Dopo la ritmica tocca alla ginnastica aerobica: “magre” e “grasse” in tavoli separati. «L’istruttrice chiamava mia figlia “porchetta”»

La denuncia del campione del mondo Donati: la separazione fisica era un’umiliazione quotidiana

Dopo la ginnastica ritmica tocca all’aerobica. Davide Donati, 28 anni, tre volte campione del mondo, racconta oggi a Repubblica le discriminazioni subite dalle atlete durante i raduni mensili delle selezioni junior in un’accademia militare. E dice che durante i pasti le ragazze venivano divise in grasse e magre. Ciascuna con il suo tavolo. «La separazione fisica era per loro un’umiliazione quotidiana. Il menu ovviamente cambiava in base ai tavoli. Quelle considerate magre potevano mangiare qualcosa in più delle altre». E dice che i maschi nascondevano pezzi di pane per portarlo alle ragazze dopo il pranzo. Ma dopo le scuse – con annessa difesa dell’istruttrice Emanuela Maccarani – di Malagò a nome del Coni, arrivano ancora testimonianze imbarazzanti dalla ritmica: «L’istruttrice mi chiama maiale o porchetta», ha raccontato una delle allieve. La madre si è rivolta alla Federginnastica. Che non ha mai risposto.


«Non sono casi isolati»

Donati, che è stato tre volte campione del mondo con la Nazionale di aerobica, nei giorni scorsi ha pubblicato un comunicato con altri 18 ex compagni e compagne della nazionale junior per far sentire la propria vicinanza alle atlete: «Non sono casi isolati. Le loro parole hanno aperto una ferita dolorosa in tutti noi e vogliamo sostenerle. E che non si dica che la Federazione non era a conoscenza di questi atteggiamenti». L’atleta due anni fa andò in viale Tiziano per avvisare «i piani alti» della Federazione: «Era il 2020, abbiamo elencato le problematiche e raccontato ciò che accadeva». Non è successo nulla. Successivamente però gli atteggiamenti sono cambiati.


«In passato abbiamo vissuto in prima persona la famosa scena del peso con le umiliazioni e i commenti, perché con le ragazze formavamo una squadra unica. I tecnici davano anche un soprannome al gruppo che aveva qualche etto in più, lo chiamavano “la squadra delle triple chiappe”. Nel 2010, prima di una gara internazionale, abbiamo visto gli allenatori che mettevano le femmine in fila, di schiena, e passando le insultavano per i loro sederi. Per non parlare di quando, mentre eravamo tutti in palestra, abbiamo subito delle perquisizioni nelle camere per toglierci le poche provviste che ci eravamo portati da fuori. Ci hanno sgridato e fatto vergognare».

L’inchiesta della procura

La procura federale ha aperto un’inchiesta. Domani saranno ascoltate Nina Corradini e Anna Basta. Il 17 novembre sarà la volta dell’Accademia di Desio. Dove dirà la sua anche Emanuela Maccarani. Che ieri intanto è stata difesa dal presidente del Coni: «Non credo ci siano motivi per mettere in discussione il suo ruolo in Giunta. Il presidente Tecchi ha voluto dare un segnale, non trasformiamolo in un’anticipazione di giudizio: un conto è la struttura commissariata, un conto è il suo ruolo. Le attuali Farfalle sono legate in modo formidabile a Emanuela e non credo siano plagiate».

La madre della ragazza che veniva chiamata maiale o porchetta ha raccontato in un’intervista che la procura federale aveva condannato l’allenatrice: «La sospensione è scattata durante i mesi estivi, quando non ci sono gare federali. Una presa in giro. A settembre l’abbiamo ritrovata in giuria in una gara regionale. E poi è tornata ad allenare nei centri tecnici federali per i quali era stata convocata anche nostra figlia. Ci siamo rivolti al safeguarding officer (un organo di garanzia nominato dalla Fgi, ndr). Da allora non abbiamo saputo nulla. Credo che anche questo silenzio, questa mancanza di empatia siano profondamente ingiusti nei confronti di ciò che abbiamo sofferto».

La replica a Malagò

Ieri l’associazione ChangeTheGame ha replicato proprio a Malagò a nome del gruppo “Genitori di Ginnaste” che conta oltre 3500 padri e madri appartenenti a tutte le discipline federali (FGI). «La risposta del presidente Malagò non soddisfa. Preoccupa il richiamo alla ‘durezza’ quale ingrediente necessario di un corretto allenamento, né è chiaro dove si collochi il precario confine tra ‘durezza’ e violenza psicologica. Anche il suggerimento di una separazione di carriere tra chi ‘ha qualche chilo in più’ e chi invece punta ‘all’eccellenza’ insinua il dubbio che il numero 1 del Coni non riesca ad immaginare che la strada verso il podio olimpico possa essere calcata da un’adolescente di taglia M. Vincolando, così, questo bellissimo sport allo stereotipo del corpo magrissimo e sublime, da ottenere a costo di qualunque sacrificio».

E ancora: «Malagò si interroga se ‘c’era un sistema che ha indotto gli allenatori a sbagliare’, ma non si rende conto che la risposta sta tutta lì: nell’assioma, che lui stesso sembra voler difendere, secondo cui il gesto atletico perfetto può provenire soltanto da bambine e giovani donne intrappolate per sempre in un corpo da farfalla. È proprio questo ‘il sistema’ che chiediamo al Coni di cambiare attraverso l’accertamento delle responsabilità e l’allontanamento definitivo di quanti hanno permesso che la violenza fosse messa a sistema sulla pelle di bambine innocenti, di chi si è voltato dall’altra parte, di chi non ha perseguito in modo rigoroso i responsabili, permettendo che quegli illeciti fossero colpevolmente perpetrati ancora e ancora».

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