12 milioni di tonnellate all’anno, alimentando una filiera lattiero-casearia nazionale che vale oltre 16 miliardi di euro e occupa 100 mila persone.

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