Maganov è solo l’ultimo. Sono nove gli oligarchi russi morti misteriosamente dall’inizio della guerra in Ucraina

La dinamica è spesso molto simile: vengono trovati morti in casa con i familiari in circostanze difficili da spiegare

«Il vice presidente di Lukoil Ravil Maganov è saltato già da una finestra al sesto piano dell’ospedale centrale di Mosca. L’uomo è morto successivamente a causa delle ferite riportate». Così viene annunciata la morte, avvenuta oggi, dell’oligarca 67enne che dal 1993 faceva parte della maggiore compagnia petrolifera russa dall’agenzia stampa russa Tass. Una versione diversa appare invece nel comunicato di Lukoil, che parla di un decesso «a seguito di una grave malattia», prima di ricordare i successi di Maganov «nello sviluppo del settore russo dei combustibili e dell’energia». La compagnia petrolifera era notoriamente schierata contro l’invasione dell’Ucraina. A marzo scorso la società aveva diffuso un comunicato nel quale si diceva pronta a «sostenere una rapida fine del conflitto armato e la sua risoluzione attraverso un processo di negoziazione e mezzi diplomatici». Quello di Maganov, insomma, potrebbe essere un suicidio, ma potrebbe anche non esserlo. Sono ben 9, infatti, gli oligarchi e imprenditori russi morti dallo scoppio della guerra lo scorso 24 febbraio.


Dinamica sempre simile, trovati morti in casa assieme ai familiari

Tra questi c’è anche Yury Voronov, impresario russo vicino a Gazprom trovato morto a luglio nella piscina della sua villa di San Pietroburgo. Su di lui era chiaro il segno di uno sparo alla testa. A fine febbraio, invece, era toccato all’oligarca Mikhail Watford, magnate dell’energia il cui cadavere è stato rinvenuto nella sua casa nel Surrey, collinare contea dell’Inghilterra a sud ovest di Londra. Una morte che la polizia britannica aveva definito «inspiegabile». A marzo era stato il turno del miliardario Vasily Melnikov, proprietario di MedStorm, azienda di forniture mediche. Lui e la sua famiglia sono stati trovati morti nella loro abitazione di Nizhny Novgorod. Secondo i media russi non ci sono indizi che puntino ad un’irruzione all’interno della casa. La pista più accreditata – almeno ufficialmente – è quella del suicidio successivo alla strage di moglie e figli. Sbocciata la primavera, ad aprile, la morte di Vladislav Avayev e della figlia tredicenne, rinvenuti nel loro appartamento da oltre due milioni di euro al tredicesimo piano di un elegante palazzo di Mosca. Avayev era stato vicepresidente di Gazprombank e funzionario del Cremlino, e anche nel suo caso l’ipotesi avanzata è quell’omicidio della figlia e successivo suicidio. Gli amici dell’oligarca, però, storcono il naso, dichiarando che l’uomo era a conoscenza di alcuni segreti finanziari di Mosca.


Tra i casi anche un avvelenamento

Sempre ad aprile una sorte simile a quella di Avayev era toccata a Sergey Protosenya, ex presidente dell’azienda di gas Novotek. L’uomo, che aveva un patrimonio stimato di 400 milioni di euro è stato trovato appeso a un cappio nella sua villa di Barcellona. Anche in questo caso moglie e figlia morte completavano il quadro. La versione ufficiale è che sia stato lui a ucciderle, ma secondo il figlio, è una ricostruzione impossibile. A maggio è arrivato il decesso di Andrei Krukovski: era manager di un villaggio turistico di proprietà di Gazprom, è «caduto da una scogliera» a Sochi. A fine giungo Polina Palanta ha trovato il padre, il milionario Yevgeny Palant, nudo e la madre Olga colpiti da numerosi coltellate. Infine, anche l’ex manager di Lukoil Alexander Subbotin è morto in circostanze misteriose a maggio. Recatosi da degli sciamani per risolvere la sua dipendenza dall’alcol è morto avvelenato, e pare che i santoni al posto di chiamare i soccorsi lo abbiano sedato in attesa della morte.

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