Lega-FdI contro le bandiere con falce e martello al comizio del Pd, la polemica buca il silenzio elettorale – La foto

Secondo il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, quelle bandiere sarebbero state autorizzate dai vertici dem

È durato poche ore il silenzio elettorale della vigilia del voto, almeno nei social. Le linee guida dell’Agcom, infatti, sono state modificate l’ultima volta nel 1984 e perciò non prevedono norme per quanto riguarda internet e social network. Perciò questa mattina, sul profilo Instagram ufficiale della Lega, è apparso un post con la foto di alcune bandiere del Pd. Tra queste, spunta una tutta rossa e con il disegno della falce e del martello in giallo. «Il Pd ha aperto questa la campagna elettorale con un suo alto dirigente che grida per strada “in ginocchio, vi ammazzo, vi sparo”», recita il post ricordando la vicenda che ha coinvolto Albino Ruberti, capo di gabinetto del sindaco di Roma del Pd Roberto Gualtieri, «è proseguita con le candidature di odiatori di Israele», riferendosi alla candidata Rachele Scarpa e il ritirato Raffele La Regina, «si è caratterizzata per il fango, le falsità, la voglia di nuove tasse e più sbarchi, la scelta di evitare il confronto con la Lega».


Poi la parte finale: «Ieri Letta ha chiuso con un flop in piazza del Popolo davanti a una bandiera dell’Unione sovietica». Di certo questo non è proprio il momento storico adatto per esibire questo tipo di bandiere con l’invasione russa del territorio ucraino e gli spettri delle ingerenze e dei finanziamenti illeciti. «Il vessillo comunista è finalmente una piccola grande verità: ricorda a tutti qual è stato l’unico partito ad aver incassato dei rubli insanguinati, altro che ingerenze russe nel 2022», conclude il post. A questi commenti hanno fatto eco quelli provenienti da Fratelli d’Italia. «Bandiere rosse con la falce e martello nella piazza del Popolo di Letta, autorizzate dai vertici del Pd per ammissione degli stessi militanti che le sventolano festanti», riferisce Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera del partito di Giorgia Meloni, che poi invita Bruno Astorre, coordinatore regionale del Pd, a smentire «di aver autorizzato a portare in piazza i simboli di una dittatura cruenta e sanguinaria che ha prodotto milioni di morti nel mondo».


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