Ricandidati i parlamentari che hanno percepito il bonus Covid: tre di loro sono nelle liste della Lega, uno in quella di Noi moderati

Salvini era stato il primo a mostrare indignazioni e a premere per una sospensione degli esponenti del Carroccio “colpevoli” di aver chiesto e ottenuto i soldi. Il 5 stelle Marco Rizzone, invece, si è reinventato tra i centristi

Sembra passata un’era da quando si monitorava il conto corrente per vedere se l’Inps avesse erogato i 600 euro di bonus Covid, all’inizio della pandemia, nel 2020. Tra chi aspettava l’accredito non c’erano solo liberi professionisti messi alle strette dalla pandemia. Scoppiò uno scandalo quando si scoprì che anche alcuni parlamentari ne avevano fatto richiesta. Si trattava di Andrea Dara, Elena Murelli, Marzia Casolati (Lega) e Marco Rizzone (Movimento 5 stelle). Furono tutti sospesi dai rispettivi partiti, nel caso del Carroccio su sollecitazione diretta di Matteo Salvini. Il quale dichiarò: «Ho dato indicazione che chiunque abbia preso o fatto richiesta del bonus venga sospeso e in caso di elezioni non ricandidato». Era il 12 agosto 2020. Esattamente due anni dopo, durante la compilazione delle liste avvenuta – ironia della sorte – in un inedito mese di agosto, il segretario della Lega ha dimenticato la promessa fatta ai microfoni di Rai 3, come spiega Il Fatto Quotidiano. Il deputato Andrea Dara correrà infatti all’uninominale per la Camera in Lombardia. La deputata Elena Murelli è stata candidata al Senato, dove è seconda in lista al plurinominale ed è il nome scelto per l’uninominale in Emilia-Romagna. Marzia Casolati, invece, ha ricevuto ben tre caselle per riottenere un seggio a Palazzo Madama: uninominale in Piemonte, capolista e in seconda posizione in altri due collegi piemontesi del plurinominale.


Anche il grillino Marco Rizzone non è stato lasciato a casa. Espulso dal M5s, ha trovato nella lista “Noi moderati” un vagone con il quale tentare di rientrare a Montecitorio: Rizzone è capolista di un plurinominale pugliese per il soggetto politico che fa riferimento a Giovanni Toti, Maurizio Lupi, Luigi Brugnaro e Lorenzo Cesa. E pensare che fu proprio Giovanni Toti, in un tweet, ad attaccare pesantemente l’allora deputato di Giuseppe Conte, quando fu reso noto che aveva fatto richiesta del bonus di 600 euro: «Rizzone, protagonista dell’alleanza giallo rossa in Liguria, è stato cacciato dal movimento per aver preso vergognosamente il bonus Covid da 600 euro: molto bene. Gli elettori manderanno a casa il resto della ciurma!». Per completezza di informazioni, anche esponenti del centrosinistra hanno fatto percepito i bonus di 600 euro. Non si tratta di parlamentari, certo, ma la lista dei cosiddetti «furbetti del bonus» annovera, ad esempio, il consigliere regionale del Piemonte eletto in quota Partito Democratico Diego Sarno, diversi consiglieri comunali – il cui stipendio, però, è sensibilmente più basso – e il sindaco di Campobasso del Movimento 5 stelle, Roberto Gravina, che per il ruolo di primo cittadino, all’epoca percepiva in busta paga una cifra di circa 4.500 euro lordi.


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