L’alluvione nelle Marche e le ore di ritardo nei soccorsi: «Il tempo c’era ma nessuno ci ha avvertito»

Dopo l’accusa della procuratrice il giallo del buio nei soccorsi. Un testimone: mi ha telefonato solo un amico

C’è un buco di alcune ore nell’alluvione delle Marche. Mentre il presidente della Regione Francesco Acquaroli pubblica una foto che lo ritrae nella sala operativa della Protezione Civile alle 23,30 di mercoledì 15 settembre, il sindaco di Cantiano Alessandro Piccini fa notare che nella sua zona l’alluvione è cominciata alle 19,30. Ma già un’ora prima circolavano in rete i filmati di Arcevia. E il sindaco di Barbara Riccardo Pasqualini dice che il Misa ha sfondato gli argini alle 20,10. La procuratrice capo di Ancona Monica Garulli sostiene che non c’è stata alcuna allerta da parte della Regione nei confronti dei comuni. E uno dei sopravvissuti aggiunge che nessuno si è curato di dare l’allarme. Anche se era dal pomeriggio che in montagna pioveva a dirotto.


Le ore di buco

A parlare delle ore di buio nei soccorsi oggi è Repubblica. Che racconta come alle 23,30 erano trascorse 7 ore da quando il temporale di Cantiano si era trasformato in burrasca. Mentre la prima esondazione ad Arcevia era arrivata 5 ore prima. «Non ho poteri di veggenza e che prima di essere allertato, ignaro di quanto stesse accadendo, partecipavo come da programma ad un evento che ho subito abbandonato nel momento in cui i miei collaboratori mi hanno avvertito», sostiene Acquaroli nel suo status. Si riferisce alla cena elettorale di Fratelli d’Italia a cui ha partecipato con Guido Crosetto. Il suo assessore alla Protezione Civile Stefano Aguzzi ha invece sostenuto di essere rimasto tutta la notte nella sala operativa. Maurizio Mangialardi, capogruppo regionale del Pd, ha detto che quando è arrivato lui, alle 3,20 di notte, non c’era nessuno della giunta. E poi c’è il problema di partenza. Il bollettino della Protezione Civile del giorno prima prevedevano soltanto un’allerta gialla. E la valutazione di rischio basso ha fatto sì che il 15 nella Sala Operativa fosse presente una sola persona. «Quando nel tardo pomeriggio le chiamate hanno cominciato ad arrivare», ricostruisce con il quotidiano Susanna Balducci, responsabile della Sala, «l’operatore ha chiesto il supporto di un altro collega. Altro personale è arrivato alle 21.30. Alle 22 l’idrometro sul Misa ha superato la soglia di allarme e l’operatore si è messo a chiamare tutti i comuni, invece di inviare Pec e sms».


La testimonianza

Infine, c’è la testimonianza di Simone Bortolucci. Ovvero il fratello di Noemi, morta durante il nubifragio. E figlio di Brunella Schiù, che si trova ancora nell’elenco dei dispersi. A La Stampa il 23enne racconta dell’allerta che non è arrivata «anche se dal pomeriggio sulla montagna diluviava». Simone dice che nessuno delle istituzioni lo ha avvertito: «Verso le 20,15 mi ha telefonato un amico che mi ha detto: “Presto scappate perché sta venendo giù tutto”. Io e mia madre eravamo sdraiati sul letto, mia sorella sul divano. Ci siamo subito precipitati fuori. Loro due su un’auto, io su un’altra. Le ho praticamente viste mentre la corrente le trasportava via, mia sorella è stata ritrovata senza vita molto più avanti, a sei chilometri di distanza, e di mia madre non c’è ancora alcuna traccia. Un inferno, io mi sono salvato solo perché sono riuscito ad arrampicarmi su un albero su cui sono rimasto per due ore.E ora resto convinto che tutto questo poteva essere evitato». Secondo Bortolucci «sarebbe bastato saperlo anche solo un’ora prima, mezz’ora prima. Il tempo lo hanno avuto, ma non l’hanno saputo usare. Per non parlare, poi, della mancanza di prevenzione per la pulizia del letto del fiume».

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