«Putin è un pazzo… qui ci sono cadaveri dei civili dappertutto…». I soldati russi intercettati a Bucha: le confessioni sulle stragi e saccheggi

Le telefonate raccolte dal New york times delle truppe di Mosca ormai scoraggiate dopo essersi impantanate alle porte di Kiev. I racconti ad amici e famigliari delle atrocità commesse su ordine dei superiori

È la fine di marzo quando le truppe russe sono arrivate a pochi chilometri da Kiev, con la capitale ucraina che sembrava dovesse cadere nel giro di pochi giorni. Gli errori tattici degli ufficiali di Mosca e la resistenza ucraina però aveva fatto impantanare l’avanzata russa, bloccata nella zona di Bucha. Ed è da lì che i soldati russi avrebbero disobbedito agli ordini prendendo il proprio telefono personale, per chiamare casa. Il New York Times ha raccolto diverse telefonate intercettate dal governo ucraino dei soldati fatte a mogli, fidanzate, amici e genitori mentre si trovavano a pochi metri dalla prima linea del fronte. Sono conversazioni drammatiche quelle raccolte dall’inchiesta del quotidiano americano, che sembrerebbero innanzitutto confermare gli atroci crimini commessi in quella zona e scoperti dalla comunità internazionale solo dopo il ritiro delle truppe russe.


La verifica

La verifica dell’autenticità delle telefonate ha richiesto due mesi di lavoro per i cronisti del New York Times, che hanno incrociato i numeri di telefono russi con le app di messaggistica e i profili dei social per identificare soldati e famigliari. Sono telefonate inedite finora, tutte effettuate da una precisa zona occupata in quei giorni dai russi, che rivelano quanto l’esercito di Mosca fosse allo sbando, equipaggiato male e scoraggiato. Presupposti che avrebbero portato qualche mese dopo alla controffensiva ucraina con l’avanzata verso Est delle truppe di Kiev.


Le telefonate

C’è lo sfogo di Aleksandri che al telefono dice: «Putin è un pazzo. Vuole prendere Kiev: ma non c’è modo che noi possiamo farcela». E poi ci sono passaggi crudi, come quello raccontato da Nikita che descrive quel che vede a Bucha: «Fanculo. Ci sono cadaveri sdraiati lungo la strada. Civili dappertutto. È un casino». L’amico chiede sorpreso: «Davvero sulla strada?». «Sì – risponde Nikita – Cazzo abbiamo saccheggiato tutto, ero ubriaco. Ho preso tutti i soldi. Lo stanno facendo tutti». I soldati russi avrebbero rubato di tutto, anche le luci di Natale: «Sono dei selvaggi – racconta Evgenij – Rubano tutto. Cazzo i televisori, un tritacarne, cacciaviti e alcune cazzo di valige». In un passaggio Sergey dice: «Ci hanno dato l’ordine di sparare tutti quelli che vediamo».

«Nessuno ci aveva detto che stavamo andando in guerra – racconta Sergey alla madre – Ci hanno chiamato un giorno prima e siamo partiti». A un amico racconta Nikita: «Stavamo andando a fare un addestramento per due o tre giorni… E invece ci hanno ingannato cazzo come fossimo bambini». Alla fidanzata invece un soldato racconta quanto la Tv russa stesse raccontando balle: «Vogliono prendere in giro le persone sulla Tv: “È tutto giusto, non è una guerra. È solo un’operazione speciale”. Ma in realtà è una cazzo di guerra».

Alcuni riferiscono le uccisioni dei civili, spogliati, derubati dei loro abiti e trucidati nelle foreste. «C’è una foresta dove c’è il nostro quartiere generale – confonda un soldato alla madre – Ci sono entrato e ho visto un mare di cadaveri in abiti civili. Un mare. Non ho mai visto così tanti corpi nella mia fottuta vita». E poi dice che non vuole più essere un killer. Il morale è a terra: «Lo stato d’animo è negativo – dice Andrei a un amico – Un tizio piange, un altro si vuole suicidare. Mi sono stufato di loro». Sulla retorica degli ucraini nazisti, un soldato dice alla madre: «Mamma, qui non abbiamo visto un solo fascista. Questa guerra è basata su un falso pretesto. Nessuno ne aveva bisogno. Noi andiamo lì e vediamo che la gente vive vite normali. Molto bene, come in Russia. Ed ora devono vivere in cantina»

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