Nord Stream, le ipotesi sulle cariche esplosive per il sabotaggio e la frase di Biden sul gasdotto

Mosca apre un’inchiesta per terrorismo. E punta il dito anche sulla Polonia. Gli esperti: possibile l’uso di sommozzatori, droni o siluri

Le falle nei gasdotti Nord Stream 1 e 2 sono quattro e non tre. Le perdite potrebbero rallentare a partire da domenica. Ma i tubi potrebbero non essere riutilizzabili per sempre. Mentre sull’ipotesi sabotaggio si parla della possibilità di un attacco dall’interno o dall’esterno. E dell’uso di sommozzatori e droni subacquei. Ma c’è anche l’ipotesi delle cariche esplosive piazzate mesi fa. E messe in azione attraverso segnali sonori. Infine, la possibilità di un attacco con un sommergibile. Circolata sin dalle prime ore. Intanto la Russia e gli Stati Uniti si rimpallano le accuse. Mosca intanto ha aperto un’inchiesta per terrorismo internazionale e ha chiesto e ottenuto per venerdì una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu sull’accaduto, mentre Svezia e Danimarca sono state incaricare di fornire tutte le informazioni in merito ai membri.


Le falle e gli attacchi

Prima di tutto, le falle nei due gasdotti Nord Stream che stanno causando una fuga di gas nel Mar Baltico sono quattro. E non tre come riportato in precedenza. Lo ha riferito all’emittente svedese Svt una fonte della Guarda Costiera di Stoccolma. Secondo la fonte, due falle si trovano nella zona economica svedese e due in quella danese. Il quarto squarcio «non è stato scoperto successivamente», ha spiegato la fonte, «penso che ci sia stata confusione nella localizzazione delle perdite». Intanto l’agenzia danese per l’Energia ha fatto sapere che oltre la metà del gas contenuto nel Nord Stream – sebbene fermo da agosto – si è già disperso nell’atmosfera. E che il resto fuoriuscirà entro domenica. Solo quando il gas nel tubo sarà finito, sarà possibile scendere in profondità per indagare, ha spiegato il ministro della Difesa danese Morten Bodskov.


La Russia e la frase di Biden su Nord Stream

Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha spiegato come il Nord Stream fosse pieno di gas «molto costoso» e di proprietà russa, e che se non fosse stato per i danni subiti «il sistema sarebbe stato pronto a pomparlo». Invece «ora questo gas si sta disperdendo nell’aria». A quale scopo, è il ragionamento di Peskov, la Russia si sarebbe inflitta da sola un danno così grave? Per Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, dovrebbe essere piuttosto il presidente americano Joe Biden a chiarire il ruolo degli Usa in quando accaduto. La Russia si riferisce a una dichiarazione del presidente degli Stati Uniti che risale al 7 febbraio scorso. «Se la Russia invade, non ci sarà più un Nord Stream 2. Metteremo fine a questo», rispondeva all’epoca Biden ad un cronista. «Come farete esattamente, visto che il progetto è sotto il controllo della Germania?», la domanda successiva. «Vi garantisco che saremo in grado di farlo», la replica di Biden.

Le ipotesi sul sabotaggio

Intanto Giampaolo Di Paola, già capo di Stato maggiore della Difesa, presidente del Comitato militare Nato e ministro della Difesa del governo Monti spiega in un’intervista a QN come potrebbe essere andato in scena il sabotaggio. «Lì ci sono fondali di 80-100 metri, quindi facilmente raggiungibili. Il gasdotto può essere tecnicamente attaccato dall’interno o dall’esterno». In che modo? «L’interno è percorribile da un mezzo guidato da remoto che può entrare alla partenza, in Russia, o all’arrivo. E che serve per la verifica delle tubature. Ma credo più a un sabotaggio dall’esterno con vari metodi». Ovvero: «Una possibile carica esplosiva potrebbe essere stata collocata dai sommozzatori usciti da un sommergibile a propulsione silenziosa (classe Lada, ndr). Ma la tecnologia marina dispone anche di droni subacquei programmati a tempo su una data traiettoria. Lo si fa per far brillare le mine sui fondali. Gli stessi droni possono essere filoguidati per chilometri anche da un sottomarino. Idem per i siluri».

Le cariche esplosive fatte esplodere mesi dopo

Un’altra ipotesi è quella delle cariche esplosive piazzate mesi prima. E fatte esplodere con un comando a distanza. Ne ha parlato il Daily Telegraph, sostenendo che a innescarle potrebbero essere stati alcuni segnali sonori inviati da imbarcazioni o aerei. Anche perché le esplosioni, secondo le prime indagini, sarebbero state contemporanee. Per questo c’è in ballo anche l’impiego di droni subacquei. Inviati nello stesso momento sui quattro diversi punti da far esplodere. Secondo il quotidiano ad agire sarebbe stato il servizio militare russo (Gru). E potrebbe aver utilizzato il sottomarino spia Belgorod. Intanto la Russia ha puntato il dito anche sulla Polonia. Segnalando il tweet dell’eurodeputato Radek Sikorski con lo scatto della schiuma sulla superficie del Baltico. E la frase «Thank you, Usa».

Le due navi russe nel Baltico tra lunedì e martedì

In ultimo, la Cnn fa sapere che due funzionari dell’intelligence europea hanno osservato che lunedì e martedì navi di supporto della Marina russa erano in prossimità delle falle nei gasdotti Nord Stream. Non è chiaro se le navi abbiano avuto a che fare con le esplosioni, hanno detto le fonti, ma è uno dei tanti fattori che gli investigatori esamineranno. La settimana scorsa sono stati osservati sottomarini russi non lontani da quelle zone, ha detto uno dei funzionari dell’intelligence. Le navi russe operano abitualmente nell’area, secondo un funzionario militare danese, che ha sottolineato che la presenza delle navi non indica necessariamente che la Russia abbia causato il danno. «Le vediamo ogni settimana», ha dichiarato. «Le attività russe nel Mar Baltico sono aumentate negli ultimi anni. Spesso mettono alla prova la nostra consapevolezza, sia in mare che in aria». Ma gli avvistamenti gettano ulteriori sospetti sulla Russia, che ha attirato la massima attenzione da parte dei funzionari europei e statunitensi in quanto unico attore nella regione che si ritiene abbia la capacità e la motivazione per danneggiare deliberatamente gli oleodotti, conclude l’emittente Usa.

Immagine di copertina da: Euronews

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