La presidente della Georgia: «Putin attaccherà noi dopo l’Ucraina. Fateci entrare nell’Unione Europea»

Salomé Zourabichvili: i russi giocano al gatto con il topo con noi

La presidente della Georgia Salomé Zourabichvili dice che il suo paese è il prossimo obiettivo di Vladimir Putin. E per scongiurare un’invasione chiede di entrare in Europa il prima possibile. «Siamo nella stessa situazione dell’Ucraina», sostiene in un’intervista rilasciata a Repubblica. «Abkhazia e Ossezia del Sud, il 20 per cento del nostro paese, sono da tempo sotto controllo russo. Ovvio che la guerra contro Kiev ci mette sotto pressione. Siamo convinti che comunque vada, Mosca tornerà a interessarsi di noi. Se vincono, vorranno di più. Se perdono, potrebbero cercare di salvare la faccia con una preda facile come la Georgia: un paese piccolo, senza grandi risorse militari. I russi già giocano al gatto e al topo con noi, mettendo alla prova i nostri nervi, senza nemmeno dover occupare territori: penso al referendum per “riunirsi” a Mosca che l’Ossezia voleva tenere a metà luglio. Ora l’hanno posticipato. Ma per quanto?».


Per questo la Georgia ha chiesto insieme alla Moldavia l’ingresso nell’Unione Europea. Zourabichvili si augura che l’emergenza geopolitica porti a un’accelerazione delle procedure: «Il vostro premier Mario Draghi ha detto chiaramente che sostiene la nostra integrazione e questo mi fa ripartire fiduciosa. La reazione europea all’aggressione russa deve necessariamente andare verso un maggior consolidamento: è una risposta pacifica, capace però di garantire sicurezza a paesi come il mio».


Intanto, dice lei nel colloquio con Anna Lombardi, il suo paese ha aperto le porte a dissidenti e profughi: «Negli ultimi mesi sono entrati almeno 35 mila russi, che potranno restare un anno senza bisogno di visto. Hanno pure aperto una tv che trasmette dal nostro paese. Il numero di ucraini è simile, e per loro abbiamo disegnato un percorso di facilitazione scolastica. D’altronde, abbiamo sempre aperto le porte ai perseguitati: abbiamo armeni, azeri, curdi. In altri paesi le politiche d’accoglienza creano tensioni, ma da noi c’è grande accettazione della diversità».

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